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Wu Tang Twain

Creato il 16 gennaio 2011 da Abo

Wu Tang TwainAntefatto
Siamo nel 1884, e Mark Twain pubblica Le avventure di Huckleberry Finn, seguito del precedente Le avventure di Tom Sawyer. Twain utilizza per il romanzo un linguaggio quanto mai vernacolare e “sporcato” da un gran numero di gerghi diversi, in un tentativo di riproduzione fedele del parlato dell’America del Sud del XIX secolo.
La parola nigger, negro, epiteto assai frequente ai tempi dei fatti narrati, compare nel libro circa 200 volte.
Dopo circa un anno dall’uscita, considerandolo un testo poco edificante e dal contenuto razzista, alcune biblioteche si rifiutano di inserire il libro nel proprio catalogo.
Con il passare degli anni il libro diventa un classico, anche grazie all’apprezzamento di scrittori del calibro di Hemingway. Eppure non smette di far discutere: ancora negli anni Ottanta del XX secolo c’è chi la considera un’opera profondamente razzista, al punto di non volerla inserire nei programmi scolastici.

OGGI
Mentre cantanti hip hop da milioni di copie fanno sfracelli nelle classifiche di vendita con canzoni dove la parola nigger viene usata con la stessa frequenza del the, mentre comici come Chris Rock ci costruiscono sopra una parte del proprio repertorio, l’America bianca e progressista ha sviluppato per il termine una sorta di terrore. Il tabù è talmente forte che pur di non nominarlo, fosse anche solo per citarlo o riportarlo, il politicamente corretto si è esibito in uno dei suoi carpiati più riusciti, elaborando la perifrasi “the N-word”.
“Ti piace sentito Shame on a Nigga del Wu Tang Clan?” non starebbe bene.
Meglio “Ti piace Shame on a N-word del Wu Tang Clan?”
(esagero con l’esempio? forse)
Ed è abbastanza paradossale che l’elezione di Obama sia stata vista come nuova opportunità per operare la rimozione: nel 2009, poco dopo l’elezione del primo presidente nero della storia degli USA, è stata annunciata l’esclusione dai programmi di lettura scolastici di To Kill a Mockingbird e Of Mice and Men. Serve letteratura nuova, si è detto, e priva della N-word.

Wu Tang Twain
Torniamo ad Huckleberry Finn.
È notizia di qualche giorno fa che è uscita una edizione ripulita del romanzo, edulcorata in modo tale da renderla adatta anche all’utilizzo come testo scolastico. La N-word non c’è più, gaudeamus! I nostri giovani sono salvi, cresceranno tolleranti e aperti alla società multirazziale.

Ora, trascurando il paternalismo piuttosto odioso dell’operazione (lettore stupidino, per tua fortuna ci sono io, che ripulisco le parolacce per non turbarti) mi sorgono alcune domande.
Ha senso prendere un testo classico e depurarlo secondo la propria sensibilità, soggettiva per definizione, con la non trascurabile conseguenza di snaturarlo?
Non sarebbe preferibile lasciarlo così com’è, magari affidando agli insegnanti il compito di contestualizzarlo nel caso la parola nigger turbi un giovane alunno (eventualità per altro improbabile, se il giovane è cresciuto a pane e Wu Tang Clan)?
Ma soprattutto: chi ha partorito questa brillante iniziativa editoriale non si è reso conto che sostituire nigger con slave, schiavo, è, come si dice dalle mie parti, un tacòn peso del buso (ossia una toppa peggiore del buco)?

PS: con questo post si intende difendere un classico della letteratura da certe ipocrisie del politically correct, non dare ragione a Vittorio Feltri.

Update:
Su Galleycat, un video di Gribben che difende la sua versione di Huckleberry Finn.


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