Wuthering Heights

Creato il 07 settembre 2011 da Robomana
Qui a Venezia la versione di Wuthering Heights firmata dall'inglese Andrea Arnold ha parecchi estimatori. E a ragione, credo. Perché è un film pressoché perfetto, preciso e selvaggio, sporco di fango e di lordura rabbiosa, e per questo oltre qualsiasi lettura sentimentalista del romanzo; forse un po' facile nella scelta di fare di Heathcliff un ragazzo di colore, ma efficace nel scegliere di scarnificare la struttura del testo e renderlo graffiante e sghembo come i due nomi degli amanti della brughiera, Heathcliff per l'appunto e Cathy, intagliati sul muro. Eppure Wuthering Heights è un film sbagliato. Interessante, ma sbagliato. Un film fermo a una pratica estetica che invece di superare un testo vecchio di due secoli e alla base della cultura sentimentale europea, si adagia su di esso, lo rappresenta in termini realistici, mostrando quanto di sporco ci fosse nella calma brulicante della Brontë, ma lo interpreta come materia morta. Quello che la Arnold porta sullo schermo non è niente di più del romanzo, la sua essenza e matericità: niente di male come operazione, per carità. Ma non se svolta sul corpo di un romanzo tra i più conosciuti, amati e digeriti della nostra letteratura.
A mio modo di vedere, oggi come oggi, Cime tempestose non più ha bisogno di essere raccontato, rappresentato e attualizzato a potenziali letture razziali o antropologiche. Cime tempestose ha bisogno - se proprio non possiamo fare a meno di parlarne - di essere utilizzato come materia naturale della nostra cultura; come patrimonio comune in grado di generare riflessioni che superino quelle già note, amate, digerite sull'amore assoluto tra Heathcliff e Cathy.
La Arnold, invece, rende onore ai due amanti, al loro senso di unità e totalità, ma lo fa con un'estetica pericolasamente indie, azzurrina e corporea, che nel peggiore dei casi ricorda i toni lirici dei videoclip indie (e infatti alla fine partono i Mumford and Sons e la fotografia ricorda pericolosamente questo video) e nel migliore sembra una versione raffreddata e nordeuropea della luminosità abbacinante di Malick. Quello che le manca è uno spirito moderno e dunque necessario. Lo spirito di chi considera la grande letteratura del passato, quella che diventa tascabile e viene sempre ristampata, come materia alterata dalla cultura pop e a partire da un'impossibile innocenza ne sfrutta liberamente aspetti e temi.
Come fa ad esempio Martin Amis nella Vedova incinta, romanzo che mi ritrovo a citare sempre più spesso e nel quale l'emancipazione sessuale femminile degli anni '70 viene raccontata attraverso una straordinaria cavalcata goliardica nella letteratura inglese tra'700 e '800, da Fielding alla Austen, passando ovviamente per le Brontë. Amis non rende omaggio ai testi classici, non li attualizza e non li re-interpreta; li usa come altri mezzi del proprio bagaglio artistico, testi che hanno superato il diritto d'autore e per questo non necessitano più di rispetto e verità. Testi per l'appunto come Cime tempestose, che non chiedono altro che essere usati, sfruttati, pronti a diventare altro, a nascondere tra le righe significati e interpretazione che nemmeno posseggono, ma che ciascuno può trovare. Quello di Amis è un metodo che supera il post-moderno, che ridiventa creativo e schizzato come il modernismo e lo adatta alla frammentarietà dei nostri tempi. "Come vuoi spiegarmi Ragione e sentimento questa volta?", chiede Gloria a Keith, dopo che i due hanno intepretato e praticato in chiave erotica Orgoglio e pregiudizio. "Sfondandomi il culo, per caso?".
Ecco, insomma, per quanto bello e onesto, Wuthering Heights manca di questa follia folgorante e coraggiosa. E a conti fatti mi sembra solo un film che rende onore al romanzo di partenza mettendone in scena l'essenza. E' molto, ma non abbastanza. E dimostra quanto il cinema, proseguendo nella strada di un estetismo innamorato della natura e del reale, resti indietro nella comprensione di quella stessa natura e di quello stesso reale.

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