Gli episodi di aggressione al bestiame da parte dei grandi carnivori sono, purtroppo, per l’Associazione il frutto di un conflitto non gestito né culturalmente né praticamente ed è grave che accada ancora oggi dato che le soluzioni per ridurre tutto ciò, già sperimentate positivamente, esistono.
Sono i numeri a parlare: i circa 200 recinti elettrificati salva-orso installati fino ad ora nel solo Appennino grazie al progetto LIFE Arctos hanno ridotto di oltre l’80% i danni denunciati da parte di quegli agricoltori e allevatori che ne stanno facendo uso.
Il progetto europeo LIFE Arctos,infatti, ha realizzato in questi ultimi 4 anni una grande opera di prevenzione installando oltre 500 recinti salva-orso tra le Alpi e gli Appennini, azioni raccontate anche dal documentario “Insieme per l’orso” , curato e realizzato dal WWF nell’ambito del progetto LIFE.
I risultati delle attività portate avanti dal Progetto LIFE Arctos dimostrano che la prevenzione con uso delle recinzioni, come l’uso di cani da guardiania e la sorveglianza delle greggi sono la strada da intraprendere per una sana e responsabile gestione del conflitto diretto con i grandi carnivori e che le politiche di indennizzo devono necessariamente tenerne conto. Il WWF si augura che questi dati rappresentino un incentivo per le comunità montane, comprese quelle della Valtellina dove l’orso M25 sta facendo crescere la protesta degli allevatori.
In Italia, come ovunque nel mondo, il conflitto tra grandi carnivori e attività umane, in particolare quelle zootecniche, costituisce la più importante ragione delle continue persecuzioni dell’uomo nei loro riguardi e rappresenta pertanto una delle principali, se non in alcuni casi la principale, minaccia per la conservazione di queste specie nel lungo periodo.
Il WWF segnala anche la recente indagine svolta nelle aree appenniniche coperte dal progetto LIFE Arctos in cui si evidenzia come la zootecnia in questi ultimi anni si sia spostata in maniera graduale ma costante verso pratiche di pascolo brado o semibrado, con un notevole incremento degli allevamenti estensivi di bovini ed equini, a discapito degli ovi-caprini, storicamente oggetto della pratica zootecnica appenninica che da secoli convive con i grandi predatori. Il fenomeno è stato sostenuto anche da sistemi di incentivazione finanziaria reiterati negli anni rispondenti all’attuazione delle regolamentazioni europee spesso male interpretate, perché lontane da quegli obiettivi primari di “mantenere e far proseguire l'attività agricolo-zootecnica nelle aree montane svantaggiate, incentivando pratiche di gestione sostenibile del territorio che permettano di conservare i paesaggi tradizionali, gli habitat e i pascoli di montagna”.
Il problema riguarda anche la conduzione della pratica zootecnica sulle Alpi (l’area dove l’Orso M25 ha aggredito 4 asini), almeno per quel che concerne la regione Lombardia, dove se si è registrata una costante riduzione nel numero di capi allevati nel corso degli anni e una diffusa tipologia di allevamento a conduzione familiare, con un’impostazione generale mirata a ottenere un’integrazione al reddito, proveniente in genere da altre attività non inerenti il settore zootecnico e il più delle volte con animali lasciati al pascolo senza controlli o misure di prevenzione.
E’ come mettere le potenziali ‘prede’ dell’orso su una tavola imbandita pretendendo al contempo che il predatore resti spontaneamente alla larga.