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Creato il 03 settembre 2012 da Pecchio @lapitwit

5 Aprile 2007

Carissimo Matteo Renzi,

Mi chiamo Luca Lapi.

Ho quarantaquattro anni.

Sono portatore di handicap (spina bifida e idrocefalo) dalla nascita.

L’esperienza immediata che ne è derivata mi ha portato a considerare l’handicap un problema di difficile soluzione col quale sono costretto, per tutta la vita, a convivere e, convivendoci, mi ha portato, spesso, a piangermi addosso.

Mi ha portato, da piccolo, a vederne, soltanto, i lati negativi (la sedia a rotelle, le stampelle, non potere fare tante cose che altri potevano permettersi quando e quanto volevano).

L’esperienza che ne è derivata, però, a posteriori, e che sto vivendo, tuttora, salvo, piccoli, fastidiosi, problemi, mi ha portato a considerare l’handicap una risorsa da porre al servizio dei più bisognosi ed una ricchezza da condividere con tutti.

Miha portato, infatti, da adulto, a vederne, anche, i lati positivi: ho abbandonato la sedia a rotelle da molto tempo quando avevo 11 anni, le stampelle non erano più una vergogna ma dei mezzi indispensabili per la mia autonomìa, guido un’auto apposita, da 24 anni ho un inserimento terapèeutico nell’ufficio di cui T’invio l’indirizzo.

Ho, appena, detto: “…LE STAMPELLE NON SONO PIU’ UNA VERGOGNA…”

Penso che, a questo proposito, sia indispensabile un chiarimento, da parte mia, allo scopo di evitare equivoci.

Mi riferisco, infatti, al periodo in cui iniziai ad usare le stampelle (11 anni) e camminando per le strade della mia città incontravo dei bambini più piccoli di me che indicandomi col dito e rivolgendosi ai genitori facevano loro notare, a voce alta, quanto fossi buffo e quanto potessi sembrare piccolo (nonostante i miei 11 anni) poiché ero e sono, evidentemente, basso di statura per potere sembrare, oggi, un uomo di 44 anni.

Provavo, veramente, vergogna a codesta età dinanzi a codeste situazioni.

Pensavo (poiché ignoravo, allora, che cosa, realmente, avessi) che si trattasse di una situazione temporanea e che non fossi, ancora, abbastanza, cresciuto per potere camminare come tutti.

Quando, invece, da adulto, ho capito tutto di me e dei miei handicap li ho accettati e, grazie alla mia fede cristiana, li ho accolti come un dono d’amore misterioso di Dio Padre e non come un Suo castigo verso di me.

Quando, oggi, incontro dei bambini che si comportano allo stesso modo di quelli di cui ho parlato non provo più vergogna per me stesso, per la mia condizione: provo, soltanto, dispiacere e non per me ma per codesti bambini che considero non sufficientemente educati dai genitori oppure dalla scuola al rispetto verso tutti.

Provo, inoltre, dispiacere per tutti i portatori di handicap bambini e adulti che convivono, con grande difficoltà psicologica, col proprio handicap e che, a motivo della propria forte sensibilità, provano grande sofferenza dinanzi alle esternazioni, più o meno, innocenti di alcuni bambini nei loro riguardi.

Io, col tempo, ho imparato, in qualche modo, a non tenere conto di codeste esternazioni.

Penso, però, che molti altri portatori di handicap bambini e adulti non ci siano riusciti e, perciò, è con ciascuno di costoro che mi sento, fraternamente, solidale.

Si tende, evidentemente, a educare, giustamente, i bambini ed i ragazzi che vanno a scuola al rispetto verso gli extracomunitari poiché, molto spesso, sono loro compagni di classe.

Si tende, tuttavia, a trascurare l’aspetto dell’educazione al rispetto dei portatori di handicap poiché, sicuramente, la presenza di un portatore di handicap è una realtà molto più rara di quella della presenza di un extracomunitario.

Ho cercato, semplicemente, di fare capire che la VERGOGNA appartiene al passato e che oggi ha ceduto il posto al DISPIACERE.

La VERGOGNA ed il DISPIACERE non erano e non sono legati al fatto di camminare con le stampelle bensì alle esclamazioni dei bambini nel vedermi, alla loro scarsa sensibilità, alla scarsa opera di sensibilizzazione da parte dei genitori.

Se capita, talvolta, alla VERGOGNA (per i miei handicap) di riaffiorare in qualche momento o periodo della mia vita di adulto è, semplicemente, perché, talvolta, riaffiora, in me, quella parte di bambino che non si è estinta e che, comunque, penso che non sia nemmeno un bene che si estingua e che, comunque, posso assicurare che, in me, non prenderà mai il sopravvento, non mi mortificherà mai a vita.

Ho detto, qualche riga indietro: “…IO, COL TEMPO, HO IMPARATO, IN QUALCHE MODO, A NON TENERE CONTO DI CODESTE ESTERNAZIONI…”

E’, proprio, nell’espressione “…IN QUALCHE MODO…” che sta la chiave dell’interpretazione corretta della mia affermazione.

Non sono, infatti, oggi, codeste esternazioni in se stesse che mi avviliscono.

Mi avvilisce la constatazione che, spesso, mi piovano addosso nei momenti o periodi più difficili di sofferenza a causa dell’isolamento che mi è stato imposto da coloro che consideravo amici.

L’ironìa è che costoro non arrivino nemmeno ad accorgersi di essere responsabili del mio isolamento.

Chiudo il chiarimento e proseguo.

Sono più sensibile verso chi vive situazioni di disagio peggiori della mia.

La percezione della mia sensibilità è stata importantissima per me.

Ho recepito, infatti, il mio handicap non più come un problema ma come una risorsa da porre al servizio dei più bisognosi ed una ricchezza da condividere con tutti.

Sono convinto, infatti, che se io sono nato portatore di handicap e tale continuo a crescere, tutto ciò corrisponda a un misterioso dono di Dio Padre per me, di infinità bontà e non malvagità, il quale, di volta in volta, mi svela i particolari sia negativi, in parte, relativamente, minore, sia positivi, in parte, infinitamente, maggiore.

Io non posso fare altro che affidarmi, totalmente, a Lui e sono contento così.

E’, tuttavia, questa mia dichiarazione di totale affidamento alla volontà di Dio Padre su di me che m’induce a esporre un’altra riflessione.

Sono credente e, perciò, benché io non lo chieda, ormai, più, da tanto tempo, esplicitamente, nelle mie preghiere a Dio Padre, la mia fede non m’impedisce di pensare, in un futuro prossimo oppure remoto, ad un disegno di Dio Padre di guarigione totale, per me, dai miei handicap.

Mi domando, pertanto: come mi comporterei qualora si verificasse su di me, per volontà di Dio Padre, un miracolo di totale guarigione?

Riuscirei a continuare ad impegnarmi a provare ad essere un cristiano coerente oppure sentirei, fortemente, la tentazione di cambiare, radicalmente, strada?

Rispondo, soltanto, dicendo che il mio impegno è totale e che, però, la tentazione di svicolare, a motivo di ciò che vedo intorno a me e che mi delude tantissimo, è molto forte.

Carissimo Matteo Renzi,

sono interessato alla politica dai tempi dell’elezione di Giovanni Leone alla Presidenza della Repubblica (avevo, allora, soltanto, 8 anni).

Come il mio interesse per la politica coincise con l’elezione di Giovanni Leone così anche la mia simpatìa per la Sinistra coincise con quell’evento.

Sono di fede cattolica e, oggi, pertanto, con molta speranza, sono sostenitore di quella linea politica che, puntando all’unione delle forze cattoliche progressiste con quelle laiche della Sinistra riformista non antagonista, ha dato vita, con Romano Prodi, alla coalizione dell’Ulivo.

Quanto ho, appena, detto non m’impedisce, comunque, di provare e di manifestare il massimo rispetto verso i cattolici della Casa delle Libertà.

Mi dispiace, soltanto, che questa divisione, nella mia città, abbia inquinato i rapporti personali tra i cattolici dei due schieramenti.

Il mio interesse per la politica ed il mio attaccamento alla mia città mi portano ad assistere, ogni volta che mi è possibile, alle sedute del Consiglio Comunale.

Luca Lapi


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