Patrick Stewart e Ian McKellen (Movieplayer)
Settimo film della saga cinematografica dedicata al mondo degli X-Men, i Mutanti nati nel settembre 1963 per i tipi della Marvel (testi di Stan Lee, disegni di Jack Kirby), comprendendo nel novero anche i due spin- off dedicati a Wolverine (X-Men le origini-Wolverine, 2009, Gavin Hood; Wolverine-L’immortale, 2013, James Mangold), a mio avviso non particolarmente riusciti, X-Men-Giorni di un futuro passato vede il ritorno alla regia di un redivivo, in senso strettamente artistico, Bryan Singer, il quale accompagnò nel 2000 il debutto dei suddetti supereroi sul grande schermo, dando vita anche ad un riuscito sequel tre anni più tardi.
Sulla base di una complessivamente solida sceneggiatura, opera di Simon Kinberg, che ha lavorato attingendo dall’omonimo fumetto del 1981, scritto da Chris Claremont per i disegni di John Byrne, il buon Singer ha messo in atto una pellicola divertente, a tratti compiaciuta, ma capace di fare la differenza nel staccarsi dal consueto baillame delle mirabilie effettistiche in offerta speciale (prologo a parte, piuttosto banale anche nella resa visiva) e delineare quindi un valido e coerente impianto drammaturgico.
Hugh Jackman (Movieplayer)
Ritornano ad avere il giusto risalto, grazie anche a valide prove attoriali, le note problematiche proprie dei protagonisti nel loro insieme, il costante disagio nell’adeguarsi alla “normalità” o a dar vita ad un’effettiva integrazione anche in un’epoca di grandi cambiamenti come furono gli anni Settanta, una diversità, comunque espressa, mai idonea a garantire una totale accettazione. Ciò che mi ha colpito in particolare è stata la felice miscellanea fra toni narrativi piuttosto vibranti, possenti, e ben soppesati momenti ironici, apprezzando poi l’efficace parallelo con quanto avviene nel passato e le vicende del presente, soprattutto per il confronto che viene messo in campo tra personalità certo complesse e dalle varie sfumature (molto bella al riguardo la sequenza che vede l’uno di fronte all’altro lo Xavier del passato, McAvoy, e quello del futuro, Stewart), una rilevante partita la cui posta in gioco è quel che si è stati e quel che si diverrà, con un’importante carta da lanciare sul tavolo, la superposizione offerta dalla fisica quantistica, teoria in base alla quale un evento non è realmente accaduto fin quando non è stato osservato, risposta logica alla possibilità di mutare il corso degli eventi e dare un nuovo corso alla Storia, personale e collettiva.
Jennifer Lawrence (Movieplayer)
Ma pur nella coerenza artistica ed apprezzando l’indiscussa professionalità del’insieme (alcuni incastri della sceneggiatura troppo forzati a parte, vedi il riferimento all’omicidio del presidente Kennedy o certe plateali esibizioni superomistiche, come quelle di del giovane Magneto/Fassbender), una volta uscito dalla sala e a qualche ora di distanza dalla visione, mi è rimasta la sensazione di una furbamente orchestrata strategia, idonea a mettere in atto una sorta di reebot (Singer nelle interviste ha definito il film un interquel) che azzeri quanto precedentemente narrato ed offra congrua giustificazione al prossimo Apocalypse, preannunciato da una sequenza dopo i titoli di coda.
Una reunion a tratti roboante e smargiassa, che ha però l’indubbio merito di giocare a carte scoperte e con una sequenza su tutte idonea a lasciare il segno e a restarti impressa, la liberazione del giovane Magneto con l’indispensabile contributo di Peter/Quicksilver (Evan Peters), geniale nel rappresentare come si possa unire l’utile al dilettevole nello gestire una pausa spazio-temporale.
In conclusione, X-Men –Giorni di un futuro passato si palesa, nel complesso, sia uno dei migliori film sugli X-Men sinora girati, sia un valido esempio di comic movie idoneo a coniugare sano intrattenimento e piglio inventivo non dozzinale.