La testa, non molto distante dal corpo, aveva qualcosa di diverso e terribilmente familiare. I sinuosi capelli corvini incollati al volto smarrito, gli occhi sbarrati dalla paura e le labbra contratte in una smorfia di dolore, appartenevano alla sua migliore amica. Elesya, la ragazza con cui aveva trascorso lunghi mesi sull'isola di Horsia, era riversa al suolo priva di vita. Quella visione fu per Xera insopportabile e mentre le lacrime incominciarono a bagnarle il viso, si ritrovò in ginocchio con la testa tra le mani implorando di svegliarsi.
<<Ben fatto!>> le disse una voce che la scosse <<Adesso portami la sua testa>> ordinò con tono freddo e distaccato. Xera girò il collo a destra e a sinistra ma non vide nessuno. <<Chi sei e che cosa hai fatto alla mia amica!>> urlò a squarciagola. Una risata agghiacciante fece vibrare ogni parte del suo corpo <<Che cosa ho fatto “io”? Il merito è tutto tuo, proprio quello che mi aspettavo da un mio subordinato>>. Xera, impietrita dal terrore, negò con forza le insinuazioni che quella voce continuò a ripeterle <<Non sono un’assassina>> riuscì soltanto a rispondere, fino a quando ogni suono si placò e le tenebre iniziarono ad avanzare inghiottendo ogni cosa.<<Guarda le tue mani; osserva il sangue della tua amica tingere ancora le tue unghie e smettila di negare quanto hai appena fatto>> replicò con angosciante calma. Xera abbassò lo sguardo e pian piano il cuore cominciò a martellarle il petto sempre più in fretta. Il sudore freddo le imperlò la fronte e qualche gocciolina andò a cadere proprio sull’arma di metallo scuro che stringeva tra le mani. La falce era intrisa del liquido amaranto che le macchiava anche le nocche. Le forti martellate cardiache si fermarono di colpo e si fecero sempre più lente fino quasi a sparire. Neanche un fiato fuoriusciva dalla sua bocca, come fosse stata tramutata in pietra in un istante. <<Non è vero>> si ripeté prima una, poi due e infine centinaia di volte, ma la voce tornò e con sicurezza asserì <<Tu mi appartieni!>>.<<SVEGLIATI>>qualcuno continuava a urlare nelle sue orecchie e il rumore divenne man mano sempre più forte e doloroso. A differenza della prima, quella voce era rassicurante sebbene il tono usato trasudasse angoscia e paura. <<SVEGLIATI XERA!>> disse ancora scuotendola con insistenza ma solo il pungente dolore sulla guancia la riportò in sé. Madame Taròt si massaggiò il palmo fissandola a lungo e allo stesso modo, i suoi due amici non le scollarono gli occhi di dosso. Ci vollero diversi minuti prima che la guerriera tornasse lucida e nel momento in cui finalmente prese a parlare, descrisse le sue visioni occultando però tutto ciò che riguardava Elesya o la voce misteriosa. Temeva, infatti, che parlarne sarebbe stato come dare credito a quelle menzogne. Inoltre, non avrebbe mai voluto che i suoi amici la considerassero un mostro, proprio ora che aveva deciso di riguadagnare il loro affetto. Elesya le confessò che quelle immagini erano simili all’incubo che da giorni la perseguitava, pur tuttavia aggiungendo che il finale per lei era assai differente, poiché i suoi sogni terminavano con la morte. Xera trasalì nell’udire quelle parole e l’immagine della falce tra le sue mani, le tornò alla mente. Soltanto la Paramal riuscì a ricacciare quei pensieri, interrompendo bruscamente la loro conversazione. <<È chiaro che qualcuno ha intenzione di mandarvi un messaggio e non mi stupirei se fosse l’artefatto stesso>> spiegò. <<Per il futuro sarebbe meglio che i due marchi non interferissero tra loro>> aggiunse <<La loro essenza è completamente diversa e se non controllata, potrebbe provocare l’inevitabile>>, <<State forse dicendo che …?>> domandò il Novizio, ma la donna gli impedì di finire la frase. <<Certe cose è meglio non pronunciarle. La vostra amica dovrebbe essere segnalata al Conciglio, questa è la procedura!>> ribadì, <<Ma scommetto che ci ha già pensato quel ficcanaso di Murdar. Non devo certo spiegarvelo io, che i marchi delle divinità sono pur sempre delle maledizioni assolutamente proibite>>. Reilhan scattò in piedi furente <<Il saggio non lo farebbe mai e ci ha anche consigliato di tenerlo segreto>> affermò stringendo i pugni. <<Ah davvero? E dov’era quando la vostra amica è stata marchiata? Dov’era quando ti ha quasi squarciato il petto? E perché avrebbe Convocato il Concilio proprio su quest’isola?>>. Il curatore avrebbe voluto rispondere a tono, ma la rabbia gli inibì la ragione. Sin da quando era approdato a Horsia, l’anziano mentore si era dimostrato sempre gentile e premuroso al pari di un padre e ascoltare simili parole, fu per lui inaccettabile. Inaspettatamente intervenne Elesya <<Come fate a sapere della ferita di Rei?>>. Il Novizio fissò la compagna con sguardo incredulo e subito dopo riposò gli occhi sulla bizzarra donna che sembrò essere stata colta in fallo. <<Sono una Paramal, io so sempre tutto!>> si giustificò tornando a respirare. Reilhan però non si lasciò convincere. <<All’epoca non ci conoscevi, che interesse dunque avevi nell’osservarci? O forse vuoi dirmi che ti piace spiare tutte le leve dell’isola?>>. Madame Taròt divenne paonazza dalla rabbia ma respirando profondamente, si tranquillizzò. La sua risata fragorosa si diffuse in tutta la dimora e raggiunto il bancone, si sedette trangugiando la pestilenziale soluzione contenuta nella boccetta. <<Siete dei bambini troppo irrequieti!>> affermò tra un sorso e l’altro. <<Sarebbe meglio per voi stare fuori dai miei affari>>. Elesya si strinse nelle spalle poiché intimorita dalla veggente, mentre Reilhan invece, preferì insistere <<Murdar potrebbe pensarla diversamente!>> la minacciò, ma la donna parve stranamente tranquilla, nonostante il tremore del labbro superiore tradisse i suoi veri sentimenti. <<Ammesso che prima il Concilio non venga a sapere della tua guerriera>>annunciò glaciale <<O che io non ti chiuda la bocca>> e dalla tasca tirò fuori un feticcio malconcio con un capello vermiglio avvolto intorno al collo.