Questo loro comportamento, indusse la guerriera a supporre che dinanzi a lei non vi erano dei comuni animali ma esseri inanimati, frutto forse della magia di Goreha. Per averne conferma, calciò con forza la lucertola a lei più vicina che catapultata sulla parente opposta, si dissolse in una nuvola di fumo. <<Come pensavo!>> disse ad alta voce. Ogni volta che un rettile si avvicinava, Xera lo ricacciava in dietro con dei calci precisi e potenti, tuttavia le lucertole erano troppe e ben presto la guerriera iniziò a stancarsi. Scrutando l’atrio, la ragazza cercò un appiglio che le permettesse di sfuggire ai rettili, e proprio lì a pochi metri da lei, notò una serie di rocce che avrebbe potuto raggiungere saltando. Xera iniziò a correre senza mai voltarsi indietro e quando le lucertole le intralciavano la strada, lei le calciava via con tutta la forza che aveva.
Raggiunta la sporgenza, scalò la parete aggrappandosi alle insenature della roccia e toccata la cima, fece leva sulle braccia per tirarsi su. Xera restò in ginocchio per qualche secondo, da quando era entrata nel castello, non aveva fatto altro che correre e gradualmente sentì le forze venirle meno. Quell’attimo di distrazione però le costò caro. Le code appuntite delle lucertole si diramarono come fossero rovi e attorcigliandosi attorno alle sue caviglie, la trascinarono a terra con violenza. Per quanto provasse ad aggrapparsi alle rocce, queste erano troppo bagnate e presto si ritrovò con le spalle a terra, ferita e immobilizzata. I palmi e le ginocchia le pulsavano e il mento bruciava. Xera, riparata dietro lo scudo, cercò di non farsi colpire dalle lucertole, ma con le gambe legate divenne impossibile.Sentì i loro artigli affilati, penetrare la sua carne e i piccoli denti aguzzi, morderle i gomiti. A stento riuscì a coprirsi il viso con Divaahr. Al culmine del dolore, la vista iniziò ad annebbiarsi e la forza pian piano scemò, rendendola una facile preda per le zanne delle lucertole. Con il corpo e le vesti intrise di sangue, la guerriera resto immobile tentando di resistere, mentre nella mente riaffiorarono i volti dei suoi amici, ai quali si aggrappò con tutta se stessa. Non pensò mai di arrendersi, nonostante la sua vita stesse volgendo al termine. E proprio quella sua determinazione s’infuse nel metallo del suo scudo che vibrando funesto si fece ancora più largo, fino a coprirle ogni singolo strato di pelle. Divaahr era diventato un’armatura. Xera riaprì gli occhi, come se si fosse destata da un incubo. Per alcuni secondi a stento riuscì a ricordare il suo nome, poi pian piano ogni cosa divenne più chiara e una nuova forza animò il suo corpo. Non appena ritornò in piedi, si rese conto che il numero delle lucertole si era dimezzato, ma non ne comprese subito il motivo. <<Perché non mi stanno più attaccando?>> pensò. La guerriera guardò le sue mani, le sue braccia e infine gambe e busto. Ogni parte del suo corpo era avvolta da un metallo leggero e resistente, una corazza scintillante che dall’aspetto le sembrava familiare. Il bronzo e l’argento lunare si fondevano alla perfezione, creando continuità nell’armatura, priva di punti deboli. Quando poi provò a toccarsi il capo, ebbe un fremito che spinse la ragazza a cercare una pozza d’acqua nella quale riflettersi. Nel momento in cui mosse il primo passo, le lucertole indietreggiarono facendo scattare le zanne, ma non osarono né avvicinarsi né muovere un passo. Xera si specchiò in una fonte non molto distante, e a malapena si riconobbe. Il suo capo era saldamente protetto da un elmo d’argento con fregi di bronzo che si ripetevano su tutta l’armatura. L’elmo era tondeggiante e compatto sul retro, del volto invece lasciava scoperti gli occhi, la bocca e il naso. Sulla fronte inoltre si allargava e allungava verso l’alto, superando di qualche millimetro le due punte di bronzo che partivano dalle orecchie. Al centro della fronte vi era uno stemma che Xera però non riconobbe e lo stesso motivo era riportato sul petto della sua corazza. Quest’ultima, per aspetto, ricordava una casacca tuttavia solida come il metallo e costituita interamente di argento lunare e bronzo. Nonostante il materiale fosse molto resistente, si modellava alla perfezione seguendo le sinuose curve del suo giovane corpo, conferendogli eleganza e femminilità. Una finissima cotta di maglia congiungeva i singoli pezzi dell’armatura, in particolare i bracciali, che le coprivano gli arti dalle spalle ai polsi. Ancora una volta la duttilità del metallo, fece si che i suoi movimenti non fossero forzati, bensì assecondati e migliorati per giunta. Le mani erano protette da dei guanti robusti e quando la guerriera provò a muoverle, si sentì più potente di prima, pensando di dover colpire i suoi nemici con i soli pugni. Sebbene le gambe risentissero ancora delle ferite inferte, riuscì a sopportarne il dolore, essendo ormai protette da gambali e schiniere che le donarono maggiore agilità e velocità. Persino i calzari erano circondati dal metallo di Divaahr e non appena Xera provò a saltare, temendo fossero diventanti troppo pesanti, notò con sorpresa che invece erano leggeri come piume. Le sembrò di volare quando, con un balzo, piombò inesorabile sui suoi avversari che bruciarono sino a dissolversi, a contatto con l’armatura. La guerriera finalmente comprese quale sorte era toccata alla maggior parte di quei rettili. A ogni colpo inferto il suo corpo vibrava insieme al metallo, che caldo la avvolgeva, infondendole sicurezza e coraggio. Persino il sigillo divenne semplice da tenere a bada con l’ausilio di Divaahr e per la prima volta ebbe la certezza che nessuna maledizione avrebbe interferito in quello scontro. Non appena le lucertole iniziarono a diminuire drasticamente, le poche rimaste si raggrupparono intorno alla guerriera. Poi, muovendosi di nuovo in sincrono, emisero un suono assordante di cui tuttavia Xera non risentì, poiché l’elmo le proteggeva anche le orecchie. Sventato l’ennesimo attacco, i rettili cambiarono strategia e sfregandosi tra di loro, attivarono il veleno secreto dai solchi sulla pelle. Ogni bocciolo presente sui loro corpi squamosi si aprì, liberando un gas tossico che rese l’aria irrespirabile. La guerriera indietreggiò di qualche passo portandosi le mani al viso e trattenendo il fiato, cercò con lo sguardo un’uscita sicura. Un gruppo di lucertole se ne stava in disparte davanti al corridoio sinistro, al contrario il destro era del tutto sguarnito. Xera allora non ebbe più dubbi, c’era solo una via d’uscita, l’altra strada invece era un inganno. Corse velocemente in direzione della porta sorvegliata e con la bocca piena d’aria, si scagliò inesorabile contro i rettili, annientandoli tutti con un unico pugno. Non indugiò oltre e afferrato quel che restava del mantello e della bisaccia, si lasciò alle spalle il resto dei mostri, percorrendo il corridoio nonostante fosse buio. Quando le tenebre la inghiottirono, rimpianse il bastone luminoso che si era lasciata indietro, poi però qualcosa le illuminò il cammino e il chiarore, man mano, si fece sempre più forte. Xera continuò a seguire la luce e alla fine del corridoio si ritrovò in un’altra caverna, più ampia della precedente, al cui centro padroneggiava un labirinto di siepi che si estendeva a perdita d’occhio. Alle sue spalle tuttavia avvertì ben presto lo strisciare delle lucertole che ancora la inseguivano e non essendoci altre strade dinanzi a lei, decise di inoltrarsi nel labirinto con la consapevolezza di essere finita nuovamente in trappola.