Quando anche Elesya fu pronta, i tre ragazzi si diressero nel gran corridoio che precedeva le stanze del saggio. Diversamente dal solito, non furono i due guardiani ad annunciare il loro arrivo, bensì lo stesso Murdar, che spalancò la porta non appena li udì arrivare. <<Bambini miei, accomodatevi>> disse, facendo cenno di entrare.Nel momento in cui però Xera oltrepassò l’uscio, si accorse che qualcosa in quella stanza era cambiato. I libri erano tutti sparpagliati intorno alla scrivania del saggio, mentre innumerevoli bicchieri o resti di vivande, erano stati lasciati su ogni mensola libera. Era come se quella camera avesse accolto molte persone in una volta sola. <<Scusate per la confusione>>mormorò l’uomo, intercettando lo sguardo della fanciulla, <<Negli ultimi tempi la mia dimora ha ospitato tanta gente e sfortunatamente …>> il saggio fece una piccola pausa, prese un lungo respiro e si sforzò di continuare il suo discorso <<Non tutti erano amici>>. I tre ragazzi rabbrividirono al solo pensiero che sino a qualche tempo fa, proprio lì accanto a loro, ci fosse l’uomo che li aveva quasi uccisi: Kiem Gholja. Per tanti anni aveva combattuto al fianco di Murdar, il cui sguardo si era fatto triste e malinconico.<<Vi prego, accomodatevi>> li esortò con un filo di voce. Il suo aspetto era molto provato e per la prima volta l’uomo gli parve più fragile del solito. Nessuno obiettò alla richiesta e nel momento in cui tutti e tre si sedettero sul grande divano accanto al camino, ogni traccia di sporco scomparve, per essere infine sostituita da una succulenta merenda a base di dolci e the caldo. <<Vorrei scusarmi con voi, bambini miei>> esordì il saggio senza girarci intorno. <<Non devi, nonno! Non è colpa tua>> tentò di rasserenarlo la guerriera, sapendo quanto l’uomo apprezzasse quell’appellativo. <<Sei gentile bambina, ma lascia che un povero vecchio si assuma le sue responsabilità>> rispose grattandosi il capo. <<Ogni “leva” è una mia responsabilità e benché questa sia pur sempre una competizione dura e spietata, le vostre vite per me sono preziose>> spiegò loro tutto d’un fiato.L’uomo versò la calda bevanda in quattro tazzine, che infine distribuì prima di continuare il suo discorso.<<Quest’anno mi sono reso conto che le mie forze hanno dei limiti, dovuti forse alla mia età avanzata>> Reilhan, però, lo interruppe <<Saggio, ci avete sempre protetti. Se siamo vivi, è merito vostro>> ribatté fissandolo a lungo ma l’uomo scosse il capo <<No ragazzo mio, io ho solo cercato di rimediare a degli errori. Quando decisi di risiedere a Horsia, la considerai una sorta di seconda possibilità che la vita mi aveva offerto: ossia di essere felice, lontano dagli orrori della guerra. Con il passare degli anni, decisi che tutti meritassero una seconda occasione e che proprio quest’isola avrebbe concesso, a chi lo avesse desiderato, l’opportunità di rifarsi una vita>> spiegò mentre con la mano rigirava il cucchiaino nel the ormai tiepido. <<Per questo avete accolto tutte quelle creature?>> domandò Elesya, incuriosita.
<<Sì! Per molti erano dei solo mostri e nessuno voleva averli intorno. Mi assunsi così l’onere e la responsabilità di ospitarli sulla mia isola, stipulando una sorta di patto che tutelasse gli abitanti originari dell’isola e le stesse creature. Patto che è stato rispettato sino all’insorgere della famiglia Tholescu>> Murdar depose la tazzina sul vassoio, poiché il suo stomaco si era improvvisamente chiuso. <<Non ne ho mai sentito parlare>> asserì Reilhan, imitando il saggio. <<Mi sembra strano, se consideri che una loro discendente vi ha perseguitati sin dal vostro arrivo sull’isola>>. I tre ragazzi si guardarono stupiti, ma nessuno osò pronunciare il nome della donna in questione. <<Era, per l’esattezza, la nipote di Yadranka Tholescu, capo famiglia e potente Paramal. Per anni avevano vissuto spostandosi da una terra all’altra, ma fu su Horsia che decisero di risiedere. La loro famiglia era molto nota nel mondo magico, poiché il sangue Paramal si diceva avesse avuto origine proprio da un Tholescu>>.
Reilhan si sentì confuso, <<Se quella famiglia era tanto rispettata, perché l’avete allontanata dall’isola?>> chiese ricordando le parole della donna. <<Ragazzo mio, devi comprendere che vi è una grande differenza tra l’essere rispettato e l’essere temuto. La loro magia era messa a disposizione di chiunque, a patto che si pagasse il giusto compenso>>. <<Perciò si vendevano al miglior offerente!>>ribatté la guerriera, dura in volto. <<Purtroppo sì e questo tipo di azioni non sono viste di buon occhio ai piani alti. Come puoi affidarti a qualcuno che, per denaro, potrebbe tradirti da un giorno all’altro?>> Murdar si alzò in piedi e si recò alla piccola finestra, com’era solito fare quando i pensieri nella sua mente iniziavano ad affollarsi. <<Nel momento in cui sono approdato su Horsia, incontrai quell’uomo per spiegargli le mie intenzioni e fui sorpreso nello scoprire che quella famiglia tanto odiata, mi accolse invece con caloroso affetto. Yadranka stesso mi aiutò a trasportare la maggior parte delle creature che risiedono su quest’isola e per molti anni, fu per me un prezioso amico>>. Xera abbandonò sul tavolino il biscotto che aveva morso, per poi prendere la parola <<Perché allora Madame Taròt ti odiava a tal punto?>>. L’uomo si strinse nelle spalle e benché ricordare quegli avvenimenti fosse per lui una sofferenza, sapeva in cuor suo che quei tre ragazzi meritassero una spiegazione.