XIV) i figli dei marinai

Da Foscasensi @foscasensi

Dopo molti mesi l'aria permette di spogliarsi. Gli oleandri lungo i giardini del quartiere si sono fatti succosi e di fogliame quasi fresco e c'è come un odore o una polvere di pollini e salmastro che esaspera o profuma l'asfalto, accalda il cemento e prepara l'estate.

Lungo la via Aurelia un bar, in cui ogni notte fanno colazione grossisti e clienti, affianca la Casa sudicia. Nella Casa sudicia si vendono fiori.

Fra i banchi il linoleum appiccica quasi le scarpe e c'è una sensazione di terra e di medicinali. I commercianti propongono rose e orchidee ancora rigide per la permanenza nei frigoriferi e aperte come valve. I negozianti nel complesso sembrano meglio vestiti e non decidono da chi e come compreranno. Intendono lasciarsi corteggiare.
Quanto a me, mi sento il poco vestito che ho indosso per questo mattino ancora troppo acerbo. Vorrei dei pelargoni da far crescere sui davanzali, ma che siano il più possibile simili a come saranno una volta che li bagnerò io stessa la sera dopo aver lavato i piatti: e cioè piccoli d'infiorescenza e silenziosi.

E quando ho pagato ed esco dal salone con la cassetta di piante sospesa su un fianco le tre cose che sento è che mi è entrata una scheggia nell'indice destro, che l'aria ancora notturna rapprende lombi e seno, e che insieme deliziosamente il sole nascente distende le viscere e illumina pelle foglie e respiro. La quarta cosa che sento è Baldo.
Davanti alla soglia del bar ha raccolto una piccola folla di uomini, una lama fulva gli abbaglia il capo del quale mostra la nuca e fino alla radice i capelli che si staccano uno dall'altro con la propria ombra e vacuità, ognuno scosso dalla sua risata bassoaddominale.

E poi non saprei spiegarmi meglio: c'è una vista psicologica, senza collocazione, a metà fra occhio e olfatto, intempestiva, prepotente, dissolta. Baldo obbedisce, si gira – e mi attraversa.

Ora dovrei dire come abbia fatto il possibile per scansarmi da quell'occhio, o per meglio dire da quella traiettoria, come abbia chiuso i fiori nel bagagliaio e il mio vecchio compagno di lavoro abbia rincorso la macchina con l'intuizione della fuga e adesso, come ogni uomo che viene, sia qui. Adesso è del tutto qui. A un passo dalla mia bocca, con tutto il corpo al finestrino, ancora col bicchiere in mano e il petto mosso come da uno sforzo. Come tace, e le dita sul vetro. Ma adesso, adesso ho il petto mosso anch'io. E non riesco a parlare.




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