una tirata d'imperizia
All'inizio della scorsa estate le giornate si allungarono senza che me ne accorgessi. Fu evidente che avevo a che fare con il sole, il mare e di conseguenza i turisti quando cominciai a sudare per pulire i pavimenti, a scottarmi con le tazzine sfornate dalla lavastoviglie e la strada di casa era chiara anche senza accendere il fanale della bicicletta.
Dietro le baracche dei bagni ci sono le sedie a sdraio gli ombrelli e le conche di cemento e pitosforo, ma quella sera erano, anzi sono (perché ricordo molto bene) un ammasso e basta, con Baldo e la sua unghia nervosa sulla vernice sullo stipite appoggiato a una porta. Porta di cosa, questo non lo so più.
E poi niente, se ne va. Lascia nel pieno e nel buono (o nel peggio) del lavoro, non sapendomi spiegare, non essendo riuscito. Almeno un discorso, una parola. Lasciarmi intendere. Permettere anche a me di ingoiare in qualche modo l'imbarazzo di aver allungato, per tanto tempo. Allungare il lavoro. Allungarci sulla sabbia sul molo le reti gli scogli, la luna. A seconda di come capitasse, prima di casa e di dormire. Non si può più. Non vuole più. E nel momento in cui finisce di non dare colore, di non adulterare, di lasciare l'evidenza così come si trova, avendolo fatto con imperizia, tale da nemmeno fingere di avere del coraggio, Baldo ha le unghie scheggiate e porta un inframmezzo di scaglie di vernice fra la carne e l'osso. Come fossero le squame, di pelle o riluttanza, di tutte le volte che me lo sono sentito fra le cosce.
Come spiegazione devo lasciarmi andare bene quella.
E poi gli addii non sono il mio forte.
Per i mesi che restano fra il suo licenziamento e la macchina di pelargoni Baldo ha avuto più che altro molto freddo. Si tira su di scatto e non si ferma mai in casa a fare colazione per paura di cadere addormentato. La prima parte del suo turno la compie con la pancia vuota e il fiato cattivo come chi si lascia addosso la pasta acida del sonno. Mangia con gli altri operai alle otto del mattino, dopo sei ore di lavoro, al bar del mercato. E vede Fosca nella giornata di oggi, vestita di poco, coi fianchi rossi di fiori. E perde le testa quando prima l'aveva bene sulle spalle e fu imbecille dietro i bagni e un nuovo lavoro e una vita all'improvviso troppo piccola per un paio di donne e una piccola famiglia.
Vedi, Baldo, la facilità insopportabile. Com'è possibile riallacciare una vita che scorre, ché anche se è cambiato molto o poco le cose sono sempre su se stesse e le persone che ci sono dentro si confondono e hanno il dubbio se il loro muoversi sia andare da una parte o dall'altra, e nel caso, come trattare il problema grosso, di comportamento, la relazione che esiste fra una cosa vera e una convinzione, fra il corpo e il ricordo. E un'insolenza o una gioia gastrica e mentale.