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XXI Med Film Festival: Bidoun 2 di Jilani Saadi (Selezione Ufficiale)

Creato il 12 novembre 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
Bidoun 2play video
  • Anno: 2014
  • Durata: 83'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Tunisia
  • Regia: Jilani Saadi

Siamo all’indomani della primavera araba e nella Tunisia post rivoluzionaria è in corso la modifica dell’articolo 6 della Costituzione per decretare la libertà di culto. La transizione da un regime integralista alla più sfrenata delle modernità necessita di un processo che moderi il passaggio, abbracciando le nuove prospettive che si presentano e, allo stesso tempo, conservando quei valori, anche sacri, che contraddistinguono nel profondo i caratteri di una cultura, evitando, dunque, uno sconsiderato snaturamento. È su questo sfondo, che seppur ‘fuori campo’ costituisce il motore propulsivo dell’intera messa in scena, che si svolgono le paradossali, surreali vicende dei due protagonisti, Abdou e Aida, i quali, completamente disinteressati alle rilevanti questioni di Stato che incombono, intraprendono un improbabile viaggio in macchina alla ricerca di se stessi, costituendo, in tal modo, il naturale contrappunto (fortemente voluto dal regista, Jilani Saadi) alla cornice ultra politicizzata in cui si muovono. Abdou e Aida (ma soprattutto Abdou) ricordano un po’ i due originali personaggi che Godard mise in scena con À bout de souffle, in riferimento ad una certa tendenza ad attirare su di sé la fatalità di un tragico destino che viene, data l’eccessiva imprudenza dei loro comportamenti, fortemente evocata. D’altronde ad accomunare (con le dovute proporzioni, evidentemente) il leggendario film del cineasta francese a quello del regista tunisino è il tentativo di innescare una riforma della sintassi cinematografica attraverso alcuni espedienti tecnici, che nel caso del film di Saadi sono stati resi possibili dall’utilizzo delle agili videocamere GoPro, adoperate sfruttando al massimo la loro versatilità. Particolarmente interessanti risultano le ‘soggettive estreme’ realizzate tramite l’innesto della macchina da presa sul corpo dell’attore, che, in tal modo, diviene un tutt’uno con il dispositivo ottico, articolando un macchinismo che configura un ‘cinema  errante’, nella misura in cui la protesi installata, passandovi attraverso, agevola il processo di disvelamento della realtà. L’ingombrante specchio che Abdou porta ostinatamente con sé risponde all’esigenza di offrire un raddoppiamento di sguardo, che, oltre ad ampliare lo spettro visivo dello spettatore, che può in tale maniera indugiare sulle diroccate architetture dei palazzi costeggiati dalla sgangherata automobile e sul blu incontaminato del cielo tunisino, testimonia la doppia natura del tempo, quella cronologica e quella della ‘durata’ (bergsoniana), aprendo, dunque, un varco sul passato del protagonista che si giustappone a un presente vorticosamente consumato in un andirivieni in cui la riserva di senso sembra lentamente esaurirsi.

Un mendicante di viola vestito (che poi lo stesso Saadi ci ha confidato essere il colore preferito dell’ex dittatore Ben Alì) si aggira spettrale per le strade, accovacciandosi di tanto in tanto per chiedere l’elemosina, fino a che si scontra, è proprio il caso di dire, con Abdou e Aida, che lo investono involontariamente lungo la corsia di emergenza di una buia autostrada. Attraverso questa inaspettata collisione comprendiamo la vera natura dei due ragazzi, contraddistinta da un surplus di purezza e ingenuità, che, purtroppo per loro, costituirà la premessa per un’imprevedibile nemesi, che, dopo il viaggio all’insegna di un’inebriante libertà, sventuratamente li colpisce. Una chiusura questa che vuole probabilmente ammonire sulla difficoltà di realizzare una mutazione che prima di essere politica è soprattutto antropologica, e necessita dunque di un tempo di metabolizzazione sufficiente, pena il ritorno di un rimosso che, subdolamente, ‘riterritorializza’ tutto il movimento di liberazione attuato attraverso un spinta desiderante che cerca di smarcare i vari ‘muri semiotici’ che incontra.

Una nouvelle vague tunisina dunque sembra affacciarsi sul panorama della Settima Arte nord africana, annunciando un rinnovamento che promette la diffusione di nuove prospettive attraverso cui restituire la complessità di una realtà difficile da decifrare. Ottima e ultima visione di questa entusiasmante ultima edizione del Med Film Festival, Bidoun 2 si candida a costituire una delle punte di diamante dell’evoluzione linguistica del cinema dell’area sud mediterranea.

Luca Biscontini

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