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XXI Med Film Festival: Parisienne di Danielle Arbid (Concorso Ufficiale)

Creato il 11 novembre 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
Parisienne
  • Anno: 2015
  • Durata: 119'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Danielle Arbid

Siamo nel 1993, internet  non esiste, e i telefoni cellulari sono, forse, appena entrati in circolazione, le persone ancora ‘indugiano’ negli incontri, nelle conversazioni vis-à-vis, e i corpi si sfiorano, si toccano, permane una rivelante quota d’attrito che, ostacolandolo, diviene motore propulsivo del desiderio. Lina è una giovanissima ragazza libanese che decide di trasferirsi in Francia, a Parigi, per intraprendere lì i suoi studi, installandosi inizialmente presso dei parenti, che poi abbandonerà repentinamente, in quanto vittima di un violento tentativo di seduzione da parte del viscido zio. Comincia così la sua ‘epica’ avventura che, alla stregua di un romanzo di formazione, la porterà a vivere le prime esperienze amorose, sociali, politiche, con tutte le difficoltà dovute al suo status di immigrata, sempre in affanno per ottenere e farsi rinnovare il sospirato permesso di soggiorno.

Il film è spesso intervallato dalle interessanti lezioni universitarie cui partecipa la protagonista e nelle quali vengono snocciolati alcuni riferimenti culturali che la regista, Danielle Arbid, visto l’elemento fortemente autobiografico, ha ritenuto doveroso condividere con il pubblico, partendo dall’etica sovversiva di Genet, passando per la ontologizzazione del concetto di ‘brutto’, fino ad arrivare alle esortazioni di Pascal che, denunciando la mancanza di vitalità dell’essere umano sempre proteso paranoicamente verso il futuro, o impegnato a rimuginare mestamente sul passato, ci invita a vivere l’ebbrezza fuggente del presente. L’amore poi è al centro della narrazione e Lina (interpretata magistralmente da Manal Issa) tesse alcune intense relazioni, ed è davvero incantevole ammirarla mentre si concede con ancestrale pudicizia, mostrando il bagliore tenue della sua pelle lattiginosa, resistendo sempre con una fierezza antica alle numerose avance subite dai diversi tipi antropologici che le si parano davanti e con ognuno dei quali, comunque, vive un sincero trasporto. C’è spazio nel film anche per un certo tasso di ironia, dato che la protagonista si troverà, per la fatalità dal caso, a oscillare nelle sue frequentazioni tra ambienti di ultra destra (molto divertente l’episodio degli improbabili monarchici) ed estrema sinistra, prendendo coscienza di alcune questioni che, a partire dalla sua condizione di immigrata, la riguardano da vicino. Ed è desolante constatare come nell’ultimo ventennio la consapevolezza politica (nonché il passaggio all’azione) sia stata miseramente sostituita da un’indifferenza e un’ignavia, che, a ben vedere, sembrano proprio il prodotto di una specifica strategia del ‘discorso’ capitalista, tutto teso all’annichilimento dei soggetti, da ridurre al meschino rango di incalliti consumatori, che, al massimo, riescono a condividere qualche pensiero polemico su uno dei tanti social network (laboratori-lager in cui si instilla il virus dell’inadeguatezza, imponendo una virtualità che annienta qualsiasi slancio ‘desiderante’, e, dunque, sovversivo).

Forse Arbid avrebbe potuto articolare meglio la riflessione sul paese originario della ragazza, che entra in gioco solo per poco tempo e tratteggiato con rapide pennellate, anche se la provenienza di Lina è un elemento che cova profondamente durante tutta la messa in scena, costituendo la specifica cifra che ne caratterizza l’ingombrante umanità. Diverse sono le difficoltà che le si presentano davanti, ma, mossa da un autentico desiderio di vivere intensamente e ‘senza paura’ (espressione che tra l’altro è il titolo originale del film), riesce sempre a superare gli ostacoli, attraverso un elevato grado di sopportazione e capacità di reagire alle avversità. Alla fine del film la vediamo in un’aula di tribunale assieme a tanti altri individui che come lei sperano nell’ottenimento del permesso di soggiorno o quanto meno nell’interruzione della pratica di espulsione. Il sorriso garbato di Lina conclude all’insegna della più vivida speranza un’avventura che, vista la sua giovane età, continuerà ancora per molto tempo.

Arbid realizza un film che sa sempre tenera viva, nonostante la consistente durata, l’attenzione dello spettatore, che partecipa vivacemente alle vicissitudini della protagonista, e il pensiero che i fatti rappresentati siano, in un certo senso, realmente accaduti, anche se filtrati attraverso la lente del ricordo e la creatività dell’immaginazione, fa aumentare ancor di più il grado di immedesimazione, lasciando la gradevole sensazione di aver vissuto un’intensa storia. Epico, dunque, commovente e necessario.

Luca Biscontini



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