22 settembre 2013, Villacidro, Medio Campidano, si è svolta la serata conclusiva della XXVIII edizione del Premio Letterario Giuseppe Dessì che ha visto premiare per la poesia Gian Piero Bona e per la narrativa Giuseppe Lupo, mentre Philippe Daverio e Pinuccio Sciola hanno ricevuto i Premi speciali.
Tra i finalisti è purtroppo mancata la presenza femminile, al contrario la presenza delle più note case editrici italiane non è mancata, come d’abitudine.
Nonostante la manifestazione sia iniziata con quasi un’ora di ritardo il nutrito pubblico e la particolarità dei premiati hanno fatto sì che la serata si svolgesse nel migliore dei modi.
Ad aprire la manifestazione la cantante Ilaria Porceddu con la sua voce angelica e la sua interpretazione sentita e toccante che si è ripetuta per ben tre volte. A primo impatto una ragazza esile e sorridente che si è trasformata al pianoforte mostrando tutta la potenza della sua voce.
A presentare la cerimonia è stata la giornalista e conduttrice televisiva Natascha Lusenti che, dopo i, prolissi discorsi del Sindaco di Villacidro, Teresa Pani, e del presidente della Fondazione Dessì, Giuseppe Marras, ha condotto il pubblico nel vivo della serata.
Tra i finalisti della sezione poesia Claudio Damiani con “Il fico sulla fortezza” (Fazi Editore) e Enrico Testa con “Ablativo” (Einaudi) ed il vincitore del primo premio Gian Piero Bona con “Serenate per l’angelo” (Passigli).
Claudio Damiani non ha potuto presenziare ma hanno certamente colpito le parole degli altri due poeti: Enrico Testa ha rimarcato il fatto che “non basta prendere una penna per definirsi uno scrittore” mentre Gian Piero Bona alla richiesta di delucidazione del titolo del suo libro ha sostenuto che “l’angelo è ciò che ci sostiene nella vita, è il respiro”.
Tra Bona e la Lusenti vi è anche stato un simpatico scambio di battute con lei che si domandava se all’interno di una poesia in cui l’insonnia era protagonista vi fosse un messaggio sociale e l’autore che ha risposto che si trattava semplicemente di un fatto personale riferito alla sua difficoltà nel dormire la notte.
È forse necessario rintracciare a tutti i costi un messaggio alto, sociale, perché si possa parlare di buona poesia? Andrebbe chiesto alla presentatrice italo-svizzera che sembrava sorpresa dalla semplice risposta del poeta piemontese.
Tra i finalisti della sezione narrativa Gian Mario Villalta con “Alla fine di un’infanzia felice” (Mondadori) e Fabio Stassi con “L’ultimo ballo di Charlot” (Sellerio) ed il vincitore Giuseppe Lupo con “Viaggiatori di nuvole” (Marsilio). È stato piacevole ascoltare il racconto di Lupo su come è riuscito a pubblicare il suo libro con la casa editrice veneziana.
Per lo scrittore andare a Venezia significa sempre intraprendere un viaggio in un luogo in cui non si sente l’odore del mare ma quello della carta e in cui si illude di trovare le antiche stamperie di una volta. Ha paragonato il suo romanzo ad un messaggio in bottiglia che approdato sulle rive di Venezia sarebbe stato raccolto per caso da un editore al quale le sua pagine sono piaciute e che così sono state pubblicare. Una visione senza dubbio molto suggestivo ed affascinante.
Ad essersi dilungati troppo sono stati però i membri della giuria del Premio che a turno sono saliti sul palco per premiare i vincitori ma che hanno posto loro un numero troppo elevato di domande e talvolta anche troppo complicate per buona parte del pubblico in sala.
Nella parte finale della serata sono stati premiati Pinuccio Sciola (premio della Fondazione) e Philippe Daverio (premio speciale della giuria).
Il primo, noto scultore di San Sperate, si è fatto conoscere anche per la sua abilità nel far suonare le pietre. Il pubblico attendeva di sentir e veder suonare le pietre portate da Sciola ed egli l’ha accontentato ma quasi con arroganza, affermando “io parlo sempre con le pietre ma è necessario un luogo sacro e con una migliore acustica di questa palestra”. Per un attimo tutti hanno pensato che si rifiutasse di suonare ma alla fine, seppur non con un particolare entusiasmo, è riuscito a suonare qualcosa. Forse il troppo parlare con le sue pietre l’ha disabituato al contatto con gli esseri viventi?
Last but not least l’alsaziano e stravagante Philippe Daverio, agghindato, non casualmente, con un completo tricolore, ha intrattenuto amabilmente la sala con la sua intelligenza arguta e la sua simpatia. Così come lo si è visto fare nel noto programma “Passepartout” egli ha sciorinato le sua conoscenze ed affermando come secondo lui ogni attività dovrebbe ruotare attorno alle cinque principali lingue. Ha anche ricordato la chiusura del suo programma “Passepartout” escludendone categoricamente la ripresa da parte della RAI.
Purtroppo le sue battute sono state limitate ed è stato un vero peccato godere di Daverio per così poco tempo quando sarebbe stato sufficiente dare un po’ meno spazio ad altri personaggi, per quanto importantissimi nel panorama letterario italiano.
Da rammentare anche l’intervento della Professoressa Anna Dolfi relativamente alle nuove pubblicazioni inerenti allo scrittore Giuseppe Dessì. Un progetto a breve termine prevede la pubblicazione di due racconti di Dessì in diverse lingue, così da far conoscere l’autore in diverse parti del globo.
La stessa ha anche anticipato nuove pubblicazioni dello scrittore che a Villacidro trascorse la sua adolescenza, rimandandone i dettagli tra un anno, in occasione di quella che sarà la ventinovesima edizione del Premio Dessì.
Written and photo by Rebecca Mais