XXXIII FantaFestival – Zone Of The Dead, 2009, Serbia, 96’, genere Horror, regia di Milan Konjevic e Milan Todorovic, distribuito da Epic Picture Group
Zone of the Dead (titolo originale Zona Mrtvih) può avere almeno due significati: il primo, squisitamente di intrattenimento per gli amanti del sotto-genere horror zombie-movie, e il secondo, più trasversale e inquietante, a tratti anche politico: la mutazione genetica dell’uomo ad uso e consumo del Potere.
Nel primo caso siamo di fronte ad uno dei rari esempi di genere horror proveniente dalla vicina Serbia, ambientato a Pancevo, “la città più inquinata d’Europa”, sede di una centrale nucleare dalla quale fuoriesce una sostanza tossica che uccide chi la respira, per poi farlo resuscitare come uno zombie. Nel frattempo un gruppo di agenti di polizia è impegnato a preparare il viaggio di scorta, con il quale un pericoloso prigioniero sarà portato a Belgrado: l’operazione è ancora più importante perché supervisionata da agenti della CIA (uno dei quali interpretato da Ken Foree, già tra i protagonisti del film Dawn of the dead di George Romero); la storia, dal ritmo abbastanza serrato e ricco di colpi di scena, si sviluppa intorno al gruppo di agenti, che cercano di portare a termine la missione, nonostante i ripetuti attacchi degli zombie e il ferimento di uno di loro, l’agente Belic (Modrag Miki Krstovic), che essendo stato morso da uno zombie, si trasformerà inevitabilmente in uno di loro; uno dei momenti più belli del film è proprio durante la lenta metamorfosi di Belic, che fisicamente si sta trasformando in un morto vivente, dal volto pallido e cadaverico e i denti aguzzi, ma nell’anima è ancora vivo e umano e raccomanda alla giovane agente Milius (Kristina Klebe) di vivere la sua vita senza farsi ossessionare e distruggere dal lavoro.
Dal secondo punto di vista, a rischio di incappare nella solita dietrologia, ci si può leggere la deformazione dell’uomo ad opera del Potere manipolatore (da una delle scene iniziali si intuisce la connivenza dei servizi segreti con la presenza della centrale nucleare a Pancevo), Si può leggere tra le righe anche un certo asservimento dell’intelligence della giovane nazione serba agli Stati Uniti (la supervisione degli agenti della CIA durante la missione), e se gli americani, agenti della CIA, comprensivi e paterni, sono i “buoni”, ai sovietici non resta che il ruolo di “cattivi”, perché il prigioniero che deve essere scortato a Belgrado (Emilio Roso) racconta di aver perso il padre dopo l’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, nell’ex-URSS, avvenuta nel 1986 e che quella di Pancevo e quella di Chernobyl sono situazioni collegate tra loro.
A parte l’inizio del film, durante il quale si susseguono frequenti cambi di scena e di personaggi, che creano un po’ di confusione, (la stazione, la prigione, il palazzo della Presidenza, l’alloggio dell’agente della CIA, il luogo di un’esercitazione dei servizi segreti), la trama si sviluppa in maniera tale da mantenere sempre attenta l’attenzione dello spettatore: il prigioniero che lascia intendere che prima o poi fuggirà, l’agente Belic che è condannato a diventare uno zombie, la città completamente invasa dai morti viventi che tentano di contagiare gli unici rimasti umani, un pazzo armato che recita brani della Bibbia, millantando di essere una specie di Profeta: c’è molta azione nel film e non solo; l’egoismo dell’uomo, che sta portando alla distruzione dell’ambiente e del genere umano stesso, e che continua con egoismo e autoreferenzialità a mietere vittime. Infatti tra i personaggi minori troviamo un reporter, infastidito dal fatto che non ha più la telecamera con se per riprendere l’invasione degli zombie (“ televisizzazione” a tutti i costi?), e non si fa scrupoli quando si tratta di lasciare a terra, durante la fuga via fiume, una sua amica.
“L’inferno è troppo affollato e così i morti risorgono”, se le cose stanno così, dobbiamo iniziare a preoccuparci.
Anna Quaranta