YIN vs YANG ovvero SHARE ONE DAY

Creato il 20 gennaio 2011 da Vale
E' il secondo giovedì che mi ritrovo a incrociare due rubriche, quella di Stima e oggi quella di Mens Sana che mi invita a parlare del viaggio o di un viaggio.
Per me l'idea di viaggio è già di per sè un contrasto, perché spesso ciondolo tra la voglia di andare e la paura di andare. La mia idea di viaggio si è riscritta nell'agosto del 1997 quando per la prima volta ho attraversato l'Atlantico per andare in Messico.
Non ho foto di quel viaggio, perché verso la fine del viaggio, ci hanno rubato la macchina fotografica e anche questo è un yin-yang liberatorio. Finalmente un viaggio senza l'ossessione dell'immagine da lasciare ai posteri, solo immagini stampate dentro di noi.

Tra San Cristobal e il Guatemala là eravamo...

Ehi, non pensate a Cancun, la storia è più complessa ma la faccio breve.
K. si occupa di diritti umani e così decidemmo di passare 15 giorni in una comunità indigena sulle montagne di San Cristobal. L'esercito voleva sbarazzarsi di questi contadini che non volevano staccarsi dalla loro terra e il fatto che ci fossero degli osservatori internazionali salvava la comunità dalle rappresaglie.Io morivo di paura. Veramente. Volevo accompagnare K. che non ne poteva più di andare nelle scuole a parlare di diritti senza conoscere direttamente nessuna violazione di tali diritti e così andammo.

San Cristobal

Con un pulmino sgangherato alle prime luci dell'alba per evitare i controlli dell'esercito raggiungemmo la comunità. O meglio, l'accampamento dedicato agli 'ospiti', di fronte all''ospedale'.
Noi dovevamo solo stare lì, fare presenza come si dice. La notte dormivamo in una casetta di legno, sulle assi e avvolta nel cellofan per non far entrare i topini di campagna. Ci avevano consigliato di portare della frutta secca e il topino ci disse grazie. La nostra razione di cibo era l'equivalente di quella che mangiavano i nostri ospiti e dunque mangiavamo una volta al giorno del riso cotto sul fuoco.La mattina dei bambini ci portavano le tortillas calde, fatte dalle loro mamme.Potrei raccontarvi mille cose di quei giorni, le storie che uscivano dall'ospedale, le storie delle feste, le giocate a basket, i bambini che venivano guardavano e andavano, gli spari intimidatori verso sera. Ma voglio concentrarmi sull'idea di viaggio.Una sera un uomo, incuriosito, ci chiese del nostro paese. E ci chiese quanti giorni di cammino distava. Noi imbarazzati tentavamo di spiegare e ci sentivamo ridicoli. Noi ridicoli, non quell'uomo segnato che avrà avuto 45 anni e ne dimostrava 70. 

Marimba: lo strumento delle feste

Da allora, la nostra idea di viaggio è cambiata molto. Non occorre andare in situazioni pericolose e al limite per sentirsi viaggiatori, ma non aver paura di camminare tra le strade di questo mondo, questo sì che fa il vero viaggiatore. Fino a quando i bambini non sono arrivati abbiamo preso lo zaino, preso l'aereo e una volta atterrati abbiamo cominciato a scrivere la nostra storia.
Io ho paura della mia ombra e sentivo addosso quel proverbio antico: partire è un po' morire. Ma la cosa strana è che lo sentivo all'andata e lo sentivo al ritorno.


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