Magazine Cinema

Yōkai hantā: Hiruko (Hiruko the Goblin)

Creato il 16 febbraio 2012 da Makoto @makotoster

 Speciale Tsukamoto Shinya
La X edizione dell’Asian Film Festival di Reggio Emilia (16-24 marzo 2012) dedica la retrospettiva a Tsukamoto Shin'ya, che sarà presente al Festival e riceverà un premio alla carriera. In occasione di tale importante evento, Sonatine pubblicherà  le schede critiche di tutti i film di Tsukamoto, che andranno a configurare uno Speciale Tsukamoto sempre consultabile online.
Yōkai hantā: Hiruko (Hiruko the Goblin)Yōkai hantā: Hiruko (ヒルコ / 妖怪ハンター, Hiruko the Goblin). Regia: TsukamotoShin’ya. Soggetto: Tsutsumi Koji. Sceneggiatura: Tsukamoto Shin’ya, dalmanga di Morohoshi Daijirō. Fotografia:Kishimoto Masahiro. Scenografia:Akatsuka Satoshi. Musica: UmegakiTatsushi. Montaggio: KuroiwaYoshitami e Tsukamoto Shin’ya. Effettispeciali: Asada Eichi. Interpreti epersonaggi: Sawada Kenji (Reijirō Hieda), Kudō Masaki (Yabe Masao), UenoMegumi (Tsukushima Reiko), Murota Hideo (Watanabe), Takenaka Naoto (YabeTakashi). Produzione: NakazawaToshiaki, Masamichi Higuchi, Nakamura Toshiyasu per Sedic – Shōchiku Fuji –Nichiei Agency – Wings. Uscita nelle sale giapponesi: 11 maggio 1991. Durata: 90’.

In cerca di indizi sul misterioso tumulorinvenuto sotto l’edificio scolastico in cui insegna, il professor Yabe èraggiunto da Reiko, una delle sue studentesse e amica del giovane Masao, che èdi quest’ultima segretamente innamorato. Yabe e Reiko sono vittimadell’aggressione del feroce demone Hiruko, il quale li priva dei corpi edutilizza il loro volto per farne creature dalla forma di ragno da riversare sulmondo. Ricevuta una missiva dal cognato Yabe, l’archeologo Hieda, si reca sulposto per far luce su quanto accaduto nei pressi del sepolcro che custodisce alsuo interno forze antiche e malefiche. In compagnia di Masao, ed armato diimprobabili e artigianali strumenti anti-demoni, l’uomo si mette sulle traccedi Hiruko che, nel frattempo, sta aumentando la sua prole di teste dalle zampedi ragno. Afflitto dalla perdita dell’amata e piegato dal dolore delle ustioniche si manifestano sul suo corpo ad ogni nuova vittima, Masao deve fare i conticon l’avanzata delle mostruose creature, il riottoso atteggiamento di Watanabe,il guardiano del complesso scolastico, e il fantasma di Reiko che non cessa diperseguitarlo nel tentativo di appropriarsi del suo corpo. Vagando per imeandri dell’edificio, l’impavida coppia riesce a decifrare le carte di Yabe incui è racchiuso il segreto per sigillare definitivamente la tomba da cui èfuggito Hiruko: Masao scoprirà che nelle sue vene scorre il sangue delprescelto, il solo in grado di metter fine all’imminente demoniaca disfatta.Reducedall’inatteso successo internazionale di Tetsuo,Tsukamoto riceve l’offerta, da parte della casa produttrice Sedic, di girare Hiruko the Goblin, ispirato al manga Yōkai hantā (Il cacciatore di mostri)del celebre fumettista Morohoshi Daijirō. Caratterizzato da un evidenterichiamo alle componenti adolescenziali dell’amicizia, dall’ambientazionerurale distante dal contesto urbano, e dalla spensieratezza del periodo estivo,il film possiede un tono piacevolmente avventuroso quanto grottesco, insintonia con i precedenti lavori dell’autore: «Guardando alla mia produzionefino alla realizzazione di Hiruko, sinota come Tetsuo sia un’eccezione,non Hiruko». Girato on location ad Asahi, nella prefetturadi Toyama e presso gli studi della Tōhō, Hirukoè stato per il regista il primo lavoro filmato in 35mm, senza che questi potessemettere mano alla fotografia, a parte del montaggio e alle fasi promozionali.Fu infatti la Shōkichu a occuparsi della distribuzione della pellicola,escludendo Tsukamoto dal prenderne parte, e finendo così col contribuireall’insuccesso del film.Nonostante le traversiee la sua reputazione di opera minore, Hiruko si scopre interessante per i molti di stimoli e le influenzerintracciabili al suo interno, e per la capacità di Tsukamoto di seguire leconvenzioni del genere, senza però rinunciare al suo gusto per un’esteticasovraccarica e barocca. Di là dai rimandi alle precedenti prove giovanili, in8mm, del regista, e in particolare a Kyōdaigokiburi monogatari (Giant CockroachStory, 1975), si riscontrano scelte rappresentative dalle eterogeneeinfluenze, dovute anche alla passione del regista per il cinema americanohorror, di fantascienza e di avventura: da John Carpenter a Sam Raimi, daRidley Scott a James Cameron. A partire da alcune componenti tipiche dello shōnen (gioventù) drama, si veda in particolare la figura dell’adolescente Masao, uno studente un po’ impacciato, seppurdall’animo nobile e valoroso, il film affonda le sue radici nell’interesse delregista verso il mostruoso (il suo Kaijyū Theater ne è un esempio emblematico)e l’ancestrale  (la mitologia nipponica,gli yōkai e il folclore). Ilnome del mostro Hiruko deve le sue origini al figlio deforme e ripudiato delledivinità Izanami e Izanagi, così come ci racconta il Kojiki, l’antica opera che narra della nascita mitologica delGiappone, cui Tsukamoto fa qui esplicito riferimento. Nel film, Hiruko – cui,come vuole la mitologia, il regista attribuisce la duplice caratteristica dicontaminazione e purezza – risorge dall’oscurità dove era stato condannato,innescando morte e distruzione, e rendendo così necessaria la sua repressione. Accentuandol’ambiguità del suo antagonista e del suo carattere in divenire, Tsukamoto nondà un corpo al suo demone, ma decide di farne una creatura immateriale chenecessità di corpi altrui per diffondere il suo male. Hiruko, the Goblin mescola così tradizione e cinema di genere,facendo ricorso a immagini levigate e luminose, decisamente diverse da quelleruvide e contrastate dei successivi lavori del regista.Insintonia col resto della sua opera, e in particolare coi diversi Tetsuo, è il lavoro sulla mutazione, chequi si concentra soprattutto sul volto, concepito come un’entità a sé stante:sul corpo di Masao emergono, come piaghe cocenti, i visi delle vittime;  i figli di Hiruko sono facce dalle zampe diragno, con espressioni di rabbia e ferocia, di risentimento e dolore; i voltidei due protagonisti, invece, sono smorfie di terrore e stupore, ma anche digioia e determinazione. Tsukamoto fa un notevole uso di primi piani cheseparano i volti dai corpi: le teste mozzate, le facce divenute ragni, la massadi volti sovrapposti nei passaggi finali, il viso ammiccante e spettrale diReiko, e quelli delle anime che si levano al cielo. Volti che si contrappongonoa quelli  dei protagonisti Hieda e Masao,ma anche, nei passaggi onirici, a quello della sorridente Reiko, sinonimo direintegrata purezza nelle bucoliche visioni del giovane. La compostezzaespressiva di questo volto, che raggiunge vette di lirismo, come nella sequenzadel canto al chiaro di luna, è in netto contrasto con le folgoranti soggettivedella corsa del demone, e con l’agonizzante viso di Yabe, tagliato a metà dalmargine basso del quadro, mentre il suo corpo è trascinato con foga dal mostro.Quest’ultimo piano, una vera e propria “disinquadratura”, esprime bene il gustodell’autore per la frammentazione del corpo e il suo tentativo di creare una nuovaforma di relazione fra questo e l’ambiente. Un approccio alla descrizione delmovimento in rapporto alla staticità del soggetto (l’immobile smorfia del voltoe il dettaglio delle caviglie della vittima) che Tsukamoto ripeterà in Haze (2005), riproponendo una sequenzacostruita sugli stessi principi.   Daevidenziare nel film, che abbandona il contesto urbano, anche il ruolo dellanatura che, sia nella realtà, sia nella sua dimensione onirica, diviene fontedi vita, luce e reintegrazione del benessere, anticipando così un’operasuccessiva come Vital (2004). Sebbenesiano principalmente spunti, i passaggi dedicati alla componente naturale siaffacciano nel corso dell’opera in maniera continua: dalle tre inquadrature incampo lungo di spazi aperti e dai cromatismi accesi che contraddistinguonol’aggressione di Reiko ai danni di un coetaneo, al cielo terso che sovrasta ilprotagonista nella sequenza finale, Tsukamoto cerca con insistita frequenza unrapporto tra l’essere umano e l’universo che lo circonda. Allo spettro dellacommistione organica della carne e della materia si sostituisce dunque l’enfasidell’accostamento salvifico dell’ambiente, sovente traslato nella visione enella parziale purezza di Reiko. Consideratoall’interno dell’opera complessiva dell’autore, come vede bene anche Tom Mes(Tom Mes, Iron Man the cinema of Shin'yaTsukamoto, 2005, Fab Press), Hiruko,the Goblin, assumendo un punto di vista adolescenziale, mette in scena unaserie di personaggi che combattono contro la trasformazione come portatrice dimale e disfacimento, passando attraverso una situazione di disequilibrio chenecessita reintegrazione per ritornare alla normalità. È questa una posizionediametralmente opposta alla maggior parte dei film dell’autore, secondo i qualiil mutamento e l’intervento sul corpo, imprescindibilmente caratterizzato daviolenza e dolore, è l’unica via per raggiungere la consapevolezza di una nuovacatartica comprensione della propria esistenza. [Luca Calderini]

Yōkai hantā: Hiruko (Hiruko the Goblin)

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :