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You can’t bring me down

Creato il 23 luglio 2012 da Mcnab75

You can’t bring me down

E dire che avevo immaginato un luglio di tranquilla programmazione, tra recensioni leggere e qualche articolo consuntivo della stagione che va a chiudersi. Invece una serie di piccoli eventi e discussioni mi spingono a rivedere la scaletta, a spostare articoli e a stare sul pezzo. In fondo è bello così. Vuol dire che il blog è vivo e lotta con noi (cosa di cui tra l’altro non ho mai avuto dubbi).
Il post di oggi però è un po’ particolare. Personale, se vogliamo. Va a sfiorare quella categoria di libri che ho sempre evitato come la peste, ossia i manuali motivazionali. Come diventare il capo di te stesso. Oppure: Come vivere felici in dieci semplici lezioni. Come arricchirsi utilizzando Facebook. O peggio, ancor più roboante: Guadagna fiducia in te stesso!
Per fortuna la categoria la sfioriamo appena e per sommi capi. Il punto di partenza è questo: da settembre, come qualcuno già sa, mi piacerebbe fare qualche esperimento per monetizzare la mia passione per la scrittura. Il che non vuol dire vendere libri, bensì scrivere per siti, portali, webzine e blogzine disposte a pagare un tot ad articolo. Qualche contatto già ce l’ho, l’esperienza pure, idem lo stomaco per occuparmi di argomenti ben diversi da quelli di cui mi occupo qui su Plutonia Experiment.
Bene, direte voi, quindi dove sta il problema? Ve lo spiego subito.

Il problema sta in tutti quelli che mi stanno martellando le gonadi con il mantra: Ma che cazzo vai a fare, c’è la Crisi, basta pensare a queste stronzate, vai a spazzare le strade.
Variano i termini ma il concetto è quello.
Il punto è che sono frasi che arrivano da persone che dovrebbero avere interesse -almeno sulla carta- a fare il tifo per me. Il punto è anche che non sono logiche obiezioni fatte per il mio bene, bensì critiche preventive pronunciate col tono di un adulto che parla a un bambino.
Perché l’adulto è quello coi piedi per terra, che ha disimparato a sognare e ad avere ambizioni (seppur minime). L’adulto è quello che adotta un ciclo vitale ripetitivo e basato su solide certezze: siamo degli schiavi sociali destinati a lavorare in posti orrendi, a fidanzarci/sposarci con persone che non sopportiamo, e poi a morire.
Però sono -appunto- certezze.

La Crisi, poi. Come sostiene un vicino di cella del blog qui accanto, è l’ideale per governare un popolo che ha smesso di sognare e di alzare la testa, se non con stupidi banner piazzati su Facebook, magari mentre si vede il porno della Tommasi. La Crisi che diventa una scusa per giustificare qualunque cosa, soprattutto un’apatia che avvolge tutto e tutti, soprattutto in Italia.
No, ok, non saltatemi alla gola. Non sto negando nulla, non sto prendendo in giro nessuno. Ho il massimo rispetto per chi la Crisi se la sta beccando nel groppone. Oh, non è che qui da dove vi scrivo le cose vanno alla grande, eh… Intendiamoci.
Dico soltanto che sarebbe il momento di rivedere, in grande, molti meccanismi che ci hanno portato dove siamo. E che una cosa del genere può iniziare anche nel piccolo. Anche dal singolo
Qualche mese fa si parlava dell’Islanda come esempio virtuoso di rinascita dopo il crollo finanziario totale. Ovviamente è una notizia che hanno fatto passare sotto silenzio, perché dimostra che un’alternativa è dunque possibile, pur fatti i dovuti distinguo e tutte le considerazioni tecniche del caso. 

You can’t bring me down

Inoltre la gente è infastidita nel constatare che qualcuno ha un piano B (e magari anche un piano C) per trarsi d’impiccio. Piano che contempla creatività, smarcamento dagli schemi, ma anche rinuncia al superfluo, sia in negativo (soldi, stipendio fisso) sia in positivo (inutili e costosi spostamenti quotidiani, spese extra, mal di fegato dovuto alla convivenza con personaggi più o meno ignobili).
Una vita fuori dagli schemi. In tono minore, ma non sminuente. Più autogestita. Less is more.
Aggiungiamo anche che a molti pare perfino scandalosa l’idea di tentare di guadagnarsi il pane quotidiano occupando di cose così inutili come la scrittura, la comunicazione, la creatività. Perché se il mondo sta diventando un posto brutto dobbiamo per forza imbruttirci tutti con lui. Perché se una cosa non funziona (“la cultura non paga!”) non è lecito nemmeno tentare di cambiare questo trend, bisogna prenderne atto e abbassare drastricamente l’asticella delle nostre aspettative.
Il prossimo -spesso anche chi dovrebbe fare il tifo per noi- odia chiunque gli ricordi che si può giocare d’azzardo anche se non siamo più dei ragazzini. Lamentarsi è liberatorio, scarica tossine, ma non tentare mai di eliminare o ridurre la fonte delle lamentele è dolo puro e semplice.

Alla fine di tutto questo sfogo non ho problemi ad ammettere che eventuali cambiamenti (anche radicali) della mia vita sono tutti da stabilire e da decidere. Magari non se ne farà nulla, magari sarà un percorso lento e accidentato. Ricevere bastonate ancora prima di cominciare mi fa però capire la proporzione della devastazione mentale che c’è là fuori. E anche della rabbia che cova nel modo e nella direzione sbagliata.
Non è un bel panorama.


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