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You know I’ve tried but I’m still the same, I’ve got to do it my own way… Ovvero… Jessica Jones e i grandi doni del whiskey…

Creato il 22 novembre 2015 da Cineclan @cineclan1

Il problema con certe serie tv è che sono come alcuni amori… Arrivano sempre al momento sbagliato! O forse arrivano quando ne hai più bisogno… Solo che non lo sai che ne hai bisogno e ti scombinano le idee e le budella. E giustamente per la famosa legge appena illustrata Netflix ha lanciato Jessica Jones venerdì e noi abbiamo passato le ultime 48 ore in un binge watching angst, talmente angst da doverci ancora riprendere.

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Jessica Jones è puro, inesorabile, imprescindibile angst in puro stile Marvel. Sul versante DC Comics, l’unico che raggiunge certe vette è Batman e infatti è il nostro supereroe preferito. Ecco, in comune con il Cavaliere Oscuro, Jessica condivide il complesso di colpa del sopravvissuto e un piccolo disturbo post traumatico da stress. La serie tv muove le fila dal fumetto originale (Alias, 2001), ma si discosta ben presto da esso per raccontarci la propria visione di Jessica Jones.

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Non è un’eroina, Jessica Jones. E’ solo una donna “dotata” che tenta di sbarcare il lunario. In fin dei conti siamo a Hell’s Kitchen, New York, la città che non dorme mai, e se non fosse per l’ambientazione contemporanea, nulla in Jessica o in questa New York ci toglierebbe dalla testa che siamo in un classico noir alla L.A. Confidential del miglior Ellroy. Jessica ha tutte le “stigmate” dell’investigatore privato: beve, fuma (anche se solo nel fumetto, perché il fumo oramai è bandito dalla tv… Dannati salutisti!), è un’attaccabrighe e non ha nessuna intenzione di salvare il mondo. Eppure… Eppure la più bella definizione di Jessica viene affidata alla voce profonda di Luke Cage, l’unico uomo con cui Jessica riesce a essere realmente se stessa: “Jessica Jones, sei un’ubriacona iraconda e incasinata, ma non sei una stronza“. Ecco, su questa frase noi ci siamo sciolte in lacrime amare e angst, perché quando sei un po’ borderline e insicura e i demoni del passato ti attanagliano l’anima, il sonno e la veglia, beh… Sentirsi dire certe cose fa sempre piacere…

You know I’ve tried but I’m still the same, I’ve got to do it my own way… Ovvero… Jessica Jones e i grandi doni del whiskey…

Ma soprattutto Jessica Jones è una serie tv profondamente femminista, di quel femminismo che ci fa urlare “girl power” a ogni piè sospinto come non ci capitava dai tempi di Buffy e di Veronica Mars. E proprio come in Veronica Mars, i più profondi sentimenti di Jessica ci vengono narrati dalla sua voice over che puntella la narrazione senza essere mai invadente, portandoci all’interno del suo più profondo sentire… Ed è un caso che Jessica sia interpretata da Krysten Ritter ovvero l’odiatissima Gia Goodman, compagna di classe di Veronica Mars? Sì, ma a noi piace pensare che ci sia un dio delle serie tv che muove i destini di noi telefilm addicted! E la Ritter ci ha talmente conquistati nei panni di Jessica che ora le vogliamo anche un po’ di bene… Perché noi fangirls siamo capaci di grandi amori e grandissimi odi, ma anche di rivedere le nostre ferree posizioni quando vogliamo… 

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E vogliamo parlare del grande villain di questa stagione? Quel Kilgrave interpretato da un David Tennant in stato di grazia, capace di farci commuovere e di farci provare compassione per uno stalker psicopatico e manipolatore? Sì, perché come sempre nell’universo Marvel, i cattivi non sono nati cattivi, lo sono diventati. Anche loro sono stati bambini… E vittime a loro modo.

Ma forse l’unica cosa che potrebbe descrivere al meglio Jessica Jones è un quadro. L’unica immagine personale che ha appeso alla parete della sua camera da letto. Nella sua frugalità, nel suo menefreghismo, Jessica ha sentito la necessità di appendere una sola immagine nel suo appartamento… ovvero  un dipinto del 1917, Donna seduta con ginocchio alzato di Egon Schiele.

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« L’Arte non può essere moderna, l’Arte appartiene all’eternità. »
(Egon Schiele, Diario del carcere, 22 aprile 1912)

Espressionista, tormentato, talento precoce a metà strada tra il suo maestro Klimt e il genio di Van Gogh, Egon Schiele ha rivoluzionato l’arte del ‘900 con l’intensità espressiva, l’introspezione psicologica e il disagio esistenziale che trasuda dalle sue opere. Potremmo arrivare ad affermare che tutte le donne di Schiele sono le antenate di Jessica Jones: donne intense, altere e sicure di sé con corpi asciutti e taglienti. Il tratto rapido, nitido e secco non ammette ripensamenti e traccia le linee di anime alla deriva, malinconiche e inquiete. Il dolore e la sofferenza trasudano dagli sguardi di queste donne infantili e disinibite in perenne conflitto con il mondo e la società, quel modello borghese che le vuole imbrigliate e costrette in ruoli che non sentono propri. Ed è questa tensione sessuale e psicologica, questo dilemma etico e morale tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, tra il bene e il male che anima Jessica Jones ed è da questi contorni emozionali che nasce l’impatto violento e forte che l’arte di Schiele e Jessica Jones hanno sullo spettatore.

« Odio gli addii… Di solito mi limito a scomparire. »
(Jessica Jones)


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