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"You Really Should See These" - Day 2: Fantascienza

Creato il 14 febbraio 2012 da Elio


La seconda classifica è distante in termini temporali di appena qualche anno dalla prima. La fantascienza ha infatti segnato gli anni '50 al punto di imporsi in maniera indelebile nella memoria cinematografica. Ha spinto produttori, sceneggiatori e registi e creare una quantità enorme di pellicole. È la decade d'oro del genere, del resto, tanto che ben più di un titolo è ormai storia del cinema. Al tempo avranno certo meravigliato e in termini visivi e in termini emozionali, ma visti oggi riescono comunque ad ammaliare lo spettatore con atmosfere meravigliose, con una qualità indiscutibile, ma anche con quel magnetico posticcio capace di renderle così uniche.

7) "La Cosa da un Altro Mondo" (The Thing From Another World – 1951)
Diretto ufficialmente da Christian Nyby ma dalla regia del tutto simile a quella di Howard Hawks, per molti il vero regista della pellicola. La mano di quest'ultimo, infatti, è evidente anche nella gestione narrativa, che è serrata come poche. I dialoghi sono veloci al punto di sovrapporsi spesso, tanto che in Italia inizialmente non volevano neanche doppiarlo; sono proprio quei dialoghi che dettano i tempi fin dalle prime battute e che permettono allo spettatore di non allontanarsi mai dal racconto. Imprescindibili in questo senso anche gli ambienti stretti e claustrofobici della stazione in cui ci si ritrova a fronteggiare il mostro  - ottime, a tal proposito, le soluzioni registiche durante gli scontri con la creatura - e quelli innevati e ghiacciati del polo nord. Anche se ritenuto uno dei migliori in assoluto, in questa classifica occupa l'ultima posizione perché al di là dei pregi evidenti, mostra a mio avviso una certa debolezza a livello empatico, forse proprio per quel ritmo serrato che non si sofferma troppo su atmosfere e personaggi.
6) "L'Esperimento del Dottor K" (The Fly – 1958)
Tra le pellicole che hanno rifiutato la struttura classica della fantascienza del periodo, quella di Neumann è forse la più importante. Non solo si distacca dallo stereotipo ma non si preoccupa nemmeno del ritmo. È in realtà, infatti, un film drammatico che dell'horror fantascientifico ha solo la maschera. Non vi sono minacce alla terra, ma neanche ad un paesino, né sono presenti isterie di massa o lotte per la sopravvivenza. Ad assumere un ruolo di primo piano è al contrario l'introspezione, che non a caso è totale; ogni passo che la sceneggiatura compie verso l'inesorabile assume quindi uno spessore affatto indifferente, rendendosi sentito e credibile in termini emozionali. Nonostante la pellicola si svolga unicamente tra il laboratorio del protagonista e le altre stanze della casa, molte sequenze sono notevolmente forti, come la ricerca della mosca bianca o, soprattutto, un finale che nel suo essere la vetta emotiva dell'intera pellicola riesce a disturbare anche ad anni di distanza. Da vedere assolutamente.
5) “Il Pianeta Proibito (The Forbidden Planet - 1956)
Impossibile non inserire tra i migliori il film di Wilcox. Uno dei pochi realizzati in technicolor e l'unico in grado di incantare visivamente anche mezzo secolo più tardi. E a scriverlo è una persona che queste pellicole le preferisce di gran lunga in B/N. Il pianeta del titolo ad oggi appare ancora futuristico e nonostante gli anni gli effetti speciali e le soluzioni estetiche non appaiono troppo posticci, pur essendo percepiti chiaramente come tali. La sceneggiatura dal canto suo risulta avvincente e affatto semplicistica, pur con qualche parentesi evitabile ma probabilmente obbligata come quelle sentimentali. Poca roba, comunque, perché la pellicola funziona, e funziona davvero bene.


4) “L'uomo dal Pianeta X (The Man From Planet X - 1951)
Ma come? Di nuovo un b-movie tra i grandi? Sì, e sempre di Ulmer. Il regista di origini austriache, infatti, impone appena 6 anni dopo “Detour”la sua presenza anche nel genere più rappresentativo (insieme al poliziesco) della decade successiva. Questi suoi 70 minuti scarsi sono un innegabile gioiellino, capace di esaltare come poche volte le idee e la tecnica al contrasto con la quasi totale assenza di mezzi. È stato girato in appena 6 giorni, sfruttando quanto era rimasto di scenografie di pellicole precedenti (“Joan of Arc” del 1948), e ciononostante riesce a porsi a metà strada tra il fascino del b-movie e quello tipico della fantascienza del periodo, trasformando i limiti in punti di forza e restituendo una pellicola assai notevole, suggestiva e riconoscibile.

3) “Radiazioni BX: Distruzione Uomo" (The Incredible Shrinking Man - 1957)
Sarebbe degno di nota anche solo per la traduzione italiana del titolo, tra le più scandalose di sempre. Fortunatamente però ha ben altro da offrire, e non è difficile da credere dato che dietro la macchina da presa c'è uno dei nomi più importanti all'interno del genere. Arnold firma una pellicola in assoluta controtendenza che infatti non punta su alieni, mostri, astronavi e apocalissi, ma sull'uomo, con le sue paure e la sua quotidianità. Lo scenario non è che una casa come un'altra e che per il protagonista, sempre più piccolo, si trasforma in una prigione, i cui pericoli sono cose normalmente neanche degne di considerazione. Avvince ma si preoccupa nel contempo di dare spessore al racconto, con sequenze per il periodo eccellenti. Coerente e stupendo il finale.
2) “Ultimatum alla Terra (The Day the Earth Stood Still – 1951)
Il B/N forse più magnetico tra le pellicole di fantascienza di quegli anni. Rifiuta il volto negativo e ostile dell'alieno, tipico del periodo, e lo ritrae come un pacifista che minaccia un attacco laddove l'umanità porti al di fuori dei confini terrestri la sua guerra. La pellicola di Wise - che aveva tra le altre cose già diretto “The Curse of Cut People” e soprattutto “The Bodysnatcher”, entrambi prodotti da Val Lewton, colui che rese grande la serie B firmata RKO – capovolge quindi completamente la struttura classica e pone l'accento sull'uomo come minaccia. Al di là di quest'aspetto, tuttavia, “Ultimatum alla Terra” è per quel quel mi riguarda pura suggestione. È pregno di quelle atmosfere di cui si scriveva inizialmente nell'inquadrare il genere, ed è quindi fra i più rappresentativi e capaci di coinvolgere. Non è un caso che una delle frasi pronunciate all'interno dello stesso, che è poi anche il climax del racconto, sia si stata citata un po' ovunque.
1) “L'invasione degli Ultracorpi (Invasion of the Body Snatchers - 1956)
La pellicola sugli extraterrestri senza extraterrestri. È la più riuscita e al tempo stesso la più potente nel capitolo cinematografico di cui si scrive. Alla regia c'è un intoccabile, Don Siegel. La sua presenza è fondamentale non solo per ragioni prettamente tecniche ma anche per le sue preferenze in termini intreccio e narrazione. Tra le sue precedenti pellicole, “Il Tesoro di Vera Cruz” e “Rivolta al Blocco 11”; entrambe mostrano e puntano su un certo ritmo, e non disdegnano affatto l'azione. Caratteristiche queste ancor più accentuate nei lavori successivi. “L'invasione degli Ultracorpi” non poteva non aderire alle stesse e non è un caso che sfrutti alcuni aspetti strutturali propri di un genere suggestivo, empatico e avvincente come il noir. Il flashback in apertura, infatti, getta le basi per una ricostruzione che si rivelerà incalzante e che a sua volta sfrutterà una fotografia quanto mai fondamentale nel rendere quasi irreali le atmosfere. Racchiude spesso però le stesse all'interno di ambienti stretti e claustrofobici, suggerendo, più in generale, un'aurea negativa e pessimistica tipica anch'essa del noir. Di alieni, come si accennava inizialmente, non ce ne sono, se non negli sguardi spenti dei corpi rubati, tuttavia la tensione e l'angoscia sono palpabili, così come il fascino innegabile e ormai storico della pellicola.

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