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Regia: Paolo SorrentinoOrigine: Italia, Francia, Svizzera, UKAnno: 2015Durata: 118'Attori protagonisti: Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano, Jane FondaFred e l'amico Mick si ritrovano in un centro benessere per persone ricche in Svizzera. Entrambi fanno i conti con la propria vecchiaia. Fred però, a differenza di Mick ha ancora voglia di gridare al mondo la propria arte. Ha voglia di dare un'ultima volta dimostrazione del proprio talento.
Il film come era prevedibile ha diviso la critica in modo netto. C'è chi usa parole come “fesseria” e chi “meraviglia”. La verità quando si tratta di un opera dalle scelte così radicali non può stare nel mezzo. La verità sta nella porzione di target nella quale noi persone meglio scegliamo di stare. Perché è ovvio che i produttori del film pensavano a un target ben preciso al quale possiamo tranquillamente non appartenere. Io, Isaia Panduri, non sono una di quelle persone che si diverte davanti a Bay, a Muccino, a Ozpetek e a questo film qua.
Vi spiego. Io voglio tanto bene a mio zio Gino, ma purtroppo lui è un fanatico delle lezioni di vita. Di qualsiasi cosa tu stia parlando lui è lì pronto a darti la sua preziosa opinione, a raccontarti un aneddoto in proposito; quella volta in cui si è comportato come si deve, quell'esempio di come le cose della vita vanno prese. Ogni sua frase inizia con, “Isaia, devi capire che nella vita...”. Io vorrei ogni giorno ricevere lezioni, ma non le voglio scolpite sul marmo. Non le voglio da chi si pone su di un piedistallo. Non le voglio sopratutto da gente che cosa ha più di me e di te che stai leggendo? (I soldi) Niente. Come dice Mick stesso.
Fred e Mick stanno nel centro benessere senza fare niente. Nessun personaggio della pellicola fa niente. L'unico che fa qualcosa è il monaco tibetano che cerca di levitare, e cosa fa? Niente. Fred ha una bellissima figlia che non fa niente, appena lasciata dal compagno (figlio di Mick) perché poco abile a letto. Questo ci viene solo detto (magari una scena della Weisz sotto le lenzuola!). Insomma in Youth si parla soltanto di cose fatte e di cose che si avrebbe o non si avrebbe voglia di fare. Si parla di rimpianti, tema scelto furbescamente in quanto nervo scoperto di ogni essere umano. Ma si toccano TUTTI i grandi temi. In caso qualcuno in sala non ne avesse di rimpianti. Se ne parla fino alla nausea attraverso aforismi, frasi ad effetto, citazioni altissime, dialoghi e monologhi che si vorrebbero intensi. E non è solo l'arroganza a dare fastidio, ma è l'incoerenza di molte affermazioni. Tutti hanno in almeno un dialogo il proprio momento di gloria, mantenere l'equilibrio tra le conversazioni “vinte” e “perse” da ogni personaggio è quello che conta davvero per Sorrentino.
Visivamente il film è straordinario. È un'infinita pubblicità di Dior, un infinito videoclip di Breath dei Telepopmusik. Se i protagonisti non svolgono nessuna azione gli altri che popolano il centro benessere DAVVERO non fanno niente. Non parlano, non respirano, non si muovono o si muovono stanchi o con movimenti automatici (in una scena una ragazza del personale del centro fa da tornello, fungendo da guida all'interno di un percorso banalissimo. I corpi nudi sono delle macchine in coda, con all'interno un pilota ormai incapace di condurre il proprio corpo anche attraverso i percorsi più semplici). Sono poco più che manichini, sono tutti vecchi o sgraziati o squallidi. La poetica della caducità delle cose nel nostro millennio potrebbe avere queste immagini (non originalissime magari, ma almeno parlano di qualcosa).
Si è sollevato in giro il tema del dualismo “forma & contenuto”. Per Lee Marshall in Youth “la forma è sostanza”. Ma cos'è la forma e cosa è la sostanza? Questo è un film ben scritto per il linguaggio forbito? Pensare a una serie infinita e sconnessa di frasi da Smemoranda senza mai occuparsi di inserirle in una narrazione (o di creare una narrazione) può chiamarsi scrivere? Ammettiamolo, una puttanata come “nella vita ho capito che esistono i belli e i brutti, nel mezzo ci stanno i carini” l'avremmo tollerata da Fabio Volo? La scrittura di un film ne costruisce la forma tanto quanto la regia, o no?
Le statuette dell'Accademy non sono quasi mai solo un premio al merito. Spesso si tratta di lanciare un personaggio, si tratta di capire bene su cosa investire. E Sorrentino sapeva d'essere solo carne da macello per i produttori americani. Non sappiamo quanto sia stato libero di agire e quanto venga dal cuore. Sappiamo però che quelli che erano considerati dalla critica più schizzinosa i difetti maggiori de La grande bellezza (l'eccessivo barocchismo e la verbosità. Elementi di disturbo presenti ma marginalissimi) sono ora le caratteristiche salienti di Youth. A noi l'arte su commissione piace, a noi di Ladri non interessa che il film sia 100% d'autore o particolarmente sentito da parte del regista. A noi interessano i bei film. E Youth è un film furbo, è una pellicola diretta da dio, come diretti da dio sono gli spot dei profumi e delle auto. Il fatto è che qua si vende solo fumo.
Isaia Panduri
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