Francesco Barbi
Francesco Barbi è nato a Pisa nel 1975. Laureato in Scienze Fisiche, è insegnante di matematica e fisica nella scuola superiore.Da sempre inventore e costruttore di storie, scrive per dar voce ai suoi personaggi interni, imbrigliare e condividere le sue “visioni”.Sitoweb: http://www.francescobarbi.it/
Blog: http://lacchiapparatti.bcdeditore.it/
Zaccaria l’acchiapparatti:
1. L’acchiapparatti (isbn:9788860736529)
2. Il burattinaio (isbn:9788866201038)
Entrambi i romanzi sono autonclusivi ma, per comprendere bene il sequel, è bene aver letto il primo, ovviamente.
Titolo: L’Acchiapparatti
Autore: Francesco Barbi
Serie: Duologia di Zaccaria l’Acchiapparatti, n°1
Edito da: Baldini Castoldi Dalai
Prezzo: 18,50€
Genere: Young/Adult Fantasy; Magia (poca)
Pagine: 480 p.
Voto:
Trama: Pochi a Tilos conoscono il nome di Ghescik. Lui è soltanto il becchino, l’ometto gobbo e storpio che vive al cimitero, ai margini del paese. Pochissimi sanno che coltiva una passione insana per la feldspina e gli scritti antichi. Solo lo strambo acchiapparatti gli è amico.
Notte fonda. Al sicuro tra le mura della casa-torre diroccata, Zaccaria sta rimproverando uno dei suoi gatti quando qualcuno bussa alla porta. Il becchino si presenta con un libro rilegato in pelle scura, che sostiene di aver vinto grazie a una scommessa con lo speziale. Risale a epoche in cui la magia non era stata ancora messa al bando e sembrerebbe contenere le memorie di un defunto negromante. Ghescik non fa parola dello strano diadema rinvenuto in un sotterraneo della «torre maledetta», ma ha un solo modo per scoprire se certi suoi sospetti sono fondati: far tradurre il libro a Zaccaria che, inspiegabilmente, ha sempre avuto grandi doti come decifratore delle lingue arcane…
Inseguiti dagli sgherri dello speziale, becchino e acchiapparatti verranno catapultati nei meandri di una vicenda terribile che non coinvolgerà i soliti eroi, ma una compagine di personaggi inconsueti: un cacciatore di taglie sfigurato, una prostituta dalle molte risorse, un gigante che parla per proverbi sgrammaticati e una schiera di feroci tagliagole. Ma quale legame esiste tra il misterioso diadema e la terrificante creatura rinchiusa da secoli nelle segrete di Giloc?
Recensione
by Nasreen
In moltissime recensioni riguardanti L’Acchiapparatti ho avuto modo di leggere la frase “Francesco Barbi è uno dei migliori scrittori di fantasy italiani”. Dopo aver letto, finalmente, il suo libro devo ammettere che avevano ragione. A tutti gli effetti L’Acchiapparatti (e sto parlando della nuova versione editata e ricorretta) è uno dei migliori libri fantasy italiani usciti negli ultimi anni, senza dubbio.
Per quanto riguarda la trama possiamo dire che in se per se non presenta caratteri assolutamente innovativi o rivoluzionari. Perfino l’elemento “MAGIA”, per quanto si tratti di un fantasy, non è predominante.
Quello che è, a tutti gli effetti, “speciale” in questo romanzo sono i personaggi. Personaggi lontani anni luce dai luccicanti e invincibili super eroi che imperversano nella maggior parte del panorama fantasy italiano e internazionale, personaggi pieni zeppi di difetti e tracciati con sicurezza e precisione. Caratterizzati al massimo, dopo pochi capitoli siamo praticamente in grado di riconoscerli basandoci solamente sul loro registro lessicale, che non è poco. Credetemi. Abbiamo lo storpio e scontroso Ghescik. Lo stolto (ma forse neanche troppo) Zaccaria, il terribile Mietitore… E come non nominare lo sfregiato cacciatore di taglie? Tutti perfettamente opposti agli stereotipi, tutti un po’ estremizzati e lievemente vicini al grottesco ma mai banali o noiosi. Assolutamente un “cast” vincente di protagonisti ben fatti.
Lo stile dell’autore è assolutamente coinvolgente, pulito e attento. Francesco Barbi scrive bene, e non è una frase buttata là, tanto per dire, visto che ormai il rapporto capacità/pubblicazione non è più rispettato da molte case editrici pur di far “numeri” a fine anno seguendo le mode del momento. Quindi sì, ribadisco, Barbi scrive bene, con la giusta dose di azione e descrizione e con uno stile semplice ma avvincente. Le sue ambientazioni sono descritte magnificamente e minuziosamente e le scena d’azione sono “vissute” dal lettore minuto per minuto. Nessun deus ex machina buttati là, a risolvere le situazioni impossibili, e zero bloopers.
Infine, avendo potuto dare un’occhiata alla vecchia versione del libro, posso dire che lo stesso aspetto fisico del libro è nettamente migliorato. Assolutamente bella la copertina che da un tocco di elegante contegno al libro che sembra dire “Non ho bisogno di strass e glitter, io” e perfetta impaginazione che non cerca di “aiutare” (diciamo così) il lettore con un font a 16pixel pur di riempire 600 pagine. Prezzo, a mio avviso, esoso per un opera d’esordio (anche se vogliamo puntare sul fatto che è una seconda edizione la questione non cambia, anzi) di un autore, ancora, non rinomato. Anche se tutto sommato 18,00 € è un prezzo esoso per qualunque libro. Stop.
In conclusione posso dire di essere decisamente felice di aver avuto la possibilità di leggere questo libro che, già da qualche tempo, stavo osservando ogni volta che passavo in libreria pur non decidendomi ad acquistarlo. Francesco Barbi, almeno per chi segue leggermente la narrativa fantastica italiana, non è più da tempo un nome “sconosciuto” proprio grazie al suo “L’Acchiapparatti” e tutto sommato, per una volta, dobbiamo prendere atto che la sua fama è del tutto meritata.
Titolo: Il Burattinaio
Autore: Francesco Barbi
Serie: Duologia di Zaccaria l’Acchiapparatti, n°2
Edito da: Baldini Castoldi Dalai
Prezzo: 20,00€
Genere:Adult Fantasy, Fantasy Classico
Pagine: 526 pag.
Voto:
Trama: L’Oracolo, sopravvissuto sette volte al Tocco della Luce, ha predetto la caduta del Regno di Olm. L’Arconte Ossor, uno dei pochi che ancora credono nel potere del chiaroveggente, torna a consultarlo e si convince che l’imminente catastrofe sia in qualche modo legata alla scomparsa del mostro di Giloc, precipitato quattro anni prima in circostanze misteriose sul fondo di un crepaccio nelle lontane Terre di Confine.
Un manipolo di Guardiani dell’Equilibrio, inquisitori incaricati di reprimere ogni forma di eresia e stregoneria, parte da Olm per far luce sulla vicenda. È il loro capo, l’Indice, a sovrintendere alle operazioni per la riesumazione del mostro e a condurre le indagini circa la comparsa di un presunto stregone. Schiavo della spinavera e spietato, raccoglie voci e dicerie, interroga e tortura i paesani per scoprire l’identità e la dimora di colui che cerca. Fiuta e segue le tracce dell’acchiapparatti di nome Zaccaria fino a Ombroreggia, dove lo cattura e lo rinchiude in un gabbiotto di ferro per condurlo a Olm. Ma Zaccaria ospita in sé un terribile segreto. Ci sono giorni in cui il gobbo parla attraverso di lui. Ci sono giorni in cui è un terzo ad abitarlo…
Molti altri personaggi saranno trascinati nel viaggio attraverso e oltre le Terre di Confine, verso Olm: Gamara, il cacciatore di taglie accecato dalla sete di vendetta; i due bambini Steben e Nodo, incatenati sul carro del raccogli-orfani; Orgo il gigante, in cammino dietro di loro; la strega strabica con la procace figlia adottiva e l’amica ex-prostituta, unite nel disperato tentativo di salvarsi e di salvare Zaccaria. Tutti protagonisti, tutti ignari di essere pedine nelle mani del burattinaio. Non è un caso che il mostro in decomposizione, nascosto su una chiatta, venga condotto via fiume nella stessa direzione.
Il burattinaio aspetta da lungo tempo. Ha concepito un piano diabolico.
«Vedi Malachia,» Steben indicò il cielo,
«i pensieri pecorelle cercano un pensatore pastore per essere pensati.»
Il piccolo rimase qualche istante in silenzio. Poi domandò:
«E come si trova un pensatore?»
«Pensando. Pensando si crea il pensatore.»
Recensione
by Nasreen
Come nei film, anche nei libri, è difficile trovare un sequel che sia in grado di far esclamare un secco “È perfino migliore del primo!”, ovviamente quando il primo romanzo rasenta quasi la perfezione come nel caso de L’Acchiapparatti di Francesco Barbi.
Con Il Burattinaio, Barbi torna e ci presenta un nuovo corposo e fantastico capolavoro che, nonostante le sue 524 pagine, cattura l’attenzione del lettore fin dall’inizio e non ti lascia fino all’ultima parola.
Della serie: “non chiamatemi, non cercatemi, non telefonatemi e non scocciate: sto leggendo!”.
A discapito di quello che si potrebbe pensare, L’acchiapparatti e Il burattinaio sono due romanzi di fantasy classico diretto ad un pubblico per adulti, e non nel senso erotico del termine. Molto più semplicemente – e dopo questo sequel ne siamo sempre più convinti – è sicuramente più semplice per un adulto cogliere il massimo di ogni sfaccettatura di questo romanzo di impronta medievale.
Niente vampiri, licantropi o fatine più o meno perfide, qua si parla di fantasy puro. Una delle massime espressioni del fantasy nostrano, oseremmo aggiungere. Uno di quei pochi libri che, una volta chiusa l’ultima pagina con l’anima colma di un’inquietante senso di perdita ed euforia allo stesso tempo, si arriva perfino a sperare che ci sia un altro sequel. E nell’attuale mondo editoriale, che è soverchiato e saturo di trilogie e saghe infinite, questo lascia intendere chiaramente che, Il Burattinaio, è un romanzo che conquista.
Sono passati quattro anni dalla scomparsa del Boia di Giloc, ma le cose sembrano non essersi ancora risolte. L’Oracolo, su richiesta del conte Assor, profetizza la caduta di Olm a causa della comparsa di un misterioso stregone e, ovviamente, la catastrofe sembra essere legata indissolubilmente alla sorte del Necromorteno.
I Guardiani dell’Equilibrio (inquisitori) vengono quindi inviati ad investigare sull’effettiva fine della creatura che anni prima era scomparsa in un crepaccio nelle Terre di Confine.
A capo di questi inquisitori c’è l’Indice, spietato e scaltro, che non impiegherà troppo tempo prima di “fiutare” una pista che lo porterà inevitabilmente sulle tracce di Zaccaria, riuscendo alla fine a catturarlo. Solo che Zaccaria ha in sé molto più di quel che sembra a primo impatto, è molto diverso dallo Zaccaria che abbiamo conosciuto ne L’Acchiapparatti, e il viaggio di ritorno sarà tutt’altro che semplice…
Come sempre il punto di forza del romanzo sono i personaggi che spiccano come piccoli diamanti lucenti nonostante le imperfezioni. Ognuno di questi è “protagonista” unico ed inconfondibile, e soprattutto in grado di descriversi e farsi ricordare (anche grazie ai loro unici modi di “parlare”) anche senza che l’autore ce li descriva, non serve, le loro peculiarità emergono prepotentemente fra le righe de Il Burattinaio.
Gamara, il cacciatore di taglie; l’Orgo gigante, i due bambini Steben e Nodo, Teclisotta, Frida, Guia, il raccogli-orfano Medoro… Chi è preda e chi inseguitore? Chi o qual è il vero pericolo che pende sulle teste di tutti?
Nulla è come sembra perché, infatti, dietro le quinte a muovere le fila di tutti loro c’è Lui, il Burattinaio. Colui che sembra muovere, spingere e innescare tutte le azioni – e le conseguenti reazioni – di ogni scelta fatta da ogni personaggio dove il confine fra provvidenza, destino, predestinazione, magia e premeditazione sembra sfumare lasciandoci nelle mani di una serie di inspiegabili fenomeni che nulla hanno a che vedere con colpi di bacchetta o creature fantastiche che accorrono a salvare magistralmente le situazioni.
A differenza del primo romanzo dove la storia veniva raccontata in maniera diretta e lineare, in questo sequel è possibile individuare vari filoni che si accostano, intrecciano o perfino mai si avvicinano ma tutti contribuiscono inesorabilmente a spingere la trama dove vuole l’autore, il “vero” burattinaio di questo immenso mondo da lui creato con tanto amore e passione.
Un mondo dove sono presente tutte le gamme di grigi possibili ed immaginabili, dove nulla è bianco o nero ed in cui il bene e male non sono mai due fazioni chiare e definite. Non c’è un eroe, niente cavalli bianchi o principi vampiri redenti alla Luce del Bene. In questo romanzo l’umanità (per quanto possibile) di ogni personaggio traspare dai loro difetti, da quei pregi che ammettono solo controvoglia e da tutti quegli errori che commettono per far del bene e di quelle buone azioni che son il fortunato frutto delle loro malefatte.
Abbiamo fra le mani un romanzo ben fatto, straordinariamente ben narrato e scritto con cura. L’humour nero che pervade ogni pagina ci fa sorridere, ma anche riflettere. Sembra quasi che la razionalità e la follia siano solo punti di vista di un’insieme; come la stessa follia di Zaccaria che possiede una saggezza quasi inquietante. O la razionalità dei Guardiani che si avvicina chiaramente alla follia pura.
Un libro unico, che merita di essere letto e sicuramente ben lontano da ogni fantasy puramente commerciale, questo è Il Burattinaio. Lontano dai cliché, dalle figure fantastiche nordeuropee, o della cultura fantasy americana: questo è fantasy italiano, signori.