Cosa dire? Mi sono imbattuta per caso in questo romanzo. Spinta più dalla bellezza della cover e dal titolo, ho deciso di acquistarlo.
Mi son detta: costa così poco, cosa vuoi che sia. Al peggio avrò una recensione negativa da scrivere.
E invece sono rimasta piacevolmente sorpresa. Come il titolo lascia intuire, il racconto è la rivisitazione de la favola di Hans Christian Andersen “Il soldatino di piombo”, favola che ho amato tanto, assieme “al Baule Volante”, “la Principessa sul pisello” e altre. Non ero affatto un’appassionata dei Grimm.Fatto sta che la fiaba è stata stravolta, ricollocata in uno spazio tempo diverso, proiettato in un futuro post- apocalittico e classista, riadattando i personaggi, che da semplici giocattoli, divengono persone in carne e ossa… e beh, e anche qualcos’altro.
Il significato, o meglio i messaggi di fondo rimangono pressoché identici, i valori forti che superano ogni ostacolo, i sentimenti che vincono qualsiasi male.
Solo che il nostro autore, rispetto a H. C. Andersen, umanizzando i protagonisti, aggiungendo anche altri personaggi “vivi”, ha costretto in un certo senso il lettore a immedesimarsi in uno piuttosto che in un altro, soffrendo talvolta con loro, affezionandosi e rimanendo di stucco dinnanzi a un finale delicatissimo e sofferto.
La trama risulta molto più articolata della favola originale. Come ho accennato prima, molto più realistica e struggente. Si comprende durante la lettura che a scrivere è comunque una persona che ha un certo background scientifico alle spalle. Eppure tutto risulta dosato al punto giusto.La sensazione che ho avuto è stata quella di camminare in punta di piedi su un filo di seta. Questa l’immagine che visualizzo se ripenso a questa splendida fiaba.
La trama funziona, l’ambientazione futuristica, in una ipotetica metropoli di un nord Europa dall’aspetto totalmente cambiato, risulta credibile e in linea con alcune teorie che vedono in un futuro prossimo (ma non troppo, spero!) un surriscaldamento mondiale.
Così l’autore mescola favola e attualità, accennando senza alcuna pretesa, e con leggerezza a problematiche che ci riguardano da vicino.
L’Impero dell’Orso e La Confederazione di Stati Indipendenti di Eurasia del Nord sono, secondo me, la potenza Russa (non so se l’autore conosca o meno Nostradamus, ma in una sua profezia si fa riferimento alla Russia come all’Orso), e la Confederazione sarà la fascia nord dell’Europa che qui troviamo con il nome Eurasia.
La provenienza stessa della protagonista, di origini Aithaliche, mi fa pensare che Zama sia italiana, che il luogo da cui proviene sia Aιθαλία (Aithalìa), nome greco che veniva usato per definire la nostra penisola: Aith significa fuoco, probabilmente riferito alle attività vulcaniche della penisola, o forse l’autore usa questo termine proprio in riferimento al “surriscaldamento” e al “fuoco” che ha reso inabitabili tutte le nazioni a sud del mondo.
Così come la metropoli in cui si svolgono le vicende, quasi certamente si tratta di Copenaghen, pur se con i molti canali presenti mi ricorda anche la bella Venezia del nord: Stoccolma, anche se la presenza del Copenaghen Opera House sembra non lasciare alcun dubbio in merito. Per certo lo scenario descritto è ben lungi dall’essere simile alla città come è attualmente.Ho amato molto Emanuelle, chiamata “Nuelle”, un personaggio ben caratterizzato, che nonostante non sia protagonista, riempie comunque le pagine con la sua delicata presenza. Zama ovviamente (lasciatemi passare questo banale avverbio) è bellissima. Un personaggio enigmatico, una traceuses, una farfalla che danza nell’aria, sui fili aggrovigliati di una caotica metropoli, e di un destino a tratti crudele. A quanto pare l’autore è un amante del Parkour, visto che ciò che descrive sembra proprio questo tipo di sport, e infatti i praticanti vengono proprio detti tracciatori (traceurs), o tracciatrici (traceuses) al femminile.
Anche Mark, il nostro soldatino di piombo è un gran bel “character”, e in ogni modo, tutti i personaggi crescono dall’inizio alla fine del racconto. E ho apprezzato molto la capacità dell’autore, di riuscire a far evolvere e maturare dei personaggi in così poche pagine, senza traumi per il lettore, senza vuoti e senza salti temporali eccessivi.
Insomma, sono davvero entusiasta di questa nuova scoperta, spero che quest’autore non cada nel dimenticatoio, regalandoci altre mirabili favole.
Vincenzo Maria Malatesta, sin da bambino era appassionato di robotica e fantascienza. Amava smontare le cose per capirne il funzionamento, sognava un mondo dove scienza e biologia andassero a braccetto. Sognava la biomeccanica. Dopo aver svolto studi presso la scientifica in Italia e all’estero, non trascura mai la sua passione verso la poesia, la scrittura e la musica. Violinista mancino, Vincenzo Maria reputa scienza e arte due emisferi dello stesso cervello. Ha scritto vari testi scientifici e vanta molte pubblicazioni e citazioni, ma ha voluto comunque intraprendere il mondo della letteratura di genere.