- [...] Gli artisti, che vuole, spesso è così. Quando hanno una trovata, la sfruttano fino all'osso. Certo siamo tutti un po' così, ciascuno nel suo genere.
- Io no, - disse Trouscallion con semplicità. - Io, le mie trovate, le cambio sempre.
- Perché non ha ancora trovato quella buona. Ecco: lei sta ancora cercando. Ma quando avrà raggiunto un vero risultato, si fermerà [...].
È questo che rende piacevole la lettura di Queneau, le strizzate d'occhio al lettore sul proprio ruolo di scrittore, che rendono ancora più ironico il ritornello del pappagallo Laverdure: "Chiacchieri, chiacchieri, non sai far altro" (e scopriamo, in un solo punto del testo, che in realtà il pennuto è anche in grado di dire altro: "Non si capisce né l'hic di questo nunc, né il quid di questo quod", quindi sceglie di accusare chiunque - autore incluso, a questo punto - di chiacchierare a vuoto).
I modelli letterari sono stravolti e parodiati: in due punti è l' Amleto a essere bersagliato: "Chi altrimenti sopporterebbe i colpi della sorte e le umiliazioni di una bella carriera, gli imbrogli dei droghieri, le tariffe dei macellai [...]", e poi ancora "L'essere o il nulla, ecco il problema. Salire, scendere, andare, venire [...]". I personaggi si confondono, i luoghi sono incerti e Zazie dichiara, a un certo punto: "Siamo in troppi".
Più che la storia di una ragazzina giunta a Parigi in visita dallo zio e a cui uno sciopero impedisce di vedere la metropolitana, salvo viaggiarci nel sonno alla fine del viaggio, questo libro è, prima della stesura di Icaro involato e dei Fiori blu, ma dopo gli Esercizi di stile, una riflessione penetrante sul ruolo dello scrittore e del suo rapporto con i personaggi che, alla fine del libro, si disperdono nella galleria del metrò, ciascuno per la sua strada, in piena autonomia.
Carlotta SuscaR. Queneau, Zazie nel metrò, Einaudi, 188 pp., € 10,50.