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"Zelda" di Connie Furnari (racconto urban fantasy)

Creato il 16 settembre 2013 da Connie
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ZELDA



I

l faro si staglia imponente. È una forma quasi irreale, confusa nella nebbia che risale dall’oceano, opaca come l’ultimo barlume di un sogno. Alzo gli occhi verso l’alto e scorgo la luce che proviene dalla stanza in cima: quel bagliore appare ancora più potente del faro stesso. È il potere.Le mie gambe si muovono da sole, salgono le scale e mi guidano verso il fulgore accecante. Indosso abiti che non sono da me: pantaloni neri di pelle, top scuro scollato che lascia ammiccare il seno. Le mie orecchie sono bucherellate da orecchini e al collo porto un vistoso crocifisso gotico d’argento. I miei capelli neri, lunghi e lisci, hanno un’evidente ciocca viola.Mi sta aspettando e tra poco una di noi due morirà. O io, o lei stavolta. Apro la porta e mi ritrovo dentro una stanza circolare, la camera del guardiano del faro. C’è un fornello da campeggio poggiato su una mensola, un letto di ferro con una coperta, un armadio rosicchiato dalle tarme.«Finalmente sei arrivata, Sheila.» La ragazza mi sorride, spavalda. Pronuncia quel nome con accento derisorio. Indossa un paio di jeans e una camicetta rosa con decorazioni floreali. I capelli biondo oro sono legati in una coda di cavallo.«Non è il mio nome» ribatto seria e avanzo. «Io sono Zelda. Tu sei Sheila. Ricordalo.»Lei scuote il capo e una risata diabolica le sfugge dalle labbra. «Non avrei mai pensato che mi sarei divertita così tanto. Dimmi la verità, non ti aspettavi uno scherzetto del genere, vero?»Ai suoi piedi si allarga una pozza di sangue. Un uomo è sdraiato prono, la ferita sul fianco è profonda.La mia rivale dà un calcio al corpo esanime, con disprezzo. «Non voleva farmi salire e mi sono un po’ arrabbiata. Sai che ho sempre avuto un pessimo carattere.»Ha ucciso il guardiano del faro solo per capriccio. Oramai è incontrollabile.«Rendimi ciò che mi hai preso, Sheila» rimarco il nome con ostilità, per farle capire che sono ancora consapevole di essere me stessa.«Uhm.» Con superbia, comincia a camminare per la stanza. «Intendi questo?» Indica il suo corpo, il corpo che fino a pochi giorni prima era il mio. «Non sei poi un granché, hai i capelli con le doppie punte e un principio di cellulite sotto il sedere. Senza contare quel fastidiosissimo neo sotto le tette! Ma come hai fatto a sopportarlo in tutti questi anni? Non conosci nessun buon dermatologo?» Ride, divertita dalla certezza di avermi sotto controllo. Stropiccia la camicetta rosa. «Non hai idea di come mi senta ridicola. Sembro Skipper, la sorella scema di Barbie.»«Puoi tenerti il mio corpo» annuncio, cercando di sembrare risoluta. «Voglio l’altra cosa che mi hai preso.»«Ah, già che sciocca!» sghignazza ironica e si dà un lieve schiaffo sulla fronte. Si avvia verso l’armadio e gesticola con le dita. I due sportelli si aprono simultanei e rivelano cosa c’è dentro.«Paul» gemo, senza riuscire a trattenermi.È legato dentro l’armadio con delle corde, imbavagliato. Gli occhi esprimono i suoi sentimenti, ed è come se potessi leggergli nella mente.Ora sa che gli ho mentito, fin dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti.«Liberalo» le ordino.«Fammi riflettere.» Sheila beffarda alza gli occhi al cielo e infine risponde dondolando l’indice. «No, no!»Sospiro e abbasso il capo. «Ti darò quello che hai sempre voluto, però devi giurarmi che a lui non farai nulla di male.»«Oh, che romantico» risponde congiungendo le mani, fingendosi commossa. «Ti sei davvero innamorata di un mortale.» Si avvicina a Paul e lo annusa, lo bacia sul collo e la sua lingua scivola avida mentre lui cerca invano di allontanare il viso. «Del resto non posso darti torto. Sai, in questi giorni io e il tuo ragazzo siamo stati parecchio intimi e ho potuto constatare di persona le sue… potenzialità.»Mi sento esplodere di gelosia. Un senso di nausea mi attanaglia lo stomaco, ma non posso fare nulla se non assecondare il suo stupido gioco. È tanto pazza da ucciderlo soltanto per spingermi a usare i miei poteri.Vorrei strangolarla per aver pronunciato quelle frasi. Mi rifiuto di immaginare ciò che è successo. Quello che hanno fatto.Ma le immagini si insinuano, grazie al potere della mia rivale: evoca una reminiscenza.La vedo entrare nella camera di Paul, dalla finestra. Lui è sdraiato sul letto, annuisce col capo mentre ascolta la musica dall’iPod. Appena la vede strappa via le cuffie e la raggiunge.«Zelda, che ci fai qui?» chiede sorpreso. Per un attimo guarda verso la porta, forse ha paura che i suoi genitori siano in casa.Lei lo bacia. Gli si aggrappa al collo, poi lo stringe a sé con bramosia.Continuano a baciarsi e rimango a guardare la visione, ipnotizzata. Con le dita, Sheila comincia a percorrere i suoi jeans, fino a risalire sul torace. Paul si stacca da lei, stupito ma chiaramente eccitato. «Ma non avevi detto che era troppo presto? Che non ti sentivi ancora pronta?»La ragazza ride. «Ho detto una cosa simile? Tipico!» Gli accarezza il volto.Lo spinge sul letto e gli sale addosso, bloccandolo fra le sue gambe. Gli afferra i capelli e ricomincia a baciarlo.La visione sbiadisce, sfuma nella nebbia e scompare, dissolvendosi.«Non credo tu voglia vedere anche il seguito, giusto?» mi chiede lasciva. «Non voglio scandalizzare la tua innocenza di bambina.»Socchiudo le palpebre. Non ho tempo di pensare a ciò che è successo in quella stanza, la priorità è uscire dal faro nel più breve tempo possibile, senza rischiare la vita del mio ragazzo.«I patti erano chiari» annuisco. «Hai detto che se io ti avessi consegnato la mia magia tu avresti lasciato in pace Paul.»Sheila mi gira attorno. «Indovina un po’, bellezza! I miei piani sono cambiati.» Ride ancora, con presunzione. «Ho capito che preferisco vivere la tua vita piuttosto che la mia, quindi mi terrò il tuo corpo. Sono bionda e bella, la prima della classe, ho una madre che è fiera di me, e un ragazzo figo.»Accarezza i capelli castani di Paul, ma lui volta ancora il viso dall’altra parte. «Adesso mi odia perché ha scoperto il trucchetto dello scambio di corpi, ma dopo che ti avrò uccisa gli cancellerò la memoria e sarà di nuovo cotto di me, cioè di te… Ce la siamo spassata assieme. Sulle prime mi ha sorpreso, sembra così tanto un bravo ragazzo! Invece ci sa fare. È stato più sfrenato di quanto avessi immaginato.» Ancora una volta un fremito di gelosia mi rode. Infine cedo. È più forte di me, non riesco a resistere alle sue provocazioni.«Certo» rispondo crudele. «Perché entrambe sappiamo benissimo che senza un incantesimo, Paul non ti avrebbe neppure guardata.»Lei stringe le labbra, le mie labbra, e si avvicina infuriata. Dalla tasca posteriore dei jeans tira fuori un coltello a serramanico e lo fa scattare. «Ti sei sempre creduta migliore di me, Zelda. Hai avuto una vita più facile della mia, ma non ti è bastato. Volevi avere anche lui, solo perché io me ne ero innamorata. Hai sempre voluto togliermi ogni cosa.»«Non è vero, e lo sai. Avrei dato la vita per te, eri la mia migliore amica» la guardo negli occhi. «Finché non hai cominciato a giocare sporco.»Indietreggio, ha lo sguardo da pazza omicida. Ho avuto paura di lei molte altre volte, ma mai come in questo momento.Sheila stringe l’elsa del coltello, i suoi occhi sono spiritati e indemoniati. Non risponde, perché sa che ciò che dico è vero. Ci scrutiamo, pronte allo scontro, le nostre mani si illuminano di luce. Una di noi due vivrà, l’altra morirà.E quando la magia esplode, non posso evitare di ricordare il giorno in cui è iniziato tutto, poche settimane prima. Il mio sedicesimo compleanno.

Q

uella mattina andai a scuola con il solito, scarso entusiasmo.Appena sveglia mi ero ritrovata a levitare sul letto, segno evidente che la trasformazione era iniziata. Ogni strega, il giorno del suo sedicesimo compleanno, si ritrova a levitare tra il letto e il soffitto. Era successo anche a mia madre e a mia nonna. «Sei pronta per la festa, miss Zelda Blackmoon?» Un viso familiare mi venne incontro, davanti al portone del liceo.La ragazza indossava pantaloni neri di pelle e una camicia dello stesso colore, le orecchie straripavano di orecchini e una ciocca viola fluorescente spiccava sui lunghi capelli scuri.Sheila Carpenter era da sempre la mia migliore amica, la nostra Congrega viveva a Salem da intere generazioni. Da quando sua madre le aveva rivelato che era una strega però, era cambiata: vestiva new gothic, fumava nei bagni del liceo e frequentava i ragazzi dell’ultimo anno. Era diventata una outsider scatenata che non perdeva occasione di far infuriare i professori.Io, al contrario, ero rimasta la solita ragazzina ingenua che credeva ancora alle favole: la sera preferivo rimanere a casa a leggere, o a guardare la tv assieme a mia madre.Il mio vestito più trasgressivo era una t-shirt nera sfilacciata.La “festa” di cui parlava era la cerimonia d’iniziazione. Sheila aveva già avuto la sua tre mesi prima, quando aveva scoperto di possedere i poteri. Non vedeva l’ora che anch’io diventassi una strega a tutti gli effetti per poter folleggiare in giro per Salem e giocare tiri mancini a tutti quelli che avevano osato deriderci, quando eravamo matricole.«Guarda cosa ho imparato.» Alzò la mano e da un cespuglio sbucò fuori il muso di un gattino. Lo stava facendo levitare nell’aria.«Smettila, gli puoi fare male» provai a fermarla.Lei lo capovolse a testa in giù e iniziò a farlo girare su se stesso.Controllai la strada, per evitare che qualcuno ci vedesse usare la magia e anche io alzai la mano, provando a riportare a terra la bestiola. L’incantesimo non ebbe l’esito sperato.Il mio potere era troppo debole.Sheila si mise a ridere. «Ma che schiappa! Non riesci ancora a far levitare bene gli oggetti.»«Non è un oggetto, è un essere vivente» rimarcai.La mia amica sbuffò e lo lasciò cadere sulla strada. Il gattino sbatté la schiena, miagolò spaventato e scappò via. Lo aveva ferito.Certe volte Sheila era davvero insopportabile. Non era raro che giocasse con la magia al solo scopo di dimostrare, soprattutto in mia presenza, quanto era potente.Per il resto della strada non dissi nulla. Ero in ansia per la cerimonia, avevo paura di non essere all’altezza delle aspettative del clan. La mia magia era fiacca e a parte qualche trucco, non ero ancora capace di realizzare veri e propri incantesimi.Se Ecate non avesse accettato la mia preghiera, la Congrega molto probabilmente mi avrebbe allontanata dal gruppo. Già presagivo lo sguardo pietoso di mia madre, la quale di certo avrebbe detto che ci sarei riuscita il compleanno successivo.Arrivammo in orario al liceo, il corridoio era pieno di studenti e parecchi salutarono Sheila: era molto popolare, grazie al suo carattere brioso e parecchio disponibile, soprattutto con i ragazzi. Non passava sera che non la invitassero a uscire.Io avevo pochissimi amici, perlopiù ragazze della classe, ma era dovuto alla mia timidezza e al fatto di non sapere ancora conciliare la vita da strega con quella di adolescente.Non appena entrammo in classe, notai subito qualcosa di diverso.C’era un nuovo ragazzo. Per la sorpresa andai contro un banco e sbattei il fianco, facendo cadere a terra i libri che tenevo in mano. Li raccolsi imbarazzata.Lui mi guardò sorridendo e io ricambiai il sorriso. I suoi occhi erano di un nero così intenso che mi fecero paura, facendomi quasi indietreggiare. «E quello chi è? Roba notevole!» commentò subito Sheila. «Hai visto quanto è carino?» mi diede una pacca sulla spalla.Era seduto all’ultimo banco e già tre ragazze della classe gli facevano il filo.«È meglio eliminare subito la concorrenza» decise Sheila e partì ancheggiando.Sedetti al mio banco e rimasi con il capo abbassato, origliando quello che avveniva in fondo all’aula.Nel giro di cinque minuti, Sheila era riuscita a far allontanare tutte le altre corteggiatrici, in modo da avere la completa attenzione del nuovo studente. Quando il professore entrò, lei ritornò a sedersi accanto a me.«Si chiama Paul» mi sussurrò. «Viene da Boston. È ancora più bello da vicino!» Poi aggiunse «Alla fine delle lezioni voglio chiedergli di uscire.»Non potei fare a meno di sogghignare. «Buona fortuna.» Invidiavo la sua sicurezza. Io non sarei mai stata capace di invitare fuori un ragazzo.A quel punto, mi voltai colta da uno strano presentimento. Paul mi guardava. Guardava me, non lei.Malgrado non volessi, ricambiai lo sguardo.Sembrava diverso dagli altri. Fu come se mi osservassi in uno specchio: mostrava un riserbo non comune in un ragazzo di sedici anni. Frequentare una nuova scuola doveva essere molto faticoso, soprattutto per uno studente così carino. Non passava di certo inosservato.Dovevo togliermelo dalla testa. Sheila si era presa una cotta e anni prima avevamo giurato che non avremmo mai litigato per un ragazzo; la questione, a dir la verità, non si era mai posta perché io e lei avevamo dei gusti del tutto diversi. A Sheila erano sempre piaciuti i belli e dannati, a me gli introversi.Il professor Raymond lo presentò alla classe: si chiamava Paul Saunders, aveva frequentato il liceo a Boston e la sua famiglia si era trasferita a Salem.Mi voltai ancora verso il suo banco e ci scambiammo un altro sguardo. Gemetti preoccupata. Mi mancò il respiro e cominciai a tremare. Le mie dita splendevano di luce, la magia stava per traboccare fuori.«Guarda» sussurrai a Sheila e le mostrai i palmi, tenendoli sotto il banco.«Dannazione, il processo di trasformazione sta iniziando» rispose lei sottovoce. «Non vorrai metterti a brillare come una lampadina neon qui a lezione?»Il prof mi diede il permesso di andare in bagno. Quando mi alzai dalla sedia barcollai. Imbarazzata, sentii tutti gli sguardi addosso, mentre Sheila scuoteva il capo. Per tutti ero solo una ragazzina impacciata.Solo gli occhi neri di Paul sembrarono guardarmi in modo diverso.

P

assai la serata sdraiata sul letto, in camera mia.Morivo dalla voglia di sapere se Paul aveva accettato di uscire con Sheila. Un’evidente gelosia aveva iniziato a bruciarmi dentro, immaginandoli assieme.Lei si metteva con i ragazzi solo per capriccio, per poi scaricarli non appena ne incontrava uno più carino. Mi dava fastidio che si comportasse così anche con Paul.Ripetevo a me stessa di non aver alcun diritto su di lui, ma c’era qualcosa che mi spingeva verso quel ragazzo. Non riuscivo a capire cosa stesse accadendo, non mi ero mai sentita così confusa e allo stesso tempo estasiata.Tutto ciò che volevo era stare con Paul Saunders.Ripensai a quella storia per ore, mentre le mie mani continuavano a brillare di luce. Erano circa le otto quando decisi di andare a casa della mia amica: di solito a quell’ora mi aveva già telefonato da un pezzo, per la nostra solita chiacchierata. Quella sera in particolare, avremmo dovuto metterci d’accordo riguardo alla cerimonia che si sarebbe svolta a mezzanotte.Non appena lei aprì la porta, notai il suo sguardo accigliato.«Ma guarda, l’aristocrazia si degna di visitare la plebe» sbuffò seccata.«Che ti prende?» chiesi confusa. Sheila rimase in silenzio, poi bofonchiò con una voce carica di astio «Alla fine delle lezioni ho parlato con Paul. Indovina un po’, mi ha chiesto il tuo numero di telefono. A quanto pare gli interessi.»Un brivido mi scosse. «Stai scherzando?»Il mio cuore tamburellò in petto e sperai lei non se ne accorgesse.«Gli ho chiesto un appuntamento e lui ha risposto senza tanti giri di parole: “Preferirei uscire con la tua amica, quella con i capelli biondi che è inciampata mentre andava in bagno”. Mi ha domandato se gli potevo dare il tuo numero e l’ho spedito a quel paese.»Esitò, poi proseguì con voce lagnosa «Come hai potuto? L’avevo visto prima io, quel ragazzo piaceva a me!»Spalancando la bocca, sbottai di rabbia: «Ma sei impazzita?! Non gli ho neppure parlato! Non puoi dare la colpa a me se lui ti ha rifiutata!»Sheila si fece avanti e io indietreggiai, i suoi occhi erano traboccanti d’ira. «Ti assicuro che non finisce qui» mi puntò il dito contro.Queste parole mi colpirono come frecce acuminate e non riuscii più a trattenermi. Ero stanca delle nostre liti e soprattutto del suo atteggiamento di superiorità nei miei riguardi. «Stavolta non sono disposta ad assecondare i tuoi stupidi capricci. Paul devi lasciarlo in pace.» L’ultima frase mi scappò senza volerlo e prima che me ne rendessi conto, era già troppo tardi.Lei sorrise crudele e replicò annuendo «Bene, allora avevo visto giusto. Anche tu ti sei innamorata di lui.» Scosse il capo e proseguì con determinazione «Allora è guerra aperta. Vedremo chi di noi due la spunterà.»Sbatté la porta di casa e mi lasciò sola, nel portico buio.Mi incamminai verso casa, con le mani dentro le tasche dei jeans; non avevo preso il giubbotto e la felpa che indossavo era troppo leggera. Cominciai a tremare, a causa del freddo e soprattutto del nervosismo.Non era la prima volta che litigavamo, ma un insolito timore mi suggeriva che stavolta sarebbe stato diverso. Avevo notato in Sheila una rabbia violenta che non era mai trapelata dai suoi occhi, ma che forse era rimasta sopita in attesa di esplodere.Appena arrivai al mio vialetto distinsi una sagoma, ferma sotto un lampione e a malapena illuminata dalla luce.Mi bloccai sbalordita quando notai che era Paul.«Ciao, ti aspettavo» disse lui. Sorrise e rimase poggiato con una spalla al lampione.«Come hai fatto a sapere che abito qui?» gli chiesi frastornata. Era vero. Da vicino era ancora più bello e il mio cuore iniziò a battere forte.«Ho chiesto a scuola, dopo che la tua amica oggi mi ha liquidato con una fantasiosa serie di insulti e parolacce.» Mi venne incontro.«Sì, ho saputo quello che è successo» mi avvicinai, senza riuscire a guardarlo negli occhi. «Ha dato la colpa a me e abbiamo litigato» specificai, senza badare a ciò che dicevo. Sentivo la mente annebbiata e blateravo senza riflettere.«Tu non hai nessuna colpa» mi interruppe. «Non mi piacciono le ragazze prepotenti, preferisco quelle maldestre e riservate.»Arrossii, avendo intuito l’allusione. Non era davvero timido, veniva subito al dunque.Mi ricomposi all’istante e indietreggiai. «Forse ti piaccio solo perché sono stata l’unica ragazza della classe che non ci abbia ancora provato con te.»Paul avanzò e venne inghiottito dalla penombra. «Non soltanto per questo. Sei un tipo che non cerca attenzioni, stai sempre sulle tue. Anch’io sono così in realtà.» «Non lo avrei mai detto.»«Nessuno se ne accorge. Sono anni che mio padre ci trascina da una città all’altra per lavoro. Non ho mai avuto il tempo di farmi degli amici.»Ero davvero sorpresa. «E perché hai scelto di venire proprio da me?»«Te l’ho detto. Ho capito subito che eravamo simili. Non mi va di frequentare persone che mi scorrazzano da una festa all’altra e non mi ascoltano quando parlo. Oppure ragazze che fanno a gara per mettersi con il nuovo arrivato, sfoggiandomi come un trofeo. Ci sono già passato. Stavolta voglio un anno scolastico più tranquillo.»Il suo sorriso era meraviglioso e ne rimasi incantata. «Vorrei conoscerti meglio Zelda, se anche a te va di vederci. Domani ti andrebbe di andare al liceo assieme?»«Sarebbe carino» balbettai.Sorrise per la mia risposta infantile.«Tu vivi qui?» indicò la casa.«Sì, con mia madre.»Non indagò oltre, non mi chiese dove fosse mio padre e questo, devo essere sincera, gli fece guadagnare parecchi punti. Mio padre era morto di tumore al pancreas, quando avevo dodici anni. Non volevo mai parlare di lui, non perché non ci pensassi ancora, ma perché mi faceva stare male.Forse avevo trovato un amico leale in Paul: a differenza di molti altri capiva all’istante quando rimanere in silenzio.Annuì e si avviò per la strada, infilando le mani nelle tasche della giacca. «A domani, allora.»Lo vidi svanire illuminato dai lampioni e il mio cuore ebbe un altro sussulto. Pochi giorni dopo avrei scoperto che un paio di occhi truccati di kajal nero, estremamente infuriati, avevano seguito fin nei minimi dettagli il nostro incontro, nascosti tra i cespugli.

A

vevo il cuore in subbuglio, la pelle percorsa dai brividi. Per scaricare un po’ di tensione mi chiusi in camera, presi il violino e cominciai a suonare. Era stato mio padre a farmi amare così tanto la musica.Lui, Rupert Blackmoon, era stato un violoncellista della Filarmonica di New York ma a causa della malattia la sua intera esistenza era cambiata. Dopo aver suonato per anni, era stato costretto ad abbandonare la sua più grande passione.Mio padre era un mortale, eppure mia madre lo aveva sempre amato fin da quando si erano conosciuti al liceo: era stato lui a far sbocciare la sua magia, quando lei aveva la mia età. Con molta probabilità, al contrario di Sheila che aveva avuto un padre stregone, era per questo motivo che la mia parte umana era in continua lotta con quella sovrannaturale.Non facevo altro che pensare a Paul e la musica mi dava un dolce conforto. L’iniziazione, che fino a quella mattina mi aveva provocato non poche ansie, adesso sembrava una sciocchezza. Non vedevo l’ora che arrivasse la mattina dopo, per rivederlo.A mezzanotte mia madre mi venne a chiamare e ci dirigemmo verso la casa di Clara, la strega guru della nostra Congrega: un’arzilla signora di settant’anni che non si era mai sposata e che aveva dedicato tutta la vita a istruire giovani leve. Il suo abbigliamento si era fermato agli anni Sessanta; sembrava una hippy, con i capelli biondo platino lunghi fino ai fianchi e una miriade di collane e bracciali floreali.La casa di Clara era un edificio vittoriano che non passava di certo inosservato e la sua particolarità era l’enorme cantina sotterranea di cui parecchi ignoravano l’esistenza: una sala circolare sopra la quale era stato dipinto, da tempo immemorabile, un pentacolo rosso. I muri erano rivestiti di legno di quercia, il legno più usato dalle streghe. Ovunque erano stati incastonati candelabri d’argento a sette bracci, con candele rosse che crepitavano.Appena io e mia madre entrammo, le streghe della nostra Congrega ci accolsero con calore. Eravamo in tutto una ventina e tra quelle facce riconobbi Sheila. Era ancora più furente e non mi degnava di uno sguardo.La vecchia Clara indossò l’abito per la cerimonia: un saio rosso porpora con decorazioni gotiche in oro. Io infilai una toga bianca che mi arrivava alle caviglie e un diadema d’argento che lasciava pendere una gigantesca triscele.Qualcuno mormorò che sembravo Artemide, la dea della Luna.Le streghe si disposero in circolo, comprese Sheila e sua madre, e cominciarono la preghiera propiziatoria. Rimasi al centro, inginocchiata.Clara pregò per parecchio tempo, invocando la divina Ecate, e infine intinse le dita in un vasetto d’olio. Per altri dieci minuti continuò a disegnare misteriosi segni sulla mia fronte mentre pregava in una lingua che non avevo mai sentito. Sembrava gaelico antico, la sua lingua madre.«Adesso ripeti il tuo mantra» mi ordinò alla fine.Il mantra personale era una preghiera che la strega stessa formulava, in cui giurava di adoperare la propria magia solo per fini benevoli. «Cassandra, forse tua figlia riuscirà a levitare durante il mantra» disse eccitata Thelma, la madre di Sheila.«Non credo» le rispose mia madre, obiettiva come sempre. «Zelda è ancora inesperta. Ed è metà mortale. È improbabile che abbia le stesse facoltà di una strega purosangue.»Durante il mantra solo poche streghe riuscivano a levitare; avveniva quando Ecate le considerava tanto pure di cuore da donare loro un potere più grande, rispetto alle altre.Mi sentii sollevare da una forza invisibile, come se moltissime mani mi sostenessero e mi innalzassero verso il soffitto, con delicatezza. Lo stomaco gorgogliava, le orecchie fischiavano e gli occhi bruciavano.La mia pelle divenne luminosa e provai un calore insolito, come se andassi a fuoco, ma senza provare dolore.Sotto lo stupore di tutte cominciai a levitare, rimanendo in ginocchio e con le mani giunte sul petto. I miei capelli fluttuavano simili a raggi dorati, in lunghe onde, solleticandomi le spalle nude.Anche se avevo le palpebre chiuse, mentre recitavo la mia promessa, percepivo occhi stupefatti che mi scrutavano, e uno sguardo carico d’odio in particolare: Sheila. Lei non era riuscita a levitare durante la sua promessa di consacrazione, mesi prima.Quando il rituale finì, la madre di Sheila venne a congratularsi con me. «Sei stata bravissima, Zelda. Tu sei la seconda strega che vedo levitare durante l’iniziazione.»«E chi è stata la prima?» domandai curiosa.Lei rispose con un sorriso. «Tua nonna. Morgause.»Mia madre mi abbracciò orgogliosa. «Tesoro mio, adesso fai parte della Congrega. Sei una strega in piena regola.»Thelma si rivolse alla figlia, con rimprovero. «Invece di perdere tempo a bighellonare in giro e a rimorchiare ragazzi, dovresti impegnarti anche tu. Sei soltanto una scavezzacollo buona a nulla.»«Non essere troppo dura con lei» la riprese mia madre.Indugiai in silenzio. Non sapevo cosa dire né come comportarmi.Sheila non rispose, mi guardò emettendo un grugnito, voltò le spalle e uscì dalla cantina senza voltarsi. Adesso sapevo con certezza che il suo rancore non avrebbe trovato pace finché non mi avesse sconfitta. Su tutti i fronti.

L

’indomani mattina trovai Paul sul portico di casa. Non ero riuscita a chiudere occhio per tutta la notte pensando a lui, alla lite con Sheila e all’iniziazione, ma non appena lo vidi scordai ogni ansia.«Ciao» mi sorrise con la solita riservatezza.«Ciao, Paul.»Il liceo era a pochi isolati e ci avviammo a piedi. Guardavo le case e i giardini e la mia mentre ribolliva, cercando un argomento qualsiasi. Non riuscivo a trovare il più piccolo spunto di conversazione e l’angoscia aumentava.La verità era che avrei voluto rimanere per sempre in quello stato di beatitudine, in silenzio, con lui accanto.«Non sei una di molte parole, vero?» chiese finalmente. «Non capisco come tu possa frequentare gente schizzata come quella Sheila.»Ripensai alla mia migliore amica, appena arrivata a scuola le avrei parlato per cercare di farla ragionare. «Non biasimarla, sua madre le sta addosso, pretende sempre il massimo da lei, sia a scuola che negli incant… ehm, in altre cose. Il padre le ha abbandonate quando lei era molto piccola e adesso se le interessa qualcuno, cerca in tutti i modi di averlo. In realtà ce l’ha con me perché tu le piaci davvero.»Avevo parlato a raffica a causa dell’eccitazione.«Si dà il caso che a me interessi invece un’altra ragazza.» Paul mi guardò sorridendo e io arrossii. «Deve capire che non può obbligare le persone ad accettarla, soprattutto dopo essere stata così tirannica.»Gli piacevo.Non riuscii a fare a meno di sorridere e lui se ne accorse.Dovevo svegliarmi una buona volta e non nascondere più i miei sentimenti. Lo avevo fatto per troppi anni. Non volevo perdere Paul a causa della mia incorreggibile timidezza.«Io… anche tu mi piaci» sbottai.Ero rossa come un pomodoro.Per parecchi minuti non parlammo e continuammo a camminare, infine lui si avvicinò di più e mi prese la mano.Il suo tocco mi trasmise una piacevole scossa. Arrossii con ancora più imbarazzo di prima, ma non dissi nulla e non lasciai la presa. Quando entrammo a scuola, parecchi studenti ci guardarono stupefatti.Nel corridoio, riuscii a udire brevi stralci di commenti che sulle prime non compresi.«Hai visto? Allora è vero.»«Per tutto questo tempo ci ha ingannati, con la sua aria da santerellina!»«Sheila ha fatto bene a mandarla a quel paese.»Covando un cattivo presentimento, intuii ciò che era successo.Già alla prima ora tutti sapevano quello che era accaduto la sera prima, o meglio, la versione che la mia amica aveva divulgato: le avevo rubato il ragazzo, pugnalandola alle spalle.Entrammo in classe e Sheila vide me e Paul mano nella mano. Rimase basita, evidentemente non pensava che avrei trovato il coraggio di mettermi davvero con lui. Logico, per lei ero ancora la bambina piagnucolona alla quale tirava le trecce per dispetto.Si alzò stizzita e andò a sedersi in un banco lontano. Sorrise a due nostre compagne che fino al giorno prima non aveva neppure considerato e dopo un po’, le fece chinare sul banco bisbigliando. Le due ragazze si voltarono a guardarmi con aria scandalizzata.«Lasciala perdere» mi sussurrò Paul all’orecchio e mi strinse la mano più forte. «Tra poco si stancherà, te lo assicuro.»Lo guardai e gli sorrisi, per ringraziarlo.Tutta la giornata trascorse come un incubo a occhi aperti.Durante l’ora di chimica alcune ragazze mi lanciarono palline di carta nei capelli e nell’ora di letteratura americana cominciarono a chiamarmi sottovoce con nomignoli piuttosto offensivi.Prima della pausa pranzo mi avviai verso la fila degli armadietti. Quando raggiunsi il mio, rimasi impietrita. Tutti gli studenti del corridoio mi squadravano, sghignazzando. Sull’anta dell’armadietto qualcuno aveva scritto con una bomboletta spray di colore rosso vivo una parola che, secondo l’intera scuola, sintetizzava il mio comportamento: bitch.Paul mi raggiunse, si bloccò e strinse le labbra irritato. Non ci eravamo ancora visti perché avevamo corsi diversi alle prime ore e non sapeva come ero stata umiliata in classe.Si avvicinò e mi prese per mano, sussurrandomi di andare fuori con lui. Lo scansai con un gesto brusco e corsi via, mentre i miei occhi si inumidivano di lacrime.

P

er un’intera settimana non riuscii a rintracciare Sheila. Non frequentava più le lezioni cha avevamo in comune e le poche volte che la vedevo in giro era sopra la moto di qualche imbecille con il giubbotto di pelle e la sigaretta in bocca.La mia reputazione era caduta nel fango e sapevo che non sarei riuscita a rialzarmi facilmente. Paul mi mandava di continuo messaggi sul telefonino e quando veniva a cercarmi a casa, mia madre gli rispondeva sotto mia dettatura che ero già uscita.Un pomeriggio, al ritorno delle lezioni, mia madre aprì la porta con aria indignata. «Si può sapere che hai combinato?» chiese quasi piagnucolando. «Tutta la Congrega sa quello che è successo tra te e Sheila.»«Ah sì?» la interruppi sarcastica. «E quali altre balle ha raccontato?»Mi accomodai nervosa al tavolo della cucina.Lei si sedette agitata. «È vera questa storia? Che stava con un ragazzo e tu ci sei… andata a letto, stregandolo con la magia?»«Cosa?!» urlai fuori di me. «E voi ci avete creduto? È assurdo!»Sospirò rassicurata. «Sia lodata la Dea Madre, sapevo che non era vero. Non avrei mai creduto che tu avessi già… lasciamo stare.» Rifletté tra sé, scuotendo il capo. «È diabolica, non esita a schiacciare gli altri per imporsi.»Cercai di tranquillizzarla, anche se dentro fremevo. «La fermerò. Adesso ha superato ogni limite. Dopo avermi rovinato la vita scolastica, vuole rovinarmi anche la vita nella Congrega.»Mia madre sprofondò la faccia tra le mani. «Da quando ha scoperto i suoi poteri è cambiata. Si crede invincibile solo perché è una strega. Farà una brutta fine se non la fermiamo. Non è la prima volta che succede. Ho già visto molte streghe perdersi, a causa della brama di potere.» Assentì e aggiunse «Clara ha deciso di parlarle, anche lei non le ha mai creduto. L’appuntamento è alla villa vittoriana, stanotte.»Deglutii ansiosa. Ero ormai certa che Sheila non si sarebbe fermata, neppure davanti alla nostra guru.

U

scii di casa e telefonai a Paul. La segreteria del mio cellulare era piena, aveva lasciato messaggi per una settimana intera. Ci incontrammo al parco, a pochi isolati da casa mia.C’erano poche persone e il crepuscolo si era imbrunito, i lampioni cominciavano a lampeggiare.Era seduto su una panchina e appena mi vide si alzò con uno scatto, venendomi incontro. «Stai bene?»Compresi che dovevo avere davvero una faccia stravolta.«Perché eviti le mie chiamate? Sono giorni che scappi ogni volta che mi vedi nei corridoi del liceo. Ti ho fatto qualcosa di male?»«No, Paul. Ho dei problemi con Sheila e devo risolverli. Non voglio che tu ci vada di mezzo.»Lui inarcò un sopracciglio. «Ancora lei? Che altro ha combinato stavolta?»«Ha raccontato in giro che tu eri il suo ragazzo e io ci ho provato. Insomma, tutta la scuola crede che sono venuta a letto con te.»«Me ne sarei accorto se fosse accaduto, te lo assicuro.» Cercò di farmi ridere, ma ottenne l’effetto contrario.Sospirai, inquieta.«Cerca solo attenzioni. Se la ignoriamo si stancherà» annuì.Avrei voluto sfogarmi con lui, confessargli che eravamo due streghe e che la collera della mia rivale non si sarebbe placata finché non lo avesse strappato via da me. Ma non dissi nulla.Ci sedemmo sulla panchina.Paul mi passò un braccio dietro le spalle e mi tirò a sé.Quando le nostre bocche si avvicinarono dimenticai ogni cosa. Il respiro si fece corto, il cuore mi salì in gola.Le sue labbra erano calde, una consolazione per tutto quello che stava accadendo. Più lo baciavo più avevo voglia di baciarlo.Gli accarezzai i capelli, dietro l’orecchio. Con un sospiro, Paul si avvicinò ancora di più e sentii il suo torace premere contro il mio seno.La sua mano scese con lentezza e si infilò sotto la maglietta. Il contatto del mio fianco nudo contro la sua pelle sembrò emanare scintille.Gli presi la mano e la riportai sulla mia spalla, prima che salisse verso il reggiseno.Staccò le labbra dalle mie e mi guardò, sorpreso.Non riuscii a pronunciare alcuna sillaba, ma lui comprese e sorrise.Gli dovevo almeno una spiegazione. «Paul, è troppo presto, non me la sento.»Annuì, dandomi un buffetto sulla guancia. «Hai ragione, non c’è fretta.» Cercò di giustificarsi, imbarazzato. «Tu mi piaci parecchio, Zelda. Sono un ragazzo, mi sono lasciato un po’ andare…» Accarezzò la mia gota. «Scusa.»Lo guardai, colma di gratitudine.I suoi baci mi avevano dato il coraggio di andare avanti.

E

ra l’una di notte quando aprii, senza fare rumore, la porta della casa di Clara. Mi aveva dato una copia delle chiavi. La chiamai un paio di volte ma lei non rispose. Ero terrorizzata oltre ogni dire.Decisi di scendere in cantina, forse Clara aveva portato lì Sheila: l’unico posto dove poter sfogare i poteri senza essere uditi dal resto del quartiere.Avvertii delle voci e mi avviai per le scale.Erano in piedi, l’una di fronte l’altra, al centro del pentacolo rosso. Due tigri che stavano per sbranarsi.«Quali altre menzogne stai raccontando?» esordii, fissando Sheila con rancore. Sfoggiava i soliti pantaloni neri di pelle, un crocifisso gotico al collo e un top scuro sfilacciato: l’abbigliamento da dura che le confaceva.«Zelda» mi disse Clara. «Vai via.» Anche in quell’attimo di timore, la sua voce rimaneva ferma.«No» risposi irremovibile. Mi rivolsi alla mia ex migliore amica. «Come hai potuto raccontare così tante balle, soltanto per vendicarti? Dopo tutto quello che abbiamo passato assieme! Hai distrutto la mia reputazione solo perché non sei riuscita ad avere un ragazzo.»Si leccò le labbra truccate di nero e mi venne incontro. «Vuoi sapere la verità?» Indugiò e ostentò un ghigno. «Tutti non hanno fatto altro che paragonarmi a te, fin da quando eravamo bambine. Per mia madre non esisto e sono il suo più grande fallimento.“Zelda è una studentessa modello”, “Zelda ha levitato durante la sua iniziazione”… Vuoi sapere una cosa? Ho intenzione di diventare la strega più forte della Congrega così che nessuno possa più ritenerti migliore.»In quell’attimo compresi che Sheila non era gelosa a causa di Paul: lo era a causa della mia intera esistenza.Risposi con un gemito. «Non è colpa mia se la gente preferisce odiarti, visto che in ogni circostanza vuoi scavalcare tutti e tutto per il tuo tornaconto personale. Lo hai dimostrato soprattutto queste ultime settimane.»Clara mi sorrise con dolcezza. «Se Ecate ti ha fatto levitare durante la cerimonia, significa che hai davvero il cuore puro. Io ho sempre creduto in te, Zelda.»«Ecco, vedi?» Irritata, Sheila indicò Clara con un dito. «C’è sempre chi ti difende. Non lo sopporto più!»La vecchia la fissò con aria impassibile. «Sheila, domani verrai scomunicata. Non farai più parte della Congrega.»Lei strinse i pugni e la donna continuò «Volevo darti il beneficio del dubbio. Ho sempre visto nei tuoi occhi un’ombra malvagia. Gli occhi di Zelda invece sono sempre stati limpidi ed è a lei che lascerò la guida del nostro clan.»«Ma Zelda è figlia di uno schifoso mortale! Io sono una strega purosangue!» ribatté l’altra.Clara mi fissò con amore. «Proprio per questo. È quella umana, la sua parte migliore. Ma tu non potrai mai capire, Sheila. Sei assetata di potere e non conosci misericordia.»Non riuscii a immaginarlo: sarei diventata il capo della Congrega? Non ero capace di fare la leader, arrossivo persino durante le interrogazioni a scuola e balbettavo.Come avrei fatto a guidare un esercito di streghe e stregoni?Notai lo sguardo di Sheila: era imbestialita, sprizzava odio allo stato puro. Il suo rancore esplose, dopo essere stato alimentato per anni.Fu questione di un attimo. Mi lanciai verso di lei, non appena la vidi armeggiare con le mani, dietro le spalle.Il coltello sprofondò nel petto di Clara fino all’elsa. Sheila indietreggiò tirando fuori la lama insanguinata e si appoggiò alla parete. La donna provò a chiudere la ferita, ma il sangue iniziò a sgorgare sempre più copioso. Con un gorgoglio, si accasciò a terra in posizione fetale e i suoi occhi divennero liquidi e fissi.Sospirai d’angoscia e sentii il cuore frantumarsi in due. Clara era stata una seconda madre per me, mi aveva sempre voluto bene. Quando andavo a trovarla mi faceva trovare i biscotti ripieni di caramello, i miei preferiti.«Sei un’assassina!» urlai.«Non hai ancora visto niente» rispose Sheila.Si avvicinò al corpo di Clara e le mise le mani attorno al capo. L’energia fluì fuori dal corpo della vecchia guru ed entrò in lei, attraverso le braccia. Quando la luce si affievolì, la pelle della donna deceduta diventò grigia e raggrinzita.Rimasi senza parole. «Magia nera» mormorai sconvolta. «Noi non possiamo usarla. Alla fine, si ritorce sempre contro chi la usa.»«Non me ne frega nulla» sghignazzò lei.«Come hai acquisito questa forza?» Indicò la bacheca incastonata in una nicchia della cantina: il vetro era frantumato e la tenda che la proteggeva era stata strappata. «Dai libri proibiti di Clara, prima che arrivasse e mi scoprisse. Era da molto tempo che desideravo rubarli, ma non avevo mai avuto il coraggio.»Alzò una mano e mi fece schiantare verso il muro. Avvertii un dolore lanciante alle spalle e rimasi seduta a terra, schiacciata contro la parete. Cercai di rialzarmi, ma una fitta acuta me lo impedì, facendomi mugugnare.Aveva rubato i poteri di Clara e si era venduta alle tenebre. Non riuscivo a immaginare niente di peggiore, ma mi sbagliavo.Sheila si chinò e agguantò la mia mano, incrociando i nostri pollici. «Ti mostro un altro bel giochino che ho imparato da poco» sghignazzò sadica.Le tempie mi bruciarono roventi, il cervello sembrò gorgogliare e tutto divenne buio.Quando riaprii gli occhi, mi sentii diversa. Indossavo pantaloni di pelle e i miei capelli erano neri, lisci e con una ciocca viola.«Basta con questi scherzi, rivoglio subito il mio corpo, sei una psicopatica!» urlai. Provai ancora a sollevarmi, ma era come se una forza invisibile mi tenesse inchiodata al pavimento. «Che cosa mi hai fatto?» le chiesi furente.«Ho bloccato i tuoi poteri. Sai benissimo che se prima non muori non posso portarteli via. A meno che non sia tu stessa a consegnarmeli.»«Puoi sognartelo» balbettai. Mi asciugai un rivolo di saliva dalla bocca. Lei, che adesso indossava il mio corpo, si mise a ridere. Diede una sistemata ai capelli biondi e si chinò verso il mio orecchio.«Scusami Sheila, vorrei rimanere ancora qui a chiacchierare, ma il mio ragazzo mi aspetta.»«No! Non ti azzardare ad avvicinarti a lui!» strillai. Sbattei la testa contro il muro dalla frustrazione e sollevai il busto. Toccai la tempia e mi ritrovai i polpastrelli macchiati di sangue.Mi immobilizzò con un solo sguardo, usando la magia nera.«Voglio proprio spassarmela con il tuo corpo» mormorò lasciva. «Mi dispiace, ma credo dovrai rimanere qui, almeno per un giorno o due. Ho assorbito un po’ della tua energia vitale, così che tu non possa rompermi le scatole mentre mi diverto. A quanto pare sono tornata vergine, dovrò ricominciare tutto daccapo.»L’unico suono che mi uscii di bocca fu un guaito straziante.Provai a urlare dal panico, ma la mia bocca era impastata di sangue: «Ti giuro che se osi…»Lei mi colpì alla guancia con un pugno e persi i sensi.

E

ra sera inoltrata quando mi svegliai.Per fortuna Sheila indossava sempre un orologio da polso e potevo controllare la data. Ero rimasta per quasi due giorni dentro quella cantina. Mi sentii fiacca, affamata e dolorante.La ferita alla testa si era quasi rimarginata e i capelli erano impastati di sangue rappreso. Se non fossi stata una strega, molto probabilmente non sarei sopravvissuta. Davanti a me c’era ancora il cadavere di Clara, immobile e scarno.All’improvviso udii dei colpi alla porta. Alzai lo sguardo e, sospese nell’aria, distinsi delle parole scritte con la magia, formate da un fluido viola luminescente:“Ben svegliata, angioletto. La mia proposta resta valida. L’incantesimo dovrebbe durare al massimo un paio di giorni, spero che questa bella dormita ti aiuti a decidere. Ci vediamo al faro, tu porta i tuoi poteri, io porterò Paul (o quel che ne resta).”Seguiva una faccia da smile con la bava alla bocca che lasciava ben intuire a cosa fosse riferita l’ultima frase.Non appena finii di leggere, la scritta si dissolse in minuscole scintille. Era molto furba, non lasciava traccia.Andai ad aprire la porta e mi ritrovai davanti mia madre, Thelma Carpenter e l’intero gruppo della Congrega. Dopo aver visto il corpo senza vita di Clara al centro del pentacolo, mi afferrarono con brutalità.«Allora è vero!» strillò mia madre. «Zelda ha detto che tu hai ucciso Clara. Dannata assassina, adesso la smetterai di tormentare la mia bambina!»«Mamma, guardami! Sono io, Zelda!» strillai. «Sheila ha scambiato i nostri corpi con la magia. Dobbiamo fermarla!»Lo schiaffo di mia madre mi colpì veloce come un lampo. Rimasi basita. Non mi aveva mia picchiata, non aveva mai alzato un dito contro di me.«Nessuno crede più alle tue menzogne, smettila!» Thelma mi storse le braccia, facendomi un male cane. Le altre streghe si avvicinarono. Ricevetti insulti e offese che nessuno mi aveva mai indirizzato prima.«Dobbiamo sottoporla a un processo, dobbiamo portarla al Tribunale della Magia.» Thelma mi scosse con violenza. Poi mi guardò negli occhi con disgusto. «Sei soltanto feccia. Non sei più mia figlia, ma un’inutile carcassa di letame.» Mi sputò in faccia. Le mie braccia erano bloccate e umiliata, lasciai che la saliva colasse dalla mia gota.Altre due streghe mi strattonarono per i capelli, insultandomi.Adesso sapevo come si era sentita Sheila durante tutti quegli anni. Mi trascinarono su per le scale. A quel punto compresi che dovevo scappare, a tutti i costi, altrimenti non sarei più riuscita a fermare la mia nemica. Cercai di pensare più velocemente possibile: la magia che mi riusciva meglio, dopo l’iniziazione, era levitare. Appena arrivammo al portico, sotto lo stupore di tutti, mi chinai facendo leva con le ginocchia e spiccai un balzo. A quattro zampe, mi arrampicai sul tetto della casa vittoriana.«Ma che succede? Mia figlia non ha mai saputo levitare» mormorò Thelma sorpresa. Nessuna delle streghe presenti seppe dare una spiegazione, neppure mia madre.Con passi rapidi e leggeri cominciai a saltare di casa in casa, come un gatto impazzito, finché non mi lasciai il quartiere alle spalle. Dovevo arrivare alla spiaggia. Dovevo riprendere ciò che era mio.Sheila aveva sempre voluto la mia vita e, alla fine, se l’era presa.

I

l faro continua a illuminare la baia, la schiuma delle onde sembra argento mentre si infrange nell’insenatura, riesco a vederla dalla finestra della torre.Ci guardiamo, occhi negli occhi. «Allora, ti decidi o no a darmi i tuoi poteri?» mi chiede ancora una volta Sheila.«Prima lascia andare Paul» ripeto caparbia. Lei come risposta mi lancia una sfera infuocata che io distruggo non appena raggiunge il mio volto, solo alzando la mano.«Vedo che la magia è ritornata» commenta. «Bene. Sarà più divertente.»La faccio volare in aria. Non perde tempo e si rialza, balzando agile. Con un pugno frantuma il comodino, per sfogare la frustrazione.Mi si scaglia contro e rotoliamo sul pavimento, azzuffandoci come cani rabbiosi. Il coltello le scivola via e io lo perdo di vista. Cerca di ferirmi in tutti i modi, con calci e con pugni, ma le restituisco ogni colpo. La sua rabbia è all’apice.Mi sale addosso, trattenendomi con le gambe.«Finalmente mi libererò di te» urla esaltata, mentre mi sbatte la testa contro il pavimento. «Nessuno dirà più che devo somigliarti, perché io sarò teUn rivolo caldo scorre dalla mia tempia sinistra, entra nell’orecchio e mi impedisce di sentire. Sto quasi per perdere i sensi.In quel momento, tra la sofferenza e i gemiti, scorgo il coltello sul pavimento, a pochi centimetri dal mio braccio. Allungo la mano, cercandolo alla cieca.Con un gesto deciso, lo impugno e lo conficco nel mio stomaco. Il dolore è insopportabile e per un attimo sento solo il corpo che patisce, mentre il sangue comincia a sgorgare.Gli occhi di Paul sono terrorizzati mentre ci guarda dall’armadio, Sheila invece mi fissa prima con sorpresa, poi con euforia. «Magnifico» commenta sedendosi a terra, davanti a me. «Non credevo mi avresti reso le cose ancora più facili.»Mi lancio in avanti e afferro la sua mano.L’energia comincia a fluire e ci avvolge. Lei capisce quello che spero di ottenere, cerca di allontanarsi ma le nostre mani sembrano incollate.Il calore alle tempie esplode, fremo senza riuscire a controllarmi, tutto diventa buio per un attimo.Ritorno nel mio corpo ed è come nascere una seconda volta. Mi sento più forte, più sicura di me.In preda alle vertigini, Sheila si allontana e cerca di bloccare il sangue che le cola dalla ferita. «Ma come ci sei riuscita?»«Sei così arrogante da usare un incantesimo che non conosci bene?» chiedo ansimando per la lotta. «Dovresti sapere che lo scambio di corpi può essere invertito se le due persone si ritrovano nella stessa, identica posizione.» Stavolta è il mio turno, tocca a me essere sarcastica. «Se invece di andare dietro ai ragazzi avresti ascoltato le lezioni di Clara, lo avresti saputo anche tu.»«Stupida stronz…» non riesce a parlare e crolla a terra.Corro a liberare Paul, sciolgo le funi che gli bloccano i polsi, gli tolgo il bavaglio.Lui mi fissa rassicurato. «Perdonami, non immaginavo che…»«Non preoccuparti» gli sussurro.«È una pazza furiosa» dice scuotendo il capo. «Quando è venuta da me, un paio di giorni fa, ho capito subito che non eri tu perché ha cercato di…» Sospira, colpevole. «Mi sono tirato indietro. Si è scatenata e mi ha fatto perdere i sensi. Mi sono svegliato qui, legato e imbavagliato.»Sorrido, finalmente rincuorata. Non è successo nulla tra loro due, al contrario di ciò che lei ha voluto farmi credere.Sheila è riversa sul pavimento, in un bagno di sangue. Mi chino e le tengo la testa con le mani. Provo una pena abissale. «Non avrei mai voluto che finisse così» sono le uniche parole che riesco a pronunciare. Mi guarda, con occhi che non sembrano i suoi, colmi di amarezza. «Era destino, dovevamo scontrarci, prima o poi.» Prende fiato, a fatica. «Non appena si verrà a sapere che…»«Nessuno saprà mai questa storia» la interrompo. «Te lo prometto.»Lei sorride con sforzo, è un sorriso amaro. «Sei proprio una stronza, perché se non lo dirai a mia madre, non posso fare a meno che dirti graz…»Non riesce a terminare la frase. La sento spirare, tra le mie braccia. Rimane immobile, un corpo freddo. Provo a piangere, ma nessuna lacrima scivola sulle mie guance. Poggio il suo capo sul pavimento e mi giro verso Paul, alzandomi.Ci guardiamo in silenzio, nessuno di noi due ha intenzione di parlare.«Credo di doverti qualche spiegazione» comincio balbettando.«Non è più il caso» risponde lui sottovoce. «Ho già capito. Tu sei una strega. La tua amica lo era pure. E vi siete battute, per i vostri poteri.»«E per te» abbasso il capo.Paul mi prende il viso e mi bacia. Poi mi stringe a sé. «Sono contento che tu stia bene. Il resto non importa. Ne parleremo, ma non adesso. Ora voglio soltanto abbracciarti.»«Va bene» rispondo, e la mia voce è velata di pianto. «Mia madre sarà felice di conoscere il ragazzo che ha fatto sbocciare la mia magia» concludo, con un singhiozzo.Rimango stretta a Paul e scoppio a piangere. Le lacrime scorrono irrefrenabili, come un fiume di liberazione, potrei andare avanti per ore. Le ho trattenute per molto tempo, troppo forse.Ho il ragazzo che amo, ho il potere. Sono diventata il capo del clan. Ma ciò nonostante mi sfugge un gemito di dolore, perché so che non dimenticherò mai il prezzo che ho pagato. La mia innocenza.FINE© Connie Furnari 2012


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