“Zero ore” per zero futuro

Creato il 11 agosto 2013 da Albertocapece

Nuove prospettive di lavoro

Se qualcuno volesse vederci più chiaro nel futuro di questo Paese, dovrebbe avere la forza di non lasciarsi distrarre dallo spettacolo estivo che il ceto politico offre come gentile omaggio del club Reazione & Rapine, quello che vi garantirà vacanze perenni nell’indimenticabile e pittoresco mondo di Dickens. Niente Berlusconi, Marina, Epifani, Renzi, Grillo, Napolitano: queste sono le comparse che si piccano di essere i protagonisti. Il copione della saga lo scrivono ben altre mani. Lo scrive, per esempio Mc Donald’s  con i suggerimenti impareggiabili di Cameron, due teste un capolavoro: la più grande panineria del mondo ha infatti il 90% dei propri dipendenti inglesi a “zero ore”. Ecco un’espressione da tenere ben presente perché è nel nostro avvenire.

Zero ore è un contratto indefinito, senza limiti temporali, senza diritto a vacanze o assistenza sanitaria, senza contributi, senza minimi e consiste nel fatto che dopo l’assunzione lavori secondo  le esigenze dell’azienda: due ore oggi, magari 12 la settimana dopo e zero quell’altra ancora o il mese successivo: come viene viene. Il salario è come potete immaginare orario e non consente di avere la minima sicurezza riguardo a ciò che si sarà in grado di raggranellare. Inutile dire che spessissimo questo tipo il contratto impedisce di avere altre attività e di crearsi qualunque prospettiva . Superfluo osservare che se uno sta male e non può rispondere alla “chiamata”, se per qualche motivo non è in grado di soddisfarla finisce per essere escluso: “sei fuovi” come direbbe Briatore.

Si tratta insomma dell’ultima spiaggia della precarietà, qualcosa che si potrebbe definire cottimo a cottimo. E in Gran Bretagna sta dilagando. Ideato per impedire che le aziende in difficoltà licenziassero subito consentendo loro di servirsi degli operai a “zero ore” in attesa di tempi migliori, una sorta di cassa integrazione a tempi indefiniti e senza integrazione, questo strumento  si è trasformato in un formidabile estintore di diritti, sicurezza, reddito. Ma anche in una manna per la statistica e per i governi conservatori perché le persone risultano occupate a tutti gli effetti svolgendo la stessa funzione dei minijobs nel paradiso della Merkel: in questo modo si possono vantare grandi successi contro la disoccupazione.

Forse un po’ troppo grandi perché alla fine in Gran Bretagna il Chartered Institute of Personnel Development ha sbugiardato l’ufficio nazionale di statistiche  quadruplicando la cifra degli addetti a zero ore: da 250 mila a un milione, il 3% della popolazione attiva britannica. E di fronte a numeri incontestabili il governo Cameron è passato dalla letizia dei comunicati sul lavoro al silenzio pneumatico. Anche perché non si tratta solo di Mc Donald’s, ma anche di Buckingham Palace che ha 350 contratti a zero ore per gestire le visite dei turisti, dello stesso apparato di governo che ne ha 144, della catena di farmacie Boots, dei pub Wetherspoon, di Cineword, di centinaia di altre aziende tra cui una catena di negozi di articoli sportivi – Sports direct – che impiega circa ventimila persone di cui il 90% a zero ore. Quest’ultimo caso è significativo perché il 10% di dipendenti “regolari” prendono tutti oltre allo stipendio premi annuali che possono arrivare anche 120 mila euro: un record di sfruttamento.

Un altro esempio, di nicchia, ma esemplare, è quello del British Film Institute, un organismo culturale di stato che su 70 dipendenti ne ha 63 a zero ore. Questi ultimi quando escono film importanti possono lavorare anche 45 ore in cinque giorni e poi un’ora al giorno in media per le successive settimane fino ad un’altra uscita. E tornando a Mc Donald’s si può scoprire bene quale sia il gioco: dal momento che il 70% del lavoro si svolge dalle 12 alle 14 e dalle 19 alle 21, ecco che il personale regolare telefona agli zero ore per chiamarli a una qualsiasi mansione durante le ore di punta dove non c’è un attimo di sosta e il lavoro è matto e disperatissimo quasi quanto il cibo. Nel caso più favorevole e praticamente solo teorico di uno che viene chiamato sempre e non rifiuta mai, il massimo della vita sono 4 ore al giorno per la splendida paga di quasi 25 euro lordi senza contributi di alcun tipo.

Curiosamente è la cifra che lo zero ore spenderebbe per due pasti standard presso lo stesso Mc Donald’s, configurando quindi un sistema dove è possibile solo sostentare la forza lavoro, ma nemmeno la sua riproduzione (che importa, tanto c’è l’immigrazione): il classico lumpenproletariat  senza alcuna coscienza di sé. E il cui ghetto, non è solo fisico, ma soprattutto mentale: quello della vittima inconsapevole che asserisce le “verità” del padrone.

Tutto questo naturalmente non sviluppa l’economia, anzi la deprime sempre di più, ma ottimizza soltanto il profitto che diventa così in un certo senso l’unica responsabilità sociale dell’impresa. Tranquilli che lo vedremo presto anche da noi. Già ci hanno provato con il “lavoro intermittente” nato nel 2003 e modificato nel 2012 e anche quest’anno, che si è trasformato, nel particolare ambiente italiano, in uno stimolo eccezionale per il lavoro nero, quello che il centro sinistro Bortolussi considera come una forma di welfare indispensabile. L’azienda segna solo poche ore e in realtà il dipendente lavora tutto il tempo. Una pacchia tanto più che le sanzioni – nel remoto caso di quei controlli che sono stati depotenziati –  ammontano a 37 euro al giorno. Un affare. Per chi sfrutta e per chi legifera che può illudere il Paese di combattere la disoccupazione con l’apporto di dati sostanzialmente fasulli.

Ma vedrete, le zero ore avranno un grande avvenire e già entro l’anno potrebbe essere ufficializzato e magnificato come una manna per la competitività, l’occupazione, la perequazione fra generazioni, insomma tutto l’ottuso armamentario non più da bar sport, ma da Mc Donald. E così finalmente anche l’Italia e la civiltà del lavoro avranno zero futuro.


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