Di economia se ne è parlato a partire da oggi, e si continuerà fino a sabato prossimo, nella conferenza nazionale dello Zanu-Pf, il partito di Robert Mugabe, l’ottantanovenne presidente, da poco nuovamente rieletto alla guida dello Zimbabwe.
La località scelta per il meeting è Chinhoyi, il capoluogo della provincia di nord-ovest, città natale appunto di Mugabe.
Le urgenze da espletare sono tante e riguardano, ovviamente, agricoltura, industria e servizi.
L’obiettivo generale, almeno a parole, è quello di migliorare la qualità della vita della popolazione civile dello Zimbabwe che, fino ad oggi, se la memoria non ci tradisce, ha lottato e continua a lottare per una sopravvivenza dignitosa.
Quando non ha fatto addirittura letteralmente la fame e si è vista privata , a casa propria, dei più elementari servizi assistenziali come la sanità e la scuola.
Tutte cose che alla nomenklatura (gli uomini del Presidente) non hanno mai fatto difetto anche in momenti di reale difficoltà del Paese.
Nell’Agenda dello Zimbabwe, che si discuterà in questi giorni, preparata in ottobre, è scritto di una trasformazione economico-sociale sostenibile del Paese.
In questa specie di “libro dei sogni” si prevede un aumento del PIL al 9,9% per il 2018, partendo dall’attuale 3,4%.
E si cita anche un valore aggiunto ricavabile in particolare dal settore minerario, dall’agricoltura gestita con metodi moderni, dalla creazione di infrastrutture e dal potenziamento dell’informazione e della comunicazione.
Tutto potrebbe anche essere, ad essere ottimisti e ben pensanti se non fosse noto che, all’interno dello Zanu- Pf, si pensa più alla successione a Mugabe con una competitività spaventosa tra i diversi candidabili che a risollevare le sorti effettive della gente dello Zimbabwe.
E la cosa, a dire la verità, conoscendo il genere di contesto, fatto in prevalenza di sopraffazione e, soprattutto, di ruberie, che non sono neanche poi tanto occultate, non ci meraviglia affatto.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)