No, non siamo diventati una famiglia di pazzi (hem… vabbè…): il nuovo arrivo infatti si chiama Yedeneku, ha 7 anni e, per chi non l’avesse ancora capito, si tratta di un’adozione a distanza.
Yedeneku vive in Etiopia, nel villaggio di Indibir (sì, con Google Earth vedo dove abita… fa un po’ effetto) e l’abbiamo adottata attraverso l’associazione ONLUS Centro Aiuti per l’Etiopia, che si occupa di “iniziative che hanno per obiettivo l’educazione, l’istruzione, l’assistenza sociale e sanitaria a favore delle popolazioni di etiopia, Eritrea e Sudan”. Questa qua sotto è una sua foto, e visto che non posso chiederle se le dispiace essere messa su internet le ho coperto gli occhi, facendole così un altro torto vista la tenerezza che ne traspare – ma insomma, se venite a casa mia la potrete vedere. E visto che sono un medico e mi piacciono gli studi epidemiologici con le statistiche basate su dati certi, cito che “è emerso che , tra i bambini adottati a distanza, il tasso di mortalità è sceso dal 70% al 6%”.
Solitamente vantarsi della propria beneficenza è quantomeno di cattivo gusto, ma in questo caso ho almeno due buone ragioni per farlo. La prima è che il “titolare” dell’adozione è, appunto, mia sorella, e i soldi sono gentilmente forniti dalla Genitori S.P.A., quindi nel mio diventare zio a distanza ho ben poco merito. La seconda è che questo genere di cose hanno bisogno di uno stimolo, un’occasione per essere attuate: insomma, tutti sanno che esistono le adozioni a distanza, ma è forse solo con il passaparola o quando un amico ne parla che si prende in considerazione seriamente l’idea. Lo faccio io, e così sembra naturale farlo anche a te, e così via, e forse parlandone un po’ anche qualche altro bambino sorriderà in una fotografia nelle case di nuovi zii a distanza.