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Zitti davanti alle telecamere.

Creato il 08 febbraio 2016 da Gianlucaweast @gianlucaweast

Zitti davanti alle telecamere.

(c) 2016 Weast Productions

Ricevo e pubblico una mail di una ragazza di Aleppo, con la quale sono in contatto, ricevuta qualche istante fa e scritta relativamente al Rapporto della Commissione indipendente d'inchiesta internazionale sulla Siria  presentato a Ginevra. Traduco dall'inglese.
Ne basta una di scampati alla guerra. Ne basta una come me (finora scampata) per dire che ci fate sorridere (dolorosamente sorridere, si capisce, in realtà ci fate ridere, ridere di disperazione) con le interviste che rilasciate. Le vostre frasi sono inascoltabili. Sono privi di senso e di umanità i silenzi che inserite fra un parola e l'altra, le espressioni del volto studiate, contrite e persino rabbiose (quanto superficialmente rabbiose), sospese, sospese, quanto sospese fra un respiro e il prossimo, alla ricerca come siete di parole alle quali nemmeno gli schermi televisivi sanno dare un significato. Non ne hanno. Non hanno significato. 

Ne basta una di scampati alla guerra per dire di venirci voi, se non è chiedere troppo, qui dove siamo. Veniteci voi a farvi ridurre in pezzi. A farvi prendere a morsi. Io, scampata alla guerra di Siria, vi dico che non esistono buoni e cattivi, innocenti e colpevoli. Siamo, tutti quanti, precipitati nel profondo dell'abisso, esposti ai venti della violenza e dell'odio accecato e terribile di cui è capace l'essere umano. Senza eccezioni.  

Io, scampata alla guerra di Siria, vi chiedo di togliere dall'inferno noi che dentro ci stiamo ancora. Se non intendete farlo, se soltanto volete giudicare, giudicare e parlare, parlare, parlare, allora decidetevi per il contrario: state zitti. State zitti, per carità. Zitti davanti alle telecamere. Zitti davanti alle vittime. Zitti davanti ai morti, perché non sapete che cos'è la guerra. Vi prego di provare pietà per i morti. E soprattutto per i vivi, per quelli che lo sono ancora. Pietà per gli scampati. Grazie. Un saluto da Aleppo, N.

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