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Zoe tornò a casa confusa dopo quell'allenamento, era malconcia fisicamente (puntine conficcate nella carne e muscolatura che produceva acido lattico a tonnellate) e psicologicamente, non credeva che avrebbe potuto essere così aggressiva se poi di aggressività si poteva parlare. Ma era soddisfatta, finalmente era riuscita a buttar fuori quella palla di fuoco e lava che le infimmava le viscere. Certo che, per vomitarla fuori, la provocazione era stata tremenda, protratta al limite della sopportazione umana, perciò si chiese: erano forse necessarie delle torture per far uscire dal sarcofago l'anima combattente?
In ogni caso sapeva che durante gli allenamenti a cavallo, da ora in poi, le cose sarebbero andate diversamente, quel muflone del suo istruttore era uno psicologo nato, riusciva a farle fare ciò che voleva, come un mago con la bacchetta magica. Se arrivavano cavalli nuovi, in un modo o in un altro riusciva sempre a convincerla a montarli che fossero alla sua altezza o meno. Durante gli allenamenti alzava gli ostacoli a suo piacimento pur sapendo il dissenso di Zoe a certe altezze, che lei riteneva non adatte alle sue tecniche ancora da affinare.
Ma Zoe sarebbe riuscita a traslare quella parte combattente anche agli altri campi della sua vita? Quell'esplosione provocata sapientemente dal suo muflonico istruttore, grazie alla sua perfidia, che conseguenza avrebbe avuto se si fosse manifestata altrove?
Non dovette attendere a lungo. Le si presentò un'occasione poco tempo dopo.
Ormai era pieno inverno, stagione che tra l'altro Zoe odiava, perchè non sopportava il freddo, ma che offriva ottime occasioni per stare insieme ai compagni universitari, in serate all'insegna dell'allegria e delle mangiate in compagnia.
Fu così che proprio con il suo nutrito gruppo di amici univesitari, di cui faceva parte anche F., Zoe andò a cena presso un ristorante dell'entroterra, per gustare piatti a base di pasta fatta in casa, cinghiale e polentina fumante.
La sala del ristorante era gremita, e la tavolata di Zoe e compagnia, numerosa. Zoe era seduta sul lato lungo del tavolo rettangolare, proprio in mezzo, accanto a lei, F.
Fu una cena gustosissima, si susseguirono crostini e primi davvero appetitosi, caccagione e funghi, l'armonia regnava sovrana. La conversazione verteva sugli esami da preparare e sui soliti pettegolezzi relativi ai professori, alle loro manie e tic, alle domande assurde proposte durante le sessioni d'esame, il tutto condito da sagaci battute al vetriolo e brindisi.
Zoe aveva mangiato con grande appetito e quando arrivarono i secondi era praticamente sazia da far paura. Vennero servite grigliate di carne miste, accompagnate dalle immancabili patatine fritte.
In quel momento F. chiese a Zoe se voleva le patatine, ma Zoe rispose che non ce la faceva ad ingoiare più nulla tanto era piena, F. però non convinto insistè: "Dai prendi due patate sono deliziose!" Zoe cortesemente rifiutò di nuovo: "No F. grazie non ce la faccio più"
Ma F. sembrò non udire la risposta, e continuò ad insistere: " Su via Zoe, non fare complimenti, prendi un po' di patatine...." E Zoe ripetè che non le voleva, ma nulla, F. sembrava un disco incantato.
La parte leonina di Zoe cominciò ad agitarsi, abbassò le orecchie e ringhiò, tese i muscoli e si preparò all'attacco. Zoe tentò di controllare quella forza oscura in tutti i modi, ma quando F., per l' ennesima volta tentò di mettere nel piatto di Zoe le patatine fritte che lei aveva vieppiù volte rifiutato educatamente e con il sorriso, il tappo del vulcano leonino saltò via.
" Ma insomma ci sentiiiiiii, sei sordooooo, sono almeno cinque volte che ti dico che non mi vanno, non le voglio, non le vogliooooooo! Ma ci sei o ci fai?" così urlò Zoe in faccia a F. esasperata dalla sua pedante insistenza, sfibrata dalla sordità del suo comprendonio.
Un silenzio di tomba gelò la tavola e tutta la sala del ristorante, tanta era stata la potenza della reazione di Zoe; F. si ammutolì e divenne verdino, gli amici, abituati alla gentilezza, alla grazia e soprattutto al suo super autocontrollo erano impietriti in svariate e comiche pose: chi a bocca aperta, chi con la forchetta a mezz'aria, chi con il boccone semideglutito, qualcuno con il bicchiere alle labbra. Sembrava che una magia li avesse incantati, lasciandoli lì, ancora presi dall'azione del momento. Momento per altro che parve interminabile, ma che si sbloccò appena Zoe ebbe passato il suo sguardo su tutta la conventicola, la quale cercò di superare l'imbarazzo facendo un brindisi alla faccia degli esami ancora da sostenere.
Anche il resto degli ospiti del ristorante riprese la propria attività mangereccia, ma con un tono lievemente più sommesso.
Per tutto il resto della serata F. non proferì verbo, nè Zoe gli rivolse la parola, concentrata com'era a sopire le zampate che la sua gemella leonina continuava a sferrare, per liberarsi dalle ultime catene che la tenevano ancora prigioniera.
All'uscita del ristorante F. prese la parola: " Mi hai trattato come un pellaio davanti a tutti!" - " Ti ho detto almeno cinque volte che non volevo le patatine fritte, ma tu hai continuato ad insistere, insistere e insistere, mi chiedo se capisci il senso della negazione F." gli rispose Zoe con mini ruggito e un lampo diavolesco nello sguardo.
" Ma io credevo solo che tu facessi i complimenti...." - " Tu non devi credere F. devi ascoltare, se ti dico no, è no, chiaro? Hai capito bene?" sibilò Zoe.
E un altro tassello del mosaico era stato sapientemente incastrato.