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Un anno dopo il successo di Zombi, Lucio Fulci dirige il suo primo horror vero e proprio (prima c'erano stati solo gialli e thriller) che attraverso il titolo cerca di accodarsi al grande successo ottenuto dalla saga di Romero (quando era ancora bella).
Romero e Argento accusarono subito Fulci di plagio, non solo per il titolo ma anche per l'idea stessa dei morti viventi. A quel punto il regista romano rispose alle accuse inviando alla coppia una lista delle decine di film che avevano già portato gli zombi sul grande schermo. Che facce toste!
Comunque per accusare Zombi 2 di aver plagiato Zombi bisognava proprio non averlo visto, perché al contrario del film di Romero, in cui i morti venivano riportati in vita dagli effetti di un virus, in quello di Fulci gli zombi ritornano quelli dell'horror classico (L'isola degli zombies, Ho camminato con uno zombi...) e della tradizione voodoo, una religione nata in America dall'incontro tra i culti pagani degli schiavi neri e la religione Cattolica.
Nel porto di New York compare una misteriosa imbarcazione apparentemente disabitata. Ma durante la perquisizione gli agenti della guardia costiera vengono attaccati da un energumeno orrendamente sfigurato che sembra immune alle pallottole.
Il giornalista Peter West e Anne Bowles (Tisa Farrow, si, proprio la sorella di Mia Farrow), figlia del proprietario della barca, decidono di partire per i Caraibi per scoprire cos'è accaduto al padre della ragazza. Qui riusciranno a raggiungere l'isola di Matul grazie a una coppia di americani, ma la troveranno invasa da un'orda di morti viventi.
Anche l'ambientazione quindi torna quella dei primissimi film zombeschi, inoltre Zombie 2 è completamente sprovvisto dell'ironia e delle critiche alla società contemporanea che caratterizzano ancora oggi i lavori di George Romero.
A parte questo, Zombie 2 non ha nulla da invidiare a Dawn of the dead, il ritmo si mantiene sempre buono, il sangue scorre a fiumi e l'azione caciarona esplode giusto in tempo nel finale, con una lunga sparatoria e una valanga di bottiglie moltov. Naturalmente i trucchi sono uno degli aspetti principali, e anche qui il film riesce a fare la differenza rispetto al "capitolo precedente", il makeup degli attori è infatti molto più grossolano ed esagerato, con una sovrabbondanza di vermi che spuntano da bocche e cavità oculari. Se non dovesse bastare, ci sono anche le bave verdastre dei moribondi, una decina di arti mozzati e qualche serio bagno di sangue. Immagino che all'epoca sia stato una rivoluzione per la quantità di frattaglie mostrate sullo schermo, almeno per quanto riguarda il cinema italiano.
Mi piace molto quell'incipit così laconico nel porto di New York, con la barca alla deriva arrivata da chissà dove, senza nessuno a bordo che possa raccontarlo. Crea un'atmosfera molto suggestiva che purtroppo non viene più raggiunta, se non nelle ultimissime scene.
Sui difetti non mi soffermo, soffre di tutta quella serie di problemi derivanti da un budget striminzito, come l'evidente artigianalità dei trucchi o l'eccessiva didascalicità dei dialoghi.
Memorabili le due scene citatissime e arcinote.
La prima, girata da Giannetto de Rossi, è davvero strana da vedere. Uno zombi in attesa sott'acqua inizia una surreale lotta contro uno squalo, lo morde insistentemente e si fa staccare un braccio, ma alla fine riesce a metterlo in fuga. Non ha senso, ma è geniale.
Nella seconda invece l'occhio di Olga Karlatos viene trafitto da un frammento di legno. Effettivamente la testa dell'attrice è ricostruita molto bene e il bulbo oculare (di plastilina) scoppia in modo davvero naturale. Pare anche che sia stata una scena complicatissima da girare, un giorno di riprese per alternare inquadrature dell'attrice a quelle della testa artificiale. Fulci la ripeterà con qualche variazione in L'aldilà.
Gagliardo anche il tema musicale di Fabio Frizzi.
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