Magazine Tecnologia

Zootropolis - Recensione

Creato il 13 febbraio 2016 da Lightman

L'ultimo attesissimo film dei Walt Disney Animation Studios catapulta immediatamente lo spettatore in una mirabolante giungla urbana pronta a sguinzagliare ritmo, azione e puro entertainment.

Zootropolis - Recensione

L'ultimo film dei Walt Disney Animation studios è un inno a tre elementi portanti della moderna ricetta (o meglio, di quella politicamente corretta) del successo personale: cosmopolitismo, pensiero out-of-the-box ed onestà intellettuale. Il primo consente una visione d'insieme, il secondo permette di uscire dagli schemi, il terzo ci rende affidabili. Nella cosmopolita Zootropolis ognuno può essere ciò che vuole: va da sé che nessun animale deve necessariamente rispettare i tratti distintivi che ne farebbero uno stereotipo. Se la volpe è inevitabilmente astuta, gli elefanti possono non ricordarsi nulla, i ghepardi possono essere ghiotti di ciambelle e un coniglio può rivelarsi un esempio di grande coraggio.

Zootropolis - Recensione

Non più sogni ma progetti

Già dal primo minuto sono proprio i cuccioli, archetipi dei piccoli spettatori del film, a dichiarare forte e chiaro che non devono necessariamente rispettare un ordine prestabilito per decidere della propria vita. La vittoria della civiltà poggia tutta sulla capacità di fornire agli individui una scelta, a prescindere da qualsiasi differenza di razza o di estrazione sociale. E' sia la vittoria del fenotipo sul genotipo che il trionfo del merito sul lignaggio: sono nato predatore ma anziché cacciare posso fare il commercialista, così come se sono nato pecora posso aspirare a fare l'astronauta. In tempi nei quali si spronano i bambini a uscire dagli schemi e a colorare fuori dagli spazi, seguire il proprio estro infischiandosene delle barriere socio-culturali è ormai un messaggio più che convenzionale. Colpisce, tuttavia, la scelta sempre più marcata di Disney di sostituire il "sogno" con il "progetto": il primo è un'idea platonica intrisa di romanticismo e irrealizzabilità, mentre il secondo è un obiettivo da raggiungere con un mix omogeneo di ambizione, determinazione e coraggio. Non è un caso che molti dei "sogni divenuti realtà" di disneyana memoria si realizzino non soltanto grazie alla propria ambizione ma anche con l'intervento esterno di un deus ex machina: la Fata Turchina pronta a fornire carrozza e vestito, il Genio della lampada con i suoi tre desideri, Timon e Pumbaa con la ricetta di una vita senza pensieri che fanno spazio al vecchio Rafiki, pronto a riportare Simba alle sue responsabilità. Tutti topoi fiabeschi che la Disney non solo accantona, ma si permette anche di scimmiottare facendo esclamare ad uno dei personaggi "Dove credi di essere? In un cartone animato dove tutti cantano e dove i sogni diventano realtà?". Giusta o sbagliata, l'idea appare fin troppo chiara: l'infanzia non è più spronata a sognare ma ha la possibilità di progettare. Per contro, deve farlo da sola, senza salvifici e risolutori interventi esterni. "Anche noi avevamo tanti sogni, ma accantonandoli siamo stati più felici" svelano due preoccupati genitori alla figlia che progetta (e non sogna, ha già deciso) di entrare in polizia. Preoccupazioni che hanno ben poca presa sulla coniglietta: alla notizia che non c'è mai stato un coniglio poliziotto, lei esulta proprio perché sarà la prima. Judy sa fin da subito che esiste un luogo dove anziché "far diventare i sogni realtà" puoi costruire un progetto sulla base delle tue qualità. Per raggiungerlo dovrà affrontare un duro e faticoso addestramento nel quale potrà contare solo su se stessa e sulla propria forza di volontà. E non sarà certo il bullo di turno a farle cambiare idea.

Provate tutto

Zootropolis - Recensione

La saggia scrittura di Zootropolis evita al film parecchi rischi. La prima trappola, opportunamente evitata, era quella di essere un manifesto posticcio della diversità a tutti i costi. "In un mondo dove sono tutti speciali nessuno lo sarà più!" sentenziava il villain de Gli Incredibili di Pixar. Ma ancora una volta non si tratta di essere speciali o di differenziarsi necessariamente dagli altri, ma di essere sinceri con se stessi, rispondendo in maniera naturale alle proprie pulsioni intellettuali e non a ciò che "il sistema" si aspetta da te. La seconda trappola, nuovamente evitata, era quella di mettere in contrapposizione città e campagna. I genitori contadini di Judy non sono due bigotti pronti a tarpare le ali alla figlia, ma soltanto due adulti preoccupati che la loro piccola vada incontro a una cocente delusione (e pronti non solo a ricredersi, ma anche a rimettere in discussione le proprie abitudini). Ma è proprio grazie alle loro tenere ansie che il film decolla immediatamente con la splendida sequenza iniziale del viaggio di Judy, sulle note di Shakira, che istiga letteralmente a "provare tutto" senza lasciarsi spaventare da ostacoli di qualunque risma: il messaggio canoro (" Try everything") pare quasi un'evoluzione di " Try" di Pink, che ricordava a tutti che " You gotta get up and try, and try, and try". La terza trappola, schivata con stile, era quella di fare della città una sorta di stucchevole Tomorrowland (e non più Disneyland!) della perfezione: Zootropolis è una sintesi di diverse culture, ma proprio per questo è tutt'altro che perfetta. Gli animali, andando a lavorare e vivendo la nostra quotidianità, presentano i nostri problemi rivisitati in chiave animalesca, a partire dalla lentezza della burocrazia. La motorizzazione civile americana, che ha fama di essere un luogo di lentissime procedure, a Zootropolis si traduce in un ufficio nel quale sono impiegati i già celeberrimi bradipi visti nella campagna virale del film. Problemi ben più seri emergono invece con la criminalità. E' chiaro fin da subito che, se Judy vuole fare la poliziotta per "rendere il mondo un posto migliore", persino la tanto celebrata utopia cittadina (richiamata nel titolo originale, " Zootopia") presenta le proprie storture.

Tra Basil l'Investigatopo e Beverly Hills Cop

Zootropolis - Recensione

Da sempre, soprattutto nel campo dell'animazione, utilizziamo gli animali per parlare di noi. Vale ancor di più per uno dei brand più potenti al mondo che ha inaugurato le sue fortune con un topo. Di certo, l'animale come caricatura dell'uomo è un ottimo veicolo per toccare nervi scoperti senza essere troppo diretti e, soprattutto, per mettere in luce i nostri pregi e difetti in modo divertente. E' dai tempi di Basil l'Investigatopo che la Disney non propone un Classico così intriso di elementi del Giallo e del Noir. Ma se il perfido professor Rattigan esclamava compiaciuto "Mi piace essere cattivo!", Zootropolis esplora opportunamente anche il variegato mondo dei buoni. Più di una volta i due protagonisti mettono in luce le loro debolezze, spesso tra disincanto e perplessità, che ne fanno due perfetti compagni di avventura: sono sia opportunamente diversi che, quando costretti a collaborare, naturalmente destinati a scoprirsi complementari. Per molti bambini, il nuovo film Disney potrebbe essere il primo poliziesco della vita. E l'intento di avvicinare il genere al giovane pubblico è evidentissimo. Zootropolis è prevedibilmente ricchissimo di citazioni (" Io sono nato pronto!" esclama Nick Wilde) e richiama spesso le atmosfere di titoli come Chinatown, L.A. Confidential, Il Terzo Uomo, 48 Ore, Arma Letale e Beverly Hills Cop. Eppure, Howard e Moore non fanno dei richiami alla cultura pop l'asse portante del film ma scelgono piuttosto di sviluppare una trama ricca di ritmo e di comprimari realistici e credibili, seppur attingendo a mani basse dal genere buddy anni '80 e dai più celebri plot twist di stampo complottistico. Spesso strizzano l'occhio al pubblico di tutte le età ma senza compiacersene in maniera pretestuosa: le citazioni de Il Padrino e di Breaking Bad sono talmente macroscopiche quanto arbitrarie ai fini della trama. In generale, si ride più per le allusioni agli elementi reali, dal ruolo della stampa scandalistica all'evasione fiscale, che per i tanti rimandi ai mostri sacri del grande e del piccolo schermo.

Meno spettacolo, più azione

Sul piano tecnico, oltre a confermare gli altissimi standard di dettaglio e di profondità dell'immagine raggiunti dai Walt Disney Animation Studios, l'impatto visivo di Zootropolis si deve ad una scelta creativa ben precisa: al grande spettacolo, che comunque non manca in alcune scene confezionate a regola d'arte, si predilige un ritmo serrato. L'azione, in sostanza, non si ferma mai e gran parte della tensione drammatica deriva dal ritmo vorticoso delle indagini anziché dal pathos sprigionato in situazioni limite. Anzi, è proprio quando tutto sembra momentaneamente fermarsi per fare spazio ad un momento di introspezione che arriva un nuovo elemento risolutivo, pronto a far ripartire tutto. Alle spettacolari sequenze acquatiche, innevate e aeree viste in Rapunzel, Frozen e Big Hero 6, Zootropolis predilige, per coerenza al genere che omaggia, ritmatissimi inseguimenti, pedinamenti e colpi di scena tipici del poliziesco. Dove il film fa inoltre centro è nelle scelte, soprattutto cromatiche, di portare alla luce i diversi quartieri della città, splendidamente illuminati nell'alternanza giorno/notte e ricchi di elementi pescati dai quattro angoli del mondo. Da Hong Kong a Barcellona, da Shanghai a Parigi, da Tokyo a New York, viene amplificato l'esperimento già percorso con la precedente San Fransokyo, emblema della contaminazione culturale tra l'universo yankee e il fascino del Sol Levante. Allargando il campo d'azione a tutto il mondo, il villaggio globale ed il conseguente melting pot dei suoi abitanti è servito su un piatto d'argento, coloratissimo e accattivante dai quartieri alti ai bassifondi.

Che voto dai a: Zootropolis

Registrati utilizzando un Account esistente


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog