Zoran – Il mio nipote scemo è uno di quei film che sembrano scolpiti nella verità del territorio che rappresentano, portandone sulle spalle le inquietudini e le peculiarità. Il film di Matteo Oleotto prende nella fattispecie il Friuli e un campionario umano ben preciso, e gli costruisce dentro la storia di un’amicizia disadattata e quasi mai davvero compiuta tra un grasso omone, ubriacone e superficiale negli affetti, e un giovane nipote sloveno che egli non sapeva neanche di avere. Un ragazzino di nome Zoran Spazapan, che ha imparato l’italiano su due romanzi sconosciuti ai più e che sembra un po’ ritardato, ma con un talento con le freccette davvero incredibile.
Lo zio, Paolo Bressan, lo vede come una fonte su cui lucrare ed è ossessionato da un campionato che si terrà a Glasgow. In realtà non è da meno neanche con le altre persone che gli stanno intorno: è come se tutti quei chili in più costituissero una barriera ancor più invalicabile tra il suo cuore e il resto del mondo, per tacere dell’ottundimento procuratogli dall’abuso di alcol. Zoran, tra i film rivelazione dell’ultima edizione del Festival di Venezia (fu presentato alla “Settimana della Critica”), si concede il lusso di scendere a fondo nell’analisi di quel binomio inscindibile tra ambiente e umanità, che per un film local è il punto di riferimento principale e non può che essere tale, sotto il profilo sia psicologico che antropologico. E nel fare questo parte quasi in sordina: si prende il suo tempo, rifinisce la narrazione per scorci abbozzati, inizialmente grezzi e poi via via sempre meglio definiti.
“Il vino è la salute, l’acqua è il funerale”, e i personaggi, gli uomini o le semplici comparse di una strada o un’osteria non possono che porsi esattamente nel mezzo, in una diffidenza vitale che non può fare a meno di proteggersi con una scorza di durezza ma allo stesso tempo sa come abbandonarsi alla sincerità liquida e complice di un bicchiere condiviso. Paolo Bressan è un personaggio respingente, fallimentare, prevalentemente negativo, ed è forse il pregio maggiore del film. Perché vedere qualcosa (ovvero: qualsiasi cosa entri ed esca dalla storia, o dall’inquadratura) attraverso la lente misantropa e ignorante di un tipo così significa non solo voler fare una commedia amara come si conviene, ma anche non volersi schermare a priori. Significare mettersi in gioco accanto alla sgradevolezza. In posizione paritaria rispetto al peggio del peggio, all’abietto. E non al di sopra di esso.
Negli extra del Dvd, presente nel catalogo dell’attivissima Tucker Film e uscito per CG Home Video, oltre al trailer ufficiale e al web trailer è presente anche un’intervista piuttosto corposa a Giuseppe Battiston, che nel film interpreta proprio Bressan. L’attore, che conosce bene le zone raccontate nel film in quanto originario di Udine, ricorda il suo primo incontro con il regista Oleotto, avvenuto non per il film ma anni prima all’Accademia d’Arte Drammatica della città friulana, dove anch’egli, all’epoca, studiava recitazione (e, per dirla con Battiston, “si muoveva strano”). L’attore di Agata e la Tempesta loda la capacità di Zoran di non raccontare solo le situazioni quanto gli stati d’animo: una complessità sulla quale il regista è più volte ritornato, con tignosa ostinazione sui luoghi specifici (l’osteria su tutti, ossessione narrativa per mesi e mesi).
A tal proposito Battiston tira in ballo Il grande Lebowski, un film che “andrebbe studiato in tutte lingue e in qualsiasi scuola” per come riesce in maniera pazzesca e strabordante a costruire dei personaggi folgoranti, tatuati nel ricordo di tutti ben oltre i tracciati di una storia di suo forse non così memorabile, tappeti a parte. Dei caratteri così scoppiettanti che, al di là del contesto in cui sono inseriti, puoi benissimo continuare ad immaginarli per conto loro anche in situazioni completamente differenti e autonome rispetto al film in sé. Gli extra offrono inoltre i trailer di altri importanti titoli dell’orientalissima Tucker: Poetry, Departures, In another country, Confessions e A simple life.
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