Zubaida: il coraggio di sperare nell'impossibile

Da Sabrina2007


"La danzatrice bambina" libro di Anthony Flacco
Nel luglio del 2001 Zubaida ha nove anni e mezzo e vive in uno sperduto villaggio dell'Afghanistan.
La sua esistenza scorre al ritmo di una musica che sente dentro di lei ed al ritmo di quella musica lei danza.
Ha trovato nella musica e nella danza un rimedio per scacciare la noia e per creare una barriera contro la tristezza.
Sente che la sua vita di danza e di musica finirà presto perchè, secondo le leggi talebane, dal compimento del decimo anno di età non potrà più uscire da sola all'aperto, non potrà più giocare e non potrà più avere amici maschi, insomma non potrà più osare apertamente di essere felice.
E' una delle rare occasioni che le capitano di essere sola in casa, si sente meravigliosamente bene, canta, danza e decide di prepararsi un bagno. Ha solo nove anni, ha acceso la fiammella pilota dello scaldabagno tenendo in mano la latta del keerosene per riempire il serbatoio, continua a danzare ma in un passo complicato della danza inciampa, il kerosene finisce sulla fiammella dello scaldabagno........Zubaida diventa una torcia umana.
Tutto questo avviene nelle prime dieci pagine del libro, una storia vera, la storia dell'amore di un padre per la propria bambina, un amore che lo porta a fare cose inimmaginabili in un paese come l'Afghanistan nel quale il fondamentalismo dei talebani considera le donne all'ultimo posto nella scala sociale.
Era prassi comune che i genitori abbandonassero una figlia morente nel deserto oppure, se avevano un pò di pietà, che la finissero con un colpo di pistola. Ma il padre di Zubaida è diverso, lui ama la sua bambina anche se ormai è irriconoscibile.
Si indebita pur sapendo che non potrà mai restituire i soldi ricevuti in prestito e raggiunge i campi degli americani, trova il coraggio di oltrepassare la linea tra "loro" e "gli altri".
E' da un soldato americano che ha inizio l'avventura di Zubaida verso la salvezza, un soldato che vorrà rimanere anonimo.
Il soldato guardando la bambina vede nei suoi occhi un bagliore di vita e non se la sente di voltare le spalle a quel bagliore. Contravvenendo agli ordini e rischiando in prima persona decide di accompagnare la bambina ed il padre da un medico dell'esercito statunitense,
E' il primo dei tantissimi passi che saranno necessari per scrivere la parola "guarigione" e per rendere possibile una speranza di vita per Zubaida.
Affronta il viaggio negli Stati Uniti appoggiato e sovvenzionato da un'organizzazione umanitaria, viene ospitata per un periodo presso una famiglia ma, quando il carattere della bambina messo a dura prova dallo stress per le tante operazioni chirurgiche diventa troppo difficile da gestire, questa famiglia non se la sente più di ospitarla.
Zubaida dovrebbe ritornare in Afghanistan ed essere abbandonata al suo destino, la serie di operazioni di plastica alla quale deve essere sottoposta è appena agli inizi ed interromperla renderebbe vano tutto quanto è già stato fatto.
La sua salvezza è il chirurgo che la sta operando il quale, insieme alla moglie, decide di accoglierla nella sua casa e lì Zubaida rimarrà fno alla fine del percorso ospedaliero.
Peter e Rebecca Grossman sono i principali artefici della salvezza di Zubaida perchè al suo paese sarebe sicuramente morta.
In Afghanistan sotto il regime dei talebani alle donne veniva negata qualunque forma di assistenza sanitaria. Ai dottori era consentito visitare le donne solo in presenza di un uomo della famiglia e soltanto sopra ai vestiti. In ogni caso anche se avessero riscontrato la necessità di un intervento chirurgico nessun chirurgo maschio avrebbe potuto operare una donna ed alle donne non era consentito esercitare la professione di medico.
La mia opinione:
per me questo libro è stato una lettura molto interessante perchè mi ha dato la possibilità di conoscere attraverso una storia "di vita vissuta" la realtà drammatica di un paese che conoscevo solo attraverso le immagini drammatiche riportate dai telegiornali.
Attraverso le esperienze di Zubaida si comprende che troppo spesso ci si convince che "gli altri" siano un'entità distante e diversa da noi, invece "gli altri" sono in realtà il nostro prossimo, persone con le quali è possibile instaurare un rapporto. A volte è sufficiente guardarli con occhi diversi, lasciando da parte i preconcetti e si trova un punto di contatto.
Mi ha intenerito leggere le impressioni di Zubaida di fronte alle abitudini americane, ad esempio quando dice di non capire perchè, puravendo delle case grandissime e una cucina che sembra quella di un grande albergo si divertono di più a cucinare all'aperto in giardino. Anche Babbo Natale subito non le piace perchè lo vede come un personaggio religioso e al suo paese la religione non ha mai portato del bene alla sua famiglia, ma poi fa sua l'idea che Babbo Natale abbia dei poteri magici e spera che riesca a trasformare i suoi desideri in realtà.
Questa è la lettera che Zubaida gli scrive e che Rebecca trova poco prima di Natale:
"Caro Babbo Natale,
ti prego, fai che i miei sogni si avverino, che mia mamma stia meglio e che la mia famiglia stia bene e in pace. Per favore aiutami affinchè io guarisca presto e possa tornare nel m paese. Ti prego di chiedere a Dio di dare a Rebecca e Peter quattro bambini, due maschi e due femmine.
Un abbraccio, Zubaida"
Navigando in internet sono riuscita a trovare anche le immagini di Zubaida, di Peter e di Rebecca. Una di queste immagini è particolarmene drammatica, ma penso che sia necessario guardarla per rendersi conto del dolore che Zubaida ha dovuto affrontare e del coraggio che hanno avuto le persone che hano deciso di aiutarla e di sperare con lei.
Non conosco la lingua inglese e quindi non posso leggere i post nei quali si parla dell'incredibile miracolo che il dottor Grossman è riuscito a rendere possibile.
Nell'ultima parte del libro, prima dei ringraziamenti dell'autore Anthony Flacco, c'è una postfazione scritta da Peter e Rebecca Grossman, la tragedia di Zubaida vista attraverso i loro occhi.
Parlano dei periodi di crisi, dei momenti di gioia, della certezza che Zubaida aveva solo bisogno di sostegno e di aiuto e della loro convinzione che nella vita riuscirà a fare grandi cose.
La postfazione finisce con queste parole "ABBIAMO CAPITO CHE IL BENEFICIARO E' CHI FA IL REGALO"
Ho inserito questa opinione su "La danzatrice bambina" sul sito di opinioni Ciao.it
Marta


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