Personalmente ritengo che sia vitale e doveroso trasmettere la memoria storica di questi tempi in cui sa va sempre di fretta, ricordarsi di quanto si è anche sofferto nel veder altri soffrire. Questo va tramandato soprattutto alle giovani generazioni perché sono il nostro futuro e a loro dobbiamo affidare i tempi che verranno.
Sono diversi gli scrittori e i poeti deportati da Mario Rigoni-Stern a Elio Vittorini, caro autore della mia adolescenza. Scelgo di postare qui una poesia di Primo Levi che sempre ci scuote, fa riflettere e dovrebbe farci vergognare dal profondo.
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e i visi amici:
considerate se questo è un uomo,
che lavora nel fango,
che non conosce pace,
che lotta per un pezzo di pane,
che muore per un sì o per un no.Considerate se questa è una donna
senza capelli e senza nome,
senza più forza di ricordare,vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore,
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca
i vostri cari torcano il viso da voi.