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2666 di Roberto Bolaño. 4. La parte dei delitti

Creato il 09 dicembre 2012 da Spaceoddity
2666 di Roberto Bolaño. 4. La parte dei delittiLa parte dei delitti è, nell'edizione italiana di Adelphi, il quarto frammento, e il più corposo, di 2666, riconosciuto all'unanimità come il capolavoro di Roberto Bolaño. Rispetto a La parte di Fate, sembra che qui l'autore cileno abbia preso, volontariamente, una via periferica e ombrosa, ma anche impervia in termini di continuità. Il titolo fa riferimento a una serie interminabile e molto macabra di omicidi, anzi di femminicidi, che ha avuto come epicentro la Santa Teresa di cui si parla nel resto del romanzo. Ma, se già ne La parte di Amalfitano nella sua stralunata e geometrica lucidità il protagonista eponimo aveva visto quello che stava per accadere e fatto di tutto per mettere in salvo la figlia, qui abbiamo ciò che sta dietro, l'altra faccia dell'intuizione irrazionale. I personaggi che abbiamo incontrato nei tre quadri precedenti sono quasi tutti scomparsi: svaniti nel nulla soprattutto i quattro protagonisti de La parte dei critici, che mi avevano fagocitato nella loro ricerca intellettuale ed emotiva; l'unico appiglio che ci rimane all'eco delle pagine ormai lontane è il personaggio meno familiare, come quando uno va in gita e, dove meno se lo aspetta, incontra la persona che detesta più al mondo. Sembra che Bolaño faccia di tutto per trascinare il suo lettore controvoglia, per la collottola, senza prospettargli una conclusione.
La parte dei delitti è appunto, per molti aspetti, un incontro ingrato. Gli x-files costituiti dagli omicidi irrisolti costituiscono l'ossatura del romanzo, composto (anche per pagine e pagine consecutive) di report polizieschi e/o medico-legali su cadaveri femminili ritrovati, a volte giorni (o anche mesi) dopo il decesso: corpi stuprati (con un inventario surreale di tutte le possibilità di abuso su una donna), brandelli di carne seviziata, torturata, con la fantasia di serial killer scatenati, indecisi se lasciare la firma inequivocabile del proprio passaggio o superare di volta in volta le maniacali perversioni... le loro e quelle di un paese attonito. Il Messico che via via si va ricomponendo dalle tessere del romanzo di Roberto Bolaño sembra incapace di nutrire il benché minimo moto di orgoglio o, una sia pur velleitaria, ipotesi di riscatto - o, azzarderei addirittura, di salvezza. È un paese di persone che affogano e usano le loro estreme energie non per risalire a galla, bensì per soffocarsi l'un l'altro, è un deserto di rottami galleggianti dopo l'affondamento di una nave. Una fantasia macabra e romanzesca si coniuga qui con la brama ossessiva di rendere conto di ogni singolo delitto (reale) di cui la polizia sia stata costretta ad occuparsi, sia pure con la consapevolezza della parzialità di ciò che si conosce rispetto all'ignoto e tra la noia e l'apatia che contraddistinguono questo Messico alieno.
2666 di Roberto Bolaño. 4. La parte dei delitti
L'immaginario di Roberto Bolaño è il rovescio della medaglia di quel realismo magico che affascina tanto negli scrittori centro- e sudamericani: nei fatti, questo mondo avvitato su sé stesso, fatto di vittime e neghittosità altrui, è il negativo fotografico di quel sopraggiungere farneticante del vero quale irruzione di un mondo fantastico. Le scomparse e le morti non sono qui frutto di trame labirintiche di un narratore sovreccitato dalla sua cultura o magari da droghe: costituiscono proprio la rivendicazione di un'insolubilità necessaria del vero negli assolati campi della fantasia, e questo per via della potenza delle forze criminali e per l'immobilismo di quelle politiche e militari. Il paesaggio è insieme assolato, brullo e fangoso, al nulla del deserto a perdita d'occhio del Sonora si sovrappone l'avaria di sabbie mobili permanenti. Tra ipotetici serial killer che tengono conferenze stampa in carcere e giornalisti che spariscono, tra senatrici ossute che si spendono per la causa, sia pure senza un minimo di speranza, e depravazione di ogni sorta, almeno qua e là emerge il carattere splendido di Florita Almada, una vecchia autodidatta (ma capace di riformulare a memoria l'intero Canto notturno di Leopardi), specialista in erboristeria, che va in televisione per presunti poteri di medium. Solo che, ecco, le sue visioni - spettacolari quanto contestate - riportano ancora una volta ai femminicidi perpetrati nel nord del Messico. La parte dei delitti di Roberto Bolaño sembra una rivendicazione - per non dire vendetta - dell'ossessività del vero (dove tutto si perde e muore) sulla letteratura (dove la vita aspira a essere eternata).

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