Ho gli occhi al soffitto, gli elettrodi appiccicati al petto, quattro pinze rosse e blu, due alle caviglie e due ai polsi. Ho il corpo collegato ad una macchina che registra i battiti del mio cuore. La stanza è piccola e asettica, c’e un vecchio medico in camice bianco che apre la porta all’inserviente delle pulizie. Quest’ultima è una donna sulla quarantina. “Ecco il cambio della biancheria”, commenta il medico facendole segno di entrare. La donna sorride e scuote la testa. “Guardi che mestiere mi tocca fare con una laurea”, si lamenta lei. La donna si fa largo, apre il mobiletto all’angolo e fruga tra gli scaffali. “Le serve un camice pulito dottore?”, gli domanda. Il medico si spolvera il camice e risponde: “Questo può ancora andare”. La donna annuisce. “Allora ripasso giovedì”. Termina così la loro breve conversazione. Lei esce di nuovo e richiude la porta. La macchina intanto sputa lentamente un foglio di carta millimetrata, l’elettrocardiografo ha tracciato un grafico dell’attività del mio cuore. “Può alzarsi”, mi fa il vecchio dottore. La sua voce, una volta uscita dalla stanza la donna delle pulizie, torna a farsi austera, fredda, distaccata. “Posso togliere questi?”, gli indico gli elettrodi ancora incollati sulla mia pelle. Mi fulmina con un’occhiata di traverso. “Direi di sì”, risponde gelido. Sfila dalla macchina il foglio con il responso della sibilla e lo infila in una cartellina bianca. Scendo dal lettino e mi riabbottono la camicia. “Com’è andata dottore?”, gli domando. Lui inforca gli occhiali e si siede alla scrivania. “Se lo faccia leggere dal suo medico di base”, risponde seccamente porgendomi la cartellina bianca. “Arrivederci”, aggiunge. Non ho né voglia né fiato per mettermi a discutere con lui. È un uomo oppresso da secoli di razionalismo, e a furia di spiare nei cuori degli altri dev’essere che gli si è seccato il suo. Vado verso la porta. Mi soffermo per un istante, mi volto a osservarlo per l’ultima volta. Lui non mi degna di uno sguardo, è già concentrato sul prossimo cuore nel quale dovrà indagare. Dovrebbe però valutare più attentamente come la vita l’ha reso un essere arido e disgustoso. Registrare l’evidente è pur sempre parte del suo lavoro.
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