Magazine Diario personale

Accontentarsi? Mai. O forse sì?

Da Romina @CodicediHodgkin

“Accontentarsi? MAI!”.

Questa frase, pronunciata con sdegno, ultimamente la sento spesso. E inizia a urtarmi. In alcuni casi, sono stata solo una sventurata astante di conversazioni altrui. Altre volte, è rivolta direttamente a me e al mio amore per la vita domestica serena, i lavori con carriera inesistente ma stipendio (magari basso) sicuro e limitato rischio di ulcera, la mia mancanza di ambizioni di un certo tipo. Per carità, io magari sbaglio. Un mio amico sostiene che è tipico di noi che ci siamo ammalati molto giovani vivere low-profile. Sotto sotto pensiamo che siamo stati più che fortunati e non possiamo pretendere altro dalla vita. Non so se sia veramente così, ci devo pensare. Un po’ più di ambizione e caparbietà mi avrebbero sicuramente giovato ma…c’è un ma.

Io vedo questi grandi paladini del “non accontentarsi mai” correre come pazzi per avere sempre di più. Li vedo cambiare uomini quando si rendono conto di non avere accanto la versione in carne e ossa di uno dei principi azzurri dei libri della Kinsella. Li sfanculano quando non vengono colmate di regali o di complimenti. Li vedo lamentarsi in continuazione di posti di lavoro con stipendi e contratti che la maggior parte della gente pagherebbe per avere. Mi duole dirlo, ma questo atteggiamento è per lo più femminile. Vedo donne che si affannano per dimostrare non so cosa a non so chi. E non smettono mai un minuto di correre.

E’un comportamento che, sulla distanza, condanna all’infelicità perché  si perde di vista quel che si ha. E spesso si ha molto più di quello che si crede di avere. Si guardano, magari, i difetti del proprio compagno ma non si bada magari a quanto fa per renderci felici sotto altri aspetti. Per carità, anche io prenderei Maschio Alfa a badilate ogni otto ore a mo’di antibiotico (sa essere davvero pesante) ma poi mi fermo a riflettere che la stessa persona che mi manda in bestia perché si rifiuta di sposarsi, è anche la stessa che mi ha insegnato cosa sia una famiglia. E allora non importa più. Poi, anche io – come tutti – penso di non essere pagata abbastanza o che uscire dall’ufficio la sera alle 20:00 è veramente faticoso. Però è anche vero che so bene cosa vuol dire non avere un lavoro. E allora ben venga uscire tardi.

Onestamente, contrariamente ai sostenitori dell’andare oltre, del volere di più, io mi sento appagata. Stanca. A volte in difficoltà. Ma serena. E poi non è vero che mi accontento.

Non so spiegarvi bene per quali motivi non è vero che io mi accontento (anche se ad alcuni sembra così) e quindi chiedo aiuto ad uno dei più grandi filosofi che il genere umano abbia mai visto: Snoopy.

Accontentarsi? Mai. O forse sì?


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