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Addio a Philip Seymour Hoffman

Creato il 03 febbraio 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

3 febbraio 2014 • Star News, Vetrina Cinema, Videos

La siringa ancora infilata nel braccio, il laccio emostatico attorno, il corpo riverso nella vasca da bagno del suo appartamento al 35 di Bethune Street, a Manhattan. Se ne va così Philip Seymour Hoffman, esce di scena come nel più classico dei copioni da divo maledetto: stroncato da un’overdose di eroina a 46 anni. Anche se di maledetto il faccione di Hoffman, aria schiva e incedere da gran maestro del palcoscenico, aveva ben poco.

Una notizia shock, rimbalzata in rete nel giro di poche ore, smentita sulle prime e alla fine confermata dal ‘Wall Street Journal’ quando ancora non era stata rilasciata nessuna dichiarazione ufficiale del medico legale. Il corpo dell’attore americano è stato trovato senza vita nella tarda mattinata di ieri, dopo la telefonata al 911 dello sceneggiatore David Katz, preoccupato che Hoffman non rispondesse alle sue chiamate. Non era la prima volta che l’attore premio Oscar per il ruolo di Truman Capote nel 2006 in “Capote – A sangue freddo”, si ritrovava a dover fare i conti con problemi di droga: già lo scorso anno era stato ricoverato in un centro di riabilitazione per abuso di eroina. Era riuscito a starne lontano per 23 anni, poi la ricaduta nel 2012.

Classe 1967, era nato il 23 luglio a Fairport nello stato di New York da una famiglia della middle class americana. La passione per il teatro e la recitazione la scoprirà da giovanissimo, a 12 anni, dopo aver visto una produzione locale di ‘All My Sons’; finito il liceo, al momento di iscriversi all’Università, punta subito sulla New York University’s Tisch School of the Arts, dove si laurea nel 1989. Nel 1991 debutta in televisione con una parte nel serial “Law & Order”, e al cinema, nella produzione indipendente “Triple Bogey on a Par Five Hole”. Negli anni ’90 Hollywood si accorge di lui e inizia così a farsi le ossa in una serie di ruoli secondari su set di film passati alla storia come “Profumo di donna” (1992), “Milionario per caso” (1993), “Amarsi” (1994). Nel 1997 arriva il successo: con “Boogie Nights” infatti, Paul Thomas Anderson lo impone all’attenzione di pubblico e critica facendone da quel momento il suo attore feticcio.

Philip Seymour Hoffman

Philip Seymour Hoffman

L’anno dopo i fratelli Coen lo sceglieranno per far da spalla a Jeff Bridges ne “Il grande Lebowski”, seguiranno le grandi performance di “Magnolia”, “Il talento di Mr. Ripley”, “La ventcinquesima ora” e “Ritorno a Cold Mountain”. Nel 2006 la consacrazione definitiva: l’interpretazione del chiacchierato scrittore Truman Capote in “Capote – A sangue freddo” gli vale l’Oscar come Miglior Attore Protagonista. Versatile, eclettico e viscerale Hoffman continua a confermare una straordinaria duttilità ad ogni prova: dal perfido Owen di “Mission: Impossiible III”, al figlio degenere di “Onora il padre e la madre”, dall’eccentrico deejay di “I Love Radio Rock” all’Agente della Cia ne “La guerra di Charlie Wilson”, che gli porta una seconda nomination agli Oscar, questa volta come miglior attore non protagonista. La terza candidatura non tarda ad arrivare nel 2009 per il ruolo del prete sospettato di pedofilia ne “Il Dubbio” di John Patrick Shanley; poi di nuovo nel 2013 per “The Master” di Paul Thomas Anderson che gli fa conquistare una Coppa Volpi a Venezia.

Tre anni fa l’esordio alla regia con “Jack Goes Boating” e se la morte non lo avesse sorpreso così avrebbe iniziato presto a girare il suo secondo film da regista con protagonisti Amy Adams e Jake Gyllenhaal. Si era costruito una vita lontano dallo star system, niente riflettori, la stessa compagna da quindici anni, Mimi O’Donnell, dalla quale aveva avuto tre figli e un amore sconfinato per il suo lavoro, che però non è riuscito a salvarlo:“Ma questo tipo di amore – aveva dichiarato in una intervista al ‘New York Times’ – così profondo per lo spettacolo ha un prezzo: recitare è una tortura perché sai che è una bellissima cosa. Desiderarla è facile. Cercare di essere grande, questa è la tortura”.

Di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net


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