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Aldo Grasso: critiche sanremesi con gli occhiali da presbite

Creato il 15 febbraio 2012 da Elvio Ciccardini @articolando

Aldo Grasso: critiche sanremesi con gli occhiali da presbiteIeri Sanremo, con giocolieri, saltimbanchi e cantanti, oggi la critica di Aldo Grasso. E’ come aspettare il 25 Dicembre, non si sa come andrà la giornata, ma si è certi che sarà Natale.

Quest’anno, la penna dell’osservatore cade su Celentano che, per non dar nell’occhio, non ha fatto proprio nulla. In fondo, Sanremo è uno spettacolo musicale dove, da sempre, si parla di tutto, tranne che di cantanti, canzoni e musica…

Grasso si domanda se davvero questo baraccone è la misura dello stato di salute della nazione. Aggiunge: se tale fosse, ci sarebbe da preoccuparsi. In realtà, non ce ne è motivo. Sono ancora molti gli italiani che hanno visto nascere Sanremo, per loro, può essere che rappresenti qualcosa di più di un semplice programma nazional-popolare. Sono molti di più gli italiani nati dopo Sanremo. E qui si dovrebbe segmentare la popolazione in generazioni. Oggi, come sottolinea Grasso, è un altro tempo.

Interessante è l’accostamento Monti o Celentano, come salvatori della patria. Tra le righe Grasso arriva alla provocazione: via le Olimpiadi, perchè troppo costose, via Sanremo, usiamo meglio i soldi del canone.

Ci sono troppi predicatori in giro, sostiene. O Monti, o Celentano. Ed è da questa provocazione che bisogna prendere le distanze. Se l’Italia vuole rinascere deve rinunciare al “salvatore della patria”. Cioè a quella figura catalizzante a cui il Paese si affida e a cui viene affidato il paese.

L’uomo salvifico della nuova Italia non deve esistere, poiché esso è un male per il sistema istituzionale su cui si fonda la nazione, cioè la democrazia. E’ la partecipazione che rende una nazione viva e vitale. L’uomo salvifico ne è la negazione. Le responsabilità vanno divise, condivise e supportate collegialmente, ognuno in base alle proprie possibilità. Lo stesso vale per i doveri. Solo un sistema inclusivo, e non esclusivo, può far rinascere l’Italia. Le prime donne, siano esse della politica o dello spettacolo prestate al politichese, non servono. C’è bisogno, al contrario, di orchestre, di cori, di corpi di ballo creativi e propositivi. Ognuno dovrebbe metterci del suo, in base a ciò che sa fare e per il contributo che può dare.

Cercare sempre un direttore, una voce solista, sia essa “colta” o “degli ignoranti” è deleterio, poiché divide in fazioni e disarma la nazione che, al contrario, ha bisogno di essere rafforzata di forza di volontà e di buon senso, di chi la rende viva e vitale, cioè dei cittadini.

Se è vero che non possiamo dare un futuro all’Italia dando spazio a un campionario di polemiche, incidenti, freak show, casi umani, amenità, pessime canzoni e varia umanità con l’alibi che sono cose che fanno discutere e parlare, è altrettanto vero che l’occhio attento e critico dell’osservatore potrebbe cadere altrove, non su un semplice programma di intrattenimento musicale.


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