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Anarchia, la notte del giudizio

Da Lupokatttivo

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Oggi abbiamo un gradito ospite. Tommaso, blogger di “Onestoespietato” ci ha voluto regalare questa succosissima recensione di “Anarchia”, scritta in esclusiva per il Cinemanometro. “Anarchia” e’ il seguito de “la notte del giudizio”, horror pseudo home invasion del 2013.

22 marzo 2023, Stati Uniti. Se vi trovate fuori, è il caso di rientrare a casa per evitare di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Se un tempo l’imperativo era “non aprite quella porta” ora è diventato “chiudete bene quella porta”. Perché alle 19.00 scatta l’ora X dello sfogo annuale, the purge, ovvero 12 ore in cui, dal tramonto all’alba, per provvedimento governativo, è lecito uccidere chiunque, senza incorrere in alcun reato.
A distanza di un anno dal primo episodio La notte del giudizio (The Purge), James DeMonaco partorisce il sequel Anarchia, facendo un passo in avanti nell’indagine della violenza legittimata (d)al potere. Gli Usa sono una mega-nazione risorta dopo l’avvento del regime dei Nuovi Padri Fondatori, eminenze grigie più volte evocate ma ignote. Il Paese gode di una criminalità ai minimi storici, così come la disoccupazione è bassissima, ma ogni istinto represso deve essere liberato ogni tanto e per questo è stato istituzionalizzato lo Sfogo Annuale. “Semel in anno licet insanire” dicevano gli antichi sul Carnevale. Ma qui c’è ben poco da ridere. Per strada si riversano coloro che hanno deciso di morire, quelli che vogliono uccidere per puro piacere, chi per vendetta, chi per dovere statale al fine di ridistribuire il denaro (tema già visto nel pessimo In Time di Andrew Niccol). Come in un aggiornato e modificato mito del Centauro, i poveri sono dati in pasto allo Stato o a famiglie ricche affinché possano compiere il loro sacrificio al Dio Denaro e ai Nuovi Padri Fondatori.
Anarchia – La notte del giudizio è un b-movie in veste da sanguinolento blockbuster, superiore alla media di tanti altri prodotti (quelli sì che sono di serie b!) che inondano i multiplex. James DeMonaco però, diversamente dal primo film in cui appariva il divo Ethan Hawke, qui fa a meno di ogni star e punta tutto su un cast di attori pressoché ignoti e si getta in strada. Se “l’antefatto” si sviluppava per lo più in interni, ricordando un po’ Panic Room di David Fincher e un po’ Funny Games di Haneke, Anarchia scende in piazza, sulle strade buie e abbandonate di Los Angeles. Mitraglie, lanciafiamme, machete e calibro di ogni tipo scorrono come in una vetrina/campionario della violenza. Ad impugnarle un’umanità orribile, con maschere a metà strada tra quella di V per Vendetta e quella di Jason di Venerdì 13, spaventosa come gli zombie di Essi vivono di John Carpenter (non a caso DeMonaco ne ha sceneggiato il remake di Distretto 13).
Ma Anarchia non è puro entertainment sensazionalistico, calderone indistinto in cui rovesciare ogni forma di perversione armata. E’ un prodotto di genere (b-movie) che amalgama altri generi. Vi troviamo in primis tutti gli elementi del più classico degli horror: la coppietta che gli si ferma la macchina, la giovane di colore chiacchierona, quel sentirsi al sicuro quando in realtà si è in un mare di guai, l’anti-eroe che si redime, ecc. A questi è da aggiungere una tensione da thriller e un’ambientazione da piena apocalisse umana. Ma non solo.
Anarchia è soprattutto un film che indaga la società americana, il suo senso di giustizia e di libertà. Quella terra promessa dove la libertà è stendardo tenuto alto da sempre, è in realtà un Paese che (ap)pare sicuro, ma in realtà vive un equilibrio instabile pronto a implodere nella violenza. DeMonaco propone quindi una originale e disincantata riflessione sul porto d’armi negli Usa (e su questo non perdetevi i titoli di coda!), Paese che, inspiegabilmente, continua ancora oggi ad applicare la pena di morte. A bene vedere, infatti, e DeMonaco riesce a velare questo spunto, lo Sfogo annuale è una sorta di pena di morte legalizzata e impunita.
Anarchia è quindi un film che fa paura, anche solo per il fatto di immaginare, ma forse sarebbe meglio dire prospettare, e neppure troppo utopisticamente, una realtà che dista da noi solo dieci anni…
God Bless America. Anzi no.

Guest post scritto da Tommaso Tronconi (www.onestoespietato.com) per Cinemanometro



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