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“Anni del tormento”, la Libia sotto il colonialismo italiano

Creato il 30 luglio 2013 da Maria Carla Canta @mcc43_

mcc43

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Quale nazione ha “inventato” i bombardamenti aerei?
L’Italia, sul cielo della Libia.

Viva Tripoli
La guerra del
1911 fu a lungo preparata, infiltrando agenti segreti in Libia con un duplice compito: raccogliere informazioni militari e reclutare capi arabi disponibili a collaborare. Deciso l’attacco, l’Italia usò la sua schiacciante superiorità militare […]. Fu usata anche l’aeronautica, che il 1° novembre in Libia effettuò il primo bombardamento della storia.

La colonizzazione italiana rese  la Libia un “giardino”?
 Parliamo anche dei “campi” di concentramento.

Subito dopo l’inizio dello sbarco del corpo di spedizione, forte di 100mila uomini, scoppiò la rivoltaFoto ricordo popolare, e diversi soldati italiani furono massacrati. Gli italiani scateneranno una vera e propria caccia all’arabo: in tre giorni ne furono fucilati o impiccati circa 4.500, tra cui 400 donne e molti ragazzi.
Migliaia furono deportati a Ustica e in altre isole, dove morirono quasi tutti di stenti e malattie.
I deportati libici in Italia superarono le 4000 unità nel solo ottobre del 1911, ma non esiste una contabilita’ totale.
Nel 1930 vennero deportati dall’altopiano cirenaico circa 100mila abitanti e rinchiusi in una quindicina di campi di concentramento lungo la costa. Per sterminare le popolazioni ribelli, furono impiegate dall’aeronautica anche bombe all’iprite. (citazioni tratte da  Manlio Dinucci  e  Angelo Del Boca )

Come venivano condotte le incursioni aeree italiane?
Con gioiosa baldanza!

La flottiglia dei volontari«Una spedizione di otto apparecchi fu inviata su Gifa, località imprecisata dalle carte a nostra disposizione [...] Fu rintracciata perché gli equipaggi, navigando a pochi metri da terra, poterono seguire le piste dei fuggiaschi e trovarono finalmente sotto di sé un formicolio di genti in fermento; uomini, donne, cammelli, greggi; con quella promiscuità tumultuante che si riscontra solo nelle masse sotto l’incubo di un cataclisma; una moltitudine che non aveva forma, come lo spavento e la disperazione di cui era preda; e su di essa piovve, con gettate di acciaio rovente, la punizione che meritava.
Quando le bombe furono esaurite, gli aeroplani scesero più bassi per provare le mitragliatrici. Funzionavano benissimo. «Nessuno voleva essere il primo ad andarsene, perché ognuno aveva preso gusto a quel gioco nuovo e divertentissimo. E quando finalmente rientrammo a Sirte, il battesimo del fuoco fu festeggiato con parecchie bottiglie di spumante, mentre si preparavano gli apparecchi per un’altra spedizione.
Ci si dava il cambio nelle diverse missioni. Alcuni andavano in ricognizione portandosi sempre un po’ di bombe con le quali davano un primo regalo ai ribelli scoperti, e poi il resto arrivava poche ore dopo. In tutto il vasto territorio compreso tra El Machina, Nufilia e Gifa i più fortunati furono gli sciacalli che trovarono pasti abbondanti alla loro fame» 
(citazione dal libro   Ali sul deserto, dell’aviere  Vincenzo Biani, )

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Si dirà “Tutta colpa del Fascismo!” perchè se ne vuol intendere solo la rozza evidenza repressiva, ma aver  appeso il fascismo a testa in giù a Piazzale Loreto non l’ha sradicato. L’ha tramutato in un’ ombra insinuante nel sentimento collettivo sotto forma di  rimozione, incapacità di autocritica storica, avversione per gli immigrati che “insidiano le nostre radici culturali”, se non si mimetizzano. Immigrati che  mal si sopporta veder ascendere a cariche importanti nelle Istituzioni.
Dobbiamo ricordare, invece, che l’ Italia coloniale, dei nostri nonni e bisnonni , deportò migliaia di persone, le concentrò in condizioni terribili, di sfruttamento fame violenza. Un numero di persone  quantificato dallo stato libico  in 750.000 trovò la morte. Contestualizzato, il numero ha una proporzione terrificante. Con i dati del 1936, la popolazione libica totale era di 848.600 persone: gli italiani , a quella data, erano diventati il 13%. Essendosi appropriati della zona costiera, localmente la percentuale svettava al 30%!

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MUHAMMAR GHEDDAFI  e ” DHULM, gli anni del tormento

Muhammar Gheddafi  la colonizzazione italiana (1911-1943)  non l’aveva dimenticata. Intendeva  svelarne  la natura non meno spietata di quello britannico o francese e si affidò alle sue non trascurabili doti di scrittore per comporre una storia dalla quale trarre un’opera cinematografica.  Il testo venne trasposto in sceneggiatura dal palestinese Iman Said per il produttore Renzo Rossellini, per il regista  Najdat Anzour  e l’assistente alla regia Naman Tarcha, entrambi siriani. Vennero girate scene nel Sahara e in Italia, alle Isole Tremiti dove il 29 ottobre 1911 erano stati sbarcati 500 deportati libici. Il titolo era  “Dhulm: gli anni del tormento,  ma il film non arrivò a conclusione. Arte e narrazione storica non possono competere con la real politic.

La firma
Sottoscrivendo nel 2008 il Trattato di riconciliazione Italia – Libia, Gheddafi e Berlusconi s’incontrarono a metà strada: venne interrotta la realizzazione della cruda narrazione di Dhulm e sbloccata, finalmente, la proiezione al pubblico de Il Leone del deserto, di Oliver Stone, fino allora rigorosamente all’indice in Italia.

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Naman Tarcha 1

Merito dell’allora assistente regista,ora giornalista e conduttore televisivo, Naman Tarcha, la segnalazione al pubblico di quanto rimane del materiale girato.
Si tratta di uno spezzone di 12 minuti e mostra alcuni aspetti delle condizioni di vita nei campi di prigionia in Italia. Con grandi doti introspettive, ci introduce agli incubi notturni, alla nostalgia, alle ribellioni emotive dei prigionieri. Di quei 500  che il 29 ottobre 1911 arrivarono alle  Tremiti.

Anche in un regime coloniale si intrecciano talvolta rapporti umani che lasciano un buon ricordo, l’ho potuto constatare proprio in Libia dove il mio essere italiana era motivo di simpatia presso quelli che erano bambini ai tempi della dominazione italiana. Avevano memoria di buone famiglie, di compagni di gioco, parlavano un pò l’italiano con l’accento dei loro amici d’allora… Tuttavia in ambito storico il nostro paese merita una condanna, come nel resto dell’Africa dove i generali italiani arrivarono a conquistare terre e di uomini…..

 ERITREA………. Eritrea

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