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Appello per diffondere l’educazione sessuale

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Il nostro Paese ce la mette proprio tutta per rincorrere i fanalini di coda mondiali per quanto riguarda le libertà individuali. Una recente ricerca rivela che gli italiani sono praticamente ignari dell’esistenza dei contraccettivi, sopratutto della pillola contraccettiva e del preservativo, dove quest’ultimo in particolare sarebbe l’unico mezzo sicuro per prevenire le malattie sessualmente trasmissibili.

I costumi nel nostro Paese, quanto promiscuità sono cambiati: i giovani hanno rapporti sessuali più frequenti, più precocemente e spesso cambiano partner, ma l’ignoranza sulla contraccezione è peggiorata rispetto agli anni passati. Questo è dovuto ad una scarsa educazione sessuale nei giovani, ai tabù che permangono nelle famiglie-che ad esempio preferiscono tacere piuttosto che sapere che la loro figlia ha rapporti sessuali-e alla scarsa reperibilità dei contraccettivi.

Una volta i ragazzi, in particolare le ragazze, si rivolgevano ai consultori ma questi ormai per mancanza di fondi, ma sopratutto a causa dell’influenza sempre più invasiva della Chiesa nella vita pubblica, stanno chiudendo e i ragazzi sono costretti ad affidarsi a metodi tradizionali o reperire informazioni su internet, dove spesso girano vere e proprie leggende metropolitane e stereotipi che mettono a rischio la salute giovanile.

In certi Paesi occidentali, le scuole distribuiscono i contraccettivi gratuitamente, hanno ormai da decenni leggi che stabiliscono l’insegnamento dell’educazione sessuale e i giovani sono più consapevoli, le gravidanze sono in diminuzione e lo stesso vale per le infezioni a carattere sessuale, ma ancora in molte parti del mondo tantissime donne non hanno accesso alla contraccezione e si trovano ogni giorno a fare i conti con virus e gravidanze indesiderate. 

Ammontano a 16 milioni nel mondo le ragazze che sono costrette a dare alla luce un bambino nelle varie condizioni che tramutano l’evento non come una gioia ma come un dolore per le vittime che spesso muoiono o al posto loro i propri figli o entrambi, a causa dell’età e delle condizioni sociali. Benché le morti in gravidanza si sono dimezzate, l’organizzazione Mondiale della Sanità, l’Unicef e il Fondo Nazioni Unite Popolate denunciano che il fenomeno delle morti in gravidanza e parto sono sempre attuali, che in Africa l’Aids è una vera pandemia e basterebbe poco per prevenire, con semplici interventi di informazioni, sensibilizzazione, accessibilità alla contraccezione e all’aborto.

Da alcuni anni in Italia, l’influenza cattolica sta cercando di rendere sempre più irreperibili i mezzi contraccettivi chimici, i quali vengono distribuiti solo con la ricetta medica e bisogna essere maggiorenni, i costi sono troppo esosi e questo vale anche per i preservativi dove un pacco da sei costa sui 7-8 euro e dove il Ministero non fa nulla per pubblicizzarli, anzi nè ostacola la conoscenza attuando un comportamento schizofrenico come quello accaduto settimane fa ma dato per refuso ma è successo per l’ennesima volta dopo la censura della Rai durante la giornata contro l’Aids. Il fatto fu quello della pubblicazione di un opuscolo contenente alcuni consigli per  chi si reca ad assistere alle Olimpiadi del 2012, con una mano incitava al turismo sessuale e con l’altra cancellava i riferimenti al preservativo, rendendo il turismo sessuale una prerogativa solo maschile e pure rischiosa per la mancanza di riferimenti al “preservativo maschile e femminile“. Dopo le proteste della LILA, il ministero inserisce la parola preservativo, escludendo però ogni riferimento a quello femminile (che invece è presente in quello diffuso da altri Paesi):

Appello per diffondere l’educazione sessuale

Cerchiamoci di capire il perché in Italia permane questa gravissima rimozione della sessualità femminile. Il preservativo femminile, come denuncia la LILA, nuovo mezzo che da anni in altri Paesi viene diffuso e pubblicizzato, è praticamente sconosciuto in Italia, venduto nei sex shop a prezzi doppi rispetto al condom maschile. Mentalità maschilista, pregiudizi per quanto riguarda la sessualità femminile e vari tabù non sono certo d’aiuto nella diffusione di questo mezzo, che oltre a garantire assoluta protezione dalle gravidanze indesiderate è un efficacissimo mezzo per prevenire l’Aids.

Diffondere il preservativo femminile significa dare alle donne la possibilità di gestire liberamente la propria sessualità e le proprie relazioni e non dover più dipendere dal partner (o occasionale) che spesso non porta con sé il preservativo o decide lui stesso se indossarlo o meno, ma anche di non essere costrette a usare il solo metodo della pillola anticoncezionale che protegge soltanto dalle gravidanze.

E’ riduttivo definire civile un Paese che diffonde (anche se con poca frequenza) metodi per prevenire solo le gravidanze  indesiderate ma tace completamente sul garantire protezione dalle infezioni da HIV.

Il sistema italiano non da alcun mezzo per assicurare alle ragazze la conoscenza del proprio corpo e la liberazione sessuale. Per conoscenza del proprio corpo non intendo solo l’accessibilità ai contraccettivi ma anche alla legge 194, la quale sempre meno applicata sta rendendo sempre più difficile l’interruzione della gravidanza per le donne e ragazze del nostro Paese ma anche l’accesso alla contraccezione d’emergenza che viene considerata un metodo abortivo mentre si tratterebbe in realtà di un sistema che previene l’aborto.

Non dimentichiamo che la mancanza di una legge per introdurre l’educazione sessuale è anche una delle cause a cui tante ragazze si recano ad abortire o alla ricerca di un anticoncezionale d’emergenza, è inutile girarci intorno, perché la colpa è solo dello Stato che alimenta i tabù e la repressione sessuale.

L’educazione sessuale non è solo utile per prevenire le gravidanze indesiderate e le malattie sessualmente trasmissibili ma servirebbe anche a cambiare l’approccio degli italiani verso il sesso, ancora troppo legato a tabù, pregiudizi, luoghi comuni e altri fattori che sono causa di disfunzioni sessuali, delle ansie di prestazione, dello stigma sociale che tante ragazze ricevono quando vivono la propria sessualità con soggettività e dell’aumento delle violenze sessuali, figlie della repressione e di una  percezione della donna come un mero oggetto sessuale, alla quale in assenza di una corretta educazione alla sessualità anche televisione e la pornografia  mainstream, con la loro rappresentazione stereotipata della donna, contribuiscono pienamente a veicolarla.

Non vi offendete se vi chiediamo di commentare qui SOLO per firmare (se volete) con il vostro nome e città di residenza, l’appello che verrà spedito al Ministero della Sanità.



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