Due o più uomini a volto coperto hanno aperto il fuoco all’interno dell’ufficio di parigi del giornale satirico Charlie Hebdo. Secondo i primi rapporti, i morti sono ben dodici, accertati per ora.
La BBC parla di “carnage”: massacro, perpetrato attraverso raffiche di kalashnikov sparate dagli assalitori, che, pare, sono riusciti a fuggire almeno dall’edificio.
Anche un poliziotto, giunto immediatamente sulla scena, è stato ferito.
Le notizie confusionarie di questi minuti comprendono anche una chiamata che pare essere stata fatta ad una stazione radio francese, in cui un testimone dichiarava di aver sentito esplicitamente uno degli aggressori urlare “vendicheremo il Profeta”.
Charlie Hebdo, infatti, è un giornale già noto alle cronache e inviso al mondo islamico integralista per aver più volte satirizzato sulla figura di Maometto, soprattutto attraverso vignette, l’ultima volta su twitter non più tardi di ieri. E’ del tutto naturale presumere che la posizione scomoda del giornale satirico sia stata la causa scatenante dell’attacco di oggi. D’altra parte, il giornale ha comunque sempre utilizzato una satira a pieno campo, non risparmiando alcuna religione.
Penne di una certa levatura avevano apposto la loro firma sul giornale, malgrado molte di esse morte di cause naturali negli anni più recenti.
Le conseguenze, ancora tutte da definire, sicuramente saranno rilevanti anche sul piano politico: tali atti, tali gesti di una così grande gravità, non potranno che rinvigorire ulteriormente il già grande partito di Le Pen, similmente a quanto in passato è sempre successo. L’ondata anti-islamica, sempre più forte negli ultimi anni in Francia, avrà sicuramente un peso maggiore all’indomani di questa tragedia.
La speranza è che il paese, legato ancora ai propri originari ideali di uguaglianza, libertà e fratellanza, non li dimentichi nel giro di ventiquattro ore per un pugno di invasati armati, che ben difficilmente potrebbero per antalogia simboleggiare l’intera popolazione islamica francese.
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