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Avevano spento anche la luna di Ruta Sepetys: il coraggio di vivere oltre un genocidio

Creato il 18 ottobre 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario
Mi hanno tolto tutto. Mi hanno lasciato soltanto il buio e il freddo. Ma io voglio vivere. A ogni costo.
Care lettrici e lettori
sono qui per parlarvi di uno dei libri più belli, dolorosi e delicati che mi sia capitato di leggere negli ultimi anni e che può essere associato a buon diritto alla Masseria delle Allodole o al Diario di Anna Frank. Cosa hanno questi volumi in comune con Avevano spento anche la luna di Ruta Sepetys? Il dramma del genocidio. La distruzione pianificata e scientifica di un popolo, della sua cultura e della sua identità. Uno dei crimini più orribili di cui ci si possa macchiare.
Avevano spento anche la luna di Ruta Sepetys: il coraggio di vivere oltre un genocidioTrama:
Lina ha appena compiuto quindici anni quando scopre che basta una notte, una sola, per cambiare il corso di tutta una vita. Quando arrivano quegli uomini e la costringono ad abbandonare tutto. E a ricordarle chi è, chi era, le rimangono soltanto una camicia da notte, qualche disegno e la sua innocenza. È il 14 giugno del 1941 quando la polizia sovietica irrompe con violenza in casa sua, in Lituania. Lina, figlia del rettore dell'università, è sulla lista nera, insieme a molti altri scrittori, professori, dottori e alle loro famiglie. Sono colpevoli di un solo reato, quello di esistere. Verrà deportata. Insieme alla madre e al fratellino viene ammassata con centinaia di persone su un treno e inizia un viaggio senza ritorno tra le steppe russe. Settimane di fame e di sete. Fino all'arrivo in Siberia, in un campo di lavoro dove tutto è grigio, dove regna il buio, dove il freddo uccide, sussurrando. E dove non resta niente, se non la polvere della terra che i deportati sono costretti a scavare, giorno dopo giorno. Ma c'è qualcosa che non possono togliere a Lina. La sua dignità. La sua forza. La luce nei suoi occhi. E il suo coraggio. Quando non è costretta a lavorare, Lina disegna. Documenta tutto. Deve riuscire a far giungere i disegni al campo di prigionia del padre. È l'unico modo, se c'è, per salvarsi. Per gridare che sono ancora vivi. Lina si batte per la propria vita, decisa a non consegnare la sua paura alle guardie, giurando che, se riuscirà a sopravvivere, onererà per mezzo dell'arte e della scrittura la sua famiglia e le migliaia di famiglie sepolte in Siberia. Ispirato a una storia vera, Avevano spento anche la luna spezza il silenzio su uno dei più terribili genocidi della storia, le deportazioni dai paesi baltici nei gulag staliniani. Venduto in ventotto paesi, appena uscito in America è balzato in testa alle classifiche del «New York Times». Definito all'unanimità da librai, lettori, giornalisti e insegnanti un romanzo importante e potente, racconta una storia unica e sconvolgente, che strappa il respiro e rivela la natura miracolosa dello spirito umano, capace di sopravvivere e continuare a lottare anche quando tutto è perso.

RECENSIONE Immaginate di avere sedici anni, una bella casa, una famiglia unita che conduce una vita agiata, un fratellino di dieci anni, e il grande sogno nel cassetto di diventare una pittrice. Immaginate che una notte arrivino nella vostra casa e vi diano venti minuti per riempire una sola valigia, senza dirvi dove andrete e cosa accadrà. Immaginate, anche solo per un minuto, di vedere vostra madre devastata dalla paura, vostro fratello che vi fissa ignaro di tutto. La vostra casa invasa da soldati ghignanti. E' così che inizia Avevano spento anche la luna: con la deportazione di Lina, la giovane protagonista, e della sua famiglia. Del padre di Lina, professore dell'Università, nessuna traccia. I Lituani, sopratutto quelli che fanno parte dell'agiata borghesia e dell'intellighenzia antisovietica, sono scientificamente deportati senza processo, trattati come delinquenti, costretti ad abbrutirsi per sopravvivere, a tradire i propri simili per mangiare.
Lina e la sua famiglia vengono rinchiusi in dei carri bestiame nella stazione della loro cittadina, in attesa che i russi decidano della loro sorte. Imprigionata in quel vagone, una varia umanità: una donna acida con le figlie, una bibliotecaria dall'animo gentile, una madre con il figlio, Andrius, che presto diverrà amico di Lina e Janos; un uomo calvo, brutale e avido; Ona, una giovane puerpera che vedrà morire la figlia neonata.
Dolore, disperazione, straniamento, incredulità, ribellione. Questi sentimenti si mescolano sulle pagine di questo bellissimo romanzo, intenso e toccante. Lina, da una parte, rimane incredula: una parte di lei è ferocemente attaccata al suo mondo, ai sogni che ha lasciato indietro, alla speranza che tutto si risolva e presto possano tornare a casa. Dall'altra, però, deve far i conti con le necessità quotidiano. Il cibo che manca, la pulizia personale, persino i bisogni corporali. Nel genocidio e nella deportazione vengono cancellati i nomi, la dignità, il rispetto di sé. E' ciò che resta a Elena, la bella madre di Lina, che nella dignità e nel rispetto per ciò che è, tenta di trovare uno stimolo per andare avanti. Ciò che resta all'avvocato che carica l'orologio, che sta a cuore alla bibliotecaria.
E c'è il bisogno disperato di sopravvivere e proteggere le persone come, come la madre di Andrius, che accetta di prostituirsi per proteggere il figlio. Questo accade nell'Altay, ma è una solo una pausa. Un momento di tregua infernale, in cui Lina usa la sua arte per migliorare la vita della sua famiglia. Attraverso i ritratti, Lina riesce a ottenere cibo e a conoscere la sorte del padre. Ma ben presto, anche quello che sembrava insopportabile diviene accettabile, nel momento in cui si scopre la destinazione finale del gruppo di coloro i quali non hanno accettato di firmare una condanna a venticinque anni. Un mondo di dolore e gelo, racchiuso in un villaggio inospitale e gelido della Siberia li attende. Un mondo dove in pochi riusciranno a sopravvivere, dove Lina e Janos conosceranno il più crudo dei dolori.
Avevano spento anche la luna è un romanzo doloroso, basato sulle testimonianze di chi è stato all'inferno ed è tornato. Lina si aggrappa a ciò che ha: i suoi familiari, il fratello, l'amore appena nato per Andrius, la sua arte. Alla fine del libro, Lina è una donna indurita e consapevole, che non ha paura della morte perché troppe volte l'ha guardata negli occhi. Lina conserva in se la purezza dell'arte, strumento di comunicazione con gli altri profughi lituani in un codice che in pochi riescono a comprendere. Mantiene quella fiducia "nell'innata bontà degli uomini" di cui parlava Anna Frank e che l'aiuta a tenere duro, a comprendere oltre il proprio dolore. In questo libro, a più riprese, si assiste alla morte della speranza, ed è difficile trattenere le lacrime, chiudere gli occhi e pensare che siano solo parole, quando si ricorda che Stalin ordinò la deportazione e la morte di milioni di persone. Il lettore segue le vicissitudini di Lina con il cuore stretto in una morsa di angoscia e pena. Si insinua il pensiero amaro, la domanda angosciosa. E se accadesse a me? Se accadesse di nuovo? 
E allora non si può non pensare a ciò che è avvenuto e che continua ad avvenire nel nostro mondo. Gli ebrei. Pensiamo al genocidio degli Armeni e la politica repressiva verso il popolo Curdo. Ricordiamo i massacri della Ex Jugoslavia. Pensiamo a ciò che sta accadendo in Somalia. A ciò che è successo in Rwanda. La lista potrebbe allungarsi ancora. Si tratta di numeri, dati. Se ti capita tra le mani un libro come questo, così doloroso e forte, allora ti rendi conto che dietro quei numeri ci sono persone, e famiglie, e vite. E che non si può, non si deve dimenticare perché l'oblio è ciò che permette di ripetere un simile delitto. Avevano spento anche la luna è un libro potente, commovente e bellissimo. Scritto con il tono di un'adolescente che non si rassegna, narra il cambiamento, la perdita della speranza e, nonostante tutto, la fiducia nella vita. Una scrittura semplice e toccante, una narrazione che non indulge in sensazionalismo o pietà. Una cronaca pulita, quasi un diario, uno stile scarno e commovente che narra la tragedia di un popolo con l semplicità di una ragazzina che si affaccia al mondo e che ne conosce l'aspetto più orribile. E' un testo consigliato. Da leggere poco a poco, per riflettere, per comprendere. Per ricordare.
L'AUTRICE:
Ruta Sepetys è nata in Michigan, da una famiglia di rifugiati lituani. Non ha mai dimenticato le sue origini e la storia della sua famiglia. Per questo è andata in Lituania, nel tentativo di recuperare la memoria paterna. Per scrivere Avevano spento anche la luna le ricerche sono state impegnative e l'hanno portata a visitare i campi di lavoro in Siberia e a conoscere storici e tantissimi sopravvissuti, che l'hanno aiutata a descrivere i particolari più importanti di quel passato di atrocità.

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