Magazine Diario personale

Avvilimenti di un’appanzata con l’emicrania

Da Romina @CodicediHodgkin

Riemergo ora da quasi 20 ore di nebbie dense di strazio e fatica, di quelle che ti lasciano spossato e aggressivo, pronto a mettere le mani addosso a qualcuno, specialmente al primo che ti dice “Ma lo sai che anche io oggi ho un cerchio alla testa…pensa che ho dovuto prendere l’aspirina!” riferendosi ad un dolce, innocente cerchio alla testa per il quale pagherei oro.  Ebbene sì, esiste un decalogo delle cose da non dire anche per chi soffre di emicrania.  Se poi ti chiami Romina e riesci ad avere emicrania muscolotensiva, s.u.n.c.t. (variante della cefalea a grappolo) e cervicale (quella fatta bene, con giramenti di testa, vomito, ecc..) diventi anche permalosetto di brutto. Ma l’aggressività è un problema mio, le anime pie che provano a mettere una parola carina non hanno colpa.

I primi problemi ho cominciato ad averli da adolescente. Inizialmente, duravano poco e non erano così pressanti. Iniziavo a sentirmi poco lucida, andavo a stendermi, sentivo le mani intorpidite, poi magari davo di stomaco e in meno di un’ora ero come nuova. Il primo vero attacco è arrivato nel 2008. Era l’inizio di maggio e il periodo era francamente stressante. Mamma era in hospice e io avevo da pochissimi giorni iniziato il mio primo vero lavoro.  Uscita dall’ufficio, mi resi conto di non vedere bene. Il primo incontro con uno scotomo scintillante. Pare una delle armi di Daltanius, in realtà è una sorta di cordone formato da triangoli colorati e psichedelici che si sposta per il campo visivo. Poi il campo visivo si restrinse. Arrivata alla fermata della metropolitana decisi di prendermi un succo di frutta perché non mi sentivo bene e svenni alla cassa del bar, dopo aver trovato difficoltà a trovare e pronunciare le parole. Decisi di chiamare Nicola per dirgli che sarei andata al pronto soccorso, ma avevo difficoltà a piegare le dita per premere i tasti. Arrivata in pronto soccorso, vomitai 3 volte in mezzora e svenni all’accettazione. I ricordi riprendono alcune ore dopo, quando mi svegliai in una stanza con una flebo al braccio e altre 4 persone sui loro lettini che parlavano ad una voce molto più alta di quella che potessi tollerare. I neon mi facevano impazzire. Mi sentivo come se avessi bevuto troppo, troppissimo. Chiesi al medico cosa mi fosse capitato. Mi disse che dovevo fare accertamenti perché per quel che ne sapeva lui poteva essere tanto emicrania quanto una forma particolarmente odiosa di cervicale. Gli chiesi cosa potevo fare per controllare, arginare, evitare queste situazioni. Mi allungò un foglietto, che speravo fosse un’impegnativa. Era un santino. Mi resi conto di aver beccato il genere di medico che impallinerei senza pietà. Mi dispiace ma non lo trovo professionale. E’come se il capo mi chiedesse “Romina, sono le 8:00, dice che lo trovo un volo per Milano alle 9:00?” e io gli allungo un santino. Se mi licenzia ha ragione.

Mamma mancò poche settimane dopo e l’episodio si ripeté, solo che a quel punto decisi di indagare su quanto era successo e su qualcos’altro che mi capitava sempre dall’adolescenza. Coltellate all’occhio. Immaginate un pugnale arroventato che vi colpisce all’improvviso. Attacchi che si ripetono a distanza di pochissimi minuti o secondi nell’arco di un’ora, poi si calmano e poi ricominciano. Questo, potenzialmente, anche per giorni di seguito. Giorno e notte. Una cosa completamente diversa dall’altra. Molto meno invalidante, meno spaventosa. Niente fotosensibilità o fonofobia. Ma tanta, tanta aggressività. Ore e ore a camminare avanti e indietro incazzata come una bestia, col solo desiderio di cavarmi l’occhio sinistro con un cucchiaio da minestra.

Si venne a capo della situazione: gli episodi più eclatanti erano emicrania muscolotensiva, gli altri s.u.n.c.t., la sorella della cefalea a grappolo, nota come mal di testa del suicidio. Se la cefalea a grappolo è nota così, capite bene che la degna compare, per quanto molto più vivibile (non ci sono paragoni, per carità) è una bestia poco gradevole. Non c’è cura, mi dissero, né per l’una, né per l’altra. Solo consigli per limitare gli attacchi: dormire sempre lo stesso numero di ore (non a caso il mal di testa è più comune nel week end), mantenere sempre gli stessi orari (a costo di caricare la sveglia anche nel week-end), bere sempre la stessa quantità di caffeina, evitare cibi pesanti, ovviamente alcolici (vino rosso in particolare), noccioline, olive e altre due o tre pagine di raccomandazioni. Nemmeno a dirlo, dovevo eliminare le fonti di stress, ma non mi era sempre possibile. Mi prescrissero farmaci da prendere alla bisogna, e mi consigliarono di prendere gocce e un barbiturico che si era scoperto essere utile per curare le emicranie. Non sono contraria ai farmaci. Conosco persone che si lamentano del mal di testa ma si rifiutano di prendere medicine. Quelle sono persone che non sanno cosa sia il mal di testa ma gli piace crederlo.  Quando sei sdraiato in bagno con lo stomaco che ti si rivolta anche se hai già vomitato anche l’anima e per un’ora non ci hai più visto, né sei riuscito a parlare e da ore non sei più padrone del tuo corpo…vedi come ti sbrighi a prendere qualsiasi cosa! Dicevo, non sono contraria ai farmaci ma mi rifiutai di prendere anche i barbiturici, troppa paura. E poi, diciamocelo, prendere farmaci del genere quando si è da poco usciti da una chemioterapia…ero giovanissima e già avevo preso qualsiasi porcata passata dal Sistema Sanitario Nazionale. Mi avrebbe fatto piacere conservarmi il fegato almeno fino ai 40 anni. Decisi solo di usare i farmaci al bisogno.

Nel 20o9/2010 iniziai a subire un mobbing selvaggio in ufficio. Dovevano fare un po’di pulizia e avevano deciso di partire da quelli che gli sarebbero costati meno di TFR. Più loro mi stressavano, più la mia cefalea peggiorava. Più la cefalea peggiorava, più io prendevo medicine, e quando dico medicine, non parlo di Moment. Parlo di roba che ti fa passare il mal di testa, ma al prezzo di effetti collaterali fortissimi, primo tra tutti momenti di poca lucidità. Arrivai ad avere un grappolo (ossia il lasso di tempo in cui si soffre di cefalea) di 15 giorni. Due settimane continue di cefalea. Due settimane continue di farmaci. Visto che già da un po’ li prendevo, nemmeno rispondevo bene. Contestualmente, arrivai a finire al pronto soccorso 5 volte in 6 mesi per attacchi di emicrania.

Cambiando lavoro, aprendo il blog e mantenendo uno stile di vita regolarissimo sono riuscita a ridurre gli attacchi in maniera considerevole. Per quanto riguarda l’emicrania, gli attacchi peggiori si presentano ogni 3 o 4 mesi e la s.u.n.c.t. non solo si presenta di rado ma riesco a tenerla a bada con farmaci che prima avevano lo stesso effetto dell’acqua di sorgente. Non esiste al mondo che io esca di casa senza una farmacia in borsa, ma mi sento libera come l’aria rispetto al 2010.

Solo che non si smette mai di soffrire di emicrania e cefalea. Mai. Puoi cercare di arginarlo con certi comportamenti. Ma non si guarisce. Ogni tanto ti becca. Ieri mi ha beccato e per la prima volta non ho potuto prendere farmaci. Di solito mi precipito a buttare giù una pillola al primo segnale, ma se prendo una bomba del genere in gravidanza capite bene che non va bene. Ho chiamato la ginecologa e mi ha dato due soluzioni: la Tachipina o il Toradol se la cosa sembrava sfuggire al controllo. La prima non sarebbe servita a niente e il secondo era da escludere, meglio rimanere piegata in due sul pavimento. Non so nemmeno spiegarvi. L’emicrania, negli anni, è molto migliorata nella frequenza, ma l’aggressività è peggiorata tantissimo. Gli scotomi ora colpiscono entrambi gli occhi. Quindi mi si riduce moltissimo il campo visivo da entrambe le parti. Poi parte l’intorpidimento delle mani. Poi arriva la cosa che mi fa più paura: non articolo più. Afasia totale. Non solo non riesco a muovere le labbra e la lingua (perché tutta la zona è intorpidita), ma non riesco nemmeno a trovare le parole, non mi vengono, non c’è passaggio dalla parola pensata a quella proferita perché mancano entrambi gli steps. Non le riesco a pensare e non le riesco a dire. Mi fa più paura il fatto di non riuscire a parlare che quello di avere il campo visivo pieno di buchi. Perché non posso chiedere aiuto. Non so che indicazioni dare. Non so come fare. E poi vomito, vomito, vomito, stomaco vuoto che si rivolta all’infinito. Svenimenti, anche, se non posso sdraiarmi.

Ieri ho avuto paura, tanta, tanta paura. Ho realizzato che il mio mal di testa non è più solo un mio problema. Ieri sera, in quella fase simile ad un allucinante dopo-sbronza ho realizzato che se avessi avuto già la neonata, non sarei stata in grado di occuparmene. Passi il fatto di non tollerare luci e suoni, quello si gestisce, ma come si fa ad occuparsi di un neonato se non puoi prenderlo in braccio perché non chiudi le mani, se non riesci a parlare, se rischi di svenire se stai in piedi, se non vedi più bene?

Finora me la sono cavata perché non dovevo provvedere a nessuno. Al peggio, Alfa sa quali farmaci deve prendermi dalla scatola dei medicinali, sa che i patti sono che se svengo si va dritti al pronto soccorso…ma poi? Poi mi dovrò imparare a chiedere aiuto. Ho dai 30 ai 40 minuti da quando parte lo scotomo a quando la situazione è al di là del mio controllo. Significa che, se Maschio Alfa non c’è, l’unica persona che può stare da me in meno di mezzora è quella santa di mia suocera. Temo che verrà precettata anche per questo…


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