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Ballarò, la Palermo arabeggiante

Da Traveltotaste

Ballarò, la Palermo arabeggianteIl nome è noto a tutti ma non credo che altrettanti visitatori della bella Palermo si addentrino nel cuore di Ballarò, il mercato più antico della città.

Chi mi segue sa che amo i mercati, soprattutto quando sono storici, affollati da persone di ogni nazionalità e ricchi di invitanti prodotti alimentari. I mercati della città sono famosi ma speso il turista ne è intimorito e, a volte, rinuncia persino a prenotare un bed and breakfast a Palermo in queste zone, che invece sono le più vitali e folkloristiche.

Il termine Ballarò deriverebbe da Bahlara, riferito ad un insediamento vicino Monreale da dove provenivano i commercianti arabi. La stretta parentela tra le due culture è evidente fin da quando si iniziano ad intravedere i nomi delle vie scritti anche in lingua araba. Quando ci si addentra nella zona mercatale, lungo le strette vie che formano un vero labirinto, l’atmosfera da suq mediorientale si respira ad ogni angolo. Il mercato di Ballarò è il cuore pulsante dell’Albergheria, uno dei cinque quartieri normanni, chiamato cosi perché vi vennero trasferiti da Federico II gli abitanti ribelli di Centorbe e Capizzi (Albergaria Centurbi et Capicii).

In una giornata settembrina, con il sole ancora caldo, tessuti dai colori vivaci vengono tesi tra un muro e l’altro per fare un po’ di ombra. Questo mercato cittadino è designato soprattutto alla vendita di frutta, verdura, carne e pesce. Oltre alle bancarelle, inoltre, ci sono numerosi negozi di alimenti etnici aperti anche di domenica. La merce esposta viene abbanniata continuamente, ne viene cioè urlata la buona qualità e reclamizzato l’ottimo prezzo.

Il vero polo d’attrazione del mercato è la zona del pesce che, anche durante le ore diurne, viene costantemente illuminato da grandi lampade per farne risaltare la freschezza. La scelta è enorme, si va dal nobile pesce spada all’umile sarda con la quale, pare, gli arabi abbiano inventato il delizioso condimento per la pasta. La leggenda narra, infatti, che quando giunsero in Sicilia nel nono secolo avrebbero raccolto il finocchietto selvatico sulle colline e l’avrebbero subito unito alle sarde appena pescate che avevano trovato nel porto di Mazara.

Le botteghe dove si vende la carne, poi, non possono che ricordarmi i suq arabi e magrebini dove è consuetudine lasciare in bella mostra teste di animali a riprova della freschezza della carne.

I mille colori delle merci, il profumo degli agrumi ed il sapore delle panelle appena fritte mi ricordano ancora una volta quanto quest’isola sia bella e di quanto valga la pena cercare un b&b Sicilia per trascorrere qualche giorno, in ogni periodo dell’anno perché lei, la Sicilia, non delude mai.



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