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Basterdi sanza gloria

Da Matteobortolotti @bortolotti

 

BASTERDI SANZA GLORIA

A quanto pare si continua, oggi più che mai, a sudare nel tentativo di dialogo tra cultura e società. Strano, perché in un Paese sano le due cose sono una soltanto. Peccato. Perché presto la cultura a cui mi riferisco la dovremo chiamare in altri modi. Tipo 'vecchio modo di pensare'.

Che cavolo stai dicendo, bortolotti. – Dico che non faccio che partecipare (una volta le organizzavo persino) a iniziative i cui curatori arrivano stremati sul palcoscenico dopo mesi in cui le amministrazioni non li hanno aiutati a realizzare le proprie iniziative, li hanno accolti con sufficienza perché non ci sono soldi o comunque c'è sempre altro a cui pensare. Cose serie, piuttosto che pensare ai libri, ai fumetti, al cinema, alla musica… E intanto l'assenza dello Stato e della comunità-in-generale nel campo di quella che riduttivamente chiamiamo promozione della cultura (aggiungerei 'popolare', la più importante) crea vuoti incolmabili e distruzioni di coscienze. Crea wannabe-veline, wannabe-tronisti, wannabe-amicidimaria. Leggi uonnabì, ovvero persone 'che vorrebbero essere'. Wannabe che sono soltanto fantasmi di questi fenomenini di costume della TV e della pubblicità, più freak dei freak stessi.

Ammettiamolo, signor Sindaco, diciamocelo signor Ministro, abbiamo sbattuto il mostro in prima pagina e invece di disprezzarlo ne abbiamo fatto da anni un modello.

Per assenza di coscienza, il mercato si è sostituito alla cultura. L'intrattenimento è diventato un'industria, la cultura un business. E pure un business fallimentare.

Di fronte alle piazze vuote, ai cinema che si riempiono solo coi grandi bordelli americani (adorabili, per carità), alle libreria turate di BEST SELLER per forza e libri tutti uguali, noi scrittori ed editori dobbiamo essere i primi a cambiare rotta, altrimenti moriremo sepolti dai resi dei romanzetti young adult, e ci accorgeremo troppo tardi che siamo noi stessi i vampiri imbrillantinati che succhiano le vene tagGate dei nostri giovani Emo, trasformati semplicemente in un target, in un obbiettivo.

Per primi noi scrittori, dobbiamo smetterla di abbassare la testa di fronte a un mercato stupido, sterile e scontato (in tutti i sensi) e non per lanciarci in chissà quale avventura 'resistente', radicale e snob. Soltanto per fare il minimo indispensabile. Raccontare.

Io sogno di scrivere per divertire i miei lettori, sogno che i miei libri vi facciano passare ore di viaggio piacevoli; che vi accompagnino al mare fin sotto l'ombrellone, oppure a letto fin sotto le coperte. Non ho la pretesa di far parte di una casta d'intellettuali o di vincere qualche grande premio sorseggiando champagne alle feste torinesi. Vorrei come molti essere un onesto narratore 'commerciale' e commerciato, e ogni tanto ancora ci riesco, ma sciacalli hanno devastato la cultura e il mercato, e persino i pagliacci come me (e non solo quelli come me) oggi si struccano dal cerone e sono costretti a dire le cose come stanno. Un evento, questo, che è il male peggiore che ci può accadere, che si diventi noi coscienza di un mondo che l'ha perduta. Una responsabilità che spegne il fuoco della narrazione, che ingrigisce e sofistica. L'unica cosa che possiamo fare, è cercare di non diventare come chi ci costringe a reagire. Lavorare per continuare a sognare, in modo che ci sia sempre qualcuno che lo fa. Volevo poi dirvi questa cosa qua, che io continuo a sognare nonostante tutto. Che altri lo fanno, che sogneremo anche per chi di sogni non ne ha più uno. E chissà che non diventi questo il nuovo trend del mercato.

Vamolà.

 


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