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"Blue Sunshine" di Jeff Lieberman: mettiti in salvo da chi diventa calvo!

Creato il 24 agosto 2013 da Dejavu
A volte mi piace perdermi nel labirinto del vecchio cinema, di quel cinema testimone di tempi ormai lontani nei quali io muovevo i primi passi sulle mie gambe ancora instabili mentre dall'altro capo del mondo c'era qualcuno che aveva una storia alquanto assurda e strana da raccontare.

Questo qualcuno è il caro Jeff Lieberman, Minotauro al centro di quel labirinto nel quale qualche giorno fa, complice forse la sua amicizia su Facebook, mi sono addentrato come talvolta mi accade per respirare un po' di quell'aria vintage che per un'ora e mezza ti rapisce in una cronologia tanto diversa dai giorni attuali. Lieberman è il regista che sempre nel '76 scrisse e diresse il controverso ma assai fortunato I Carnivori Venuti dalla Savana, film che per quanto ne fosse paradossale l'idea di partenza (e glielo disse anche la moglie quando gliene parlò) gli permise due anni più tardi di mettere su casa grazie agli imprevedibili incassi.
Blue Sunshine non tratta certo una vicenda meno inverosimile. A Los Angeles, in una notte di luna piena, una luna stranamente colorata di blu che fa sodalizio con l'atmosfera psichedelica del film, una serie di persone apparentemente slegate l'una dall'altra - un medico d'ospedale, un fotografo ad una riunione con i compagni, una innocua babysitter che legge le favole ed un poliziotto appena rientrato a casa con tanto di pappagallo - avvertono improvvise pulsioni omicide a scapito dei malcapitati che li circondano.

L'unico tratto che pare accomunarli è l'inattesa caduta in massa dei capelli che li trasfigura in glabri, irriconoscibili assassini. E' dunque un attimo, prima che la riunione con gli amici del college diventi una mattanza con tanto di falò umano nel caminetto dello chalet dove finiscono le ignare vittime del fotografo, pelato di turno. E ci vuole ben poco perché il poliziotto rincasato resti senza scalpo e se la prenda con l'intera famiglia risparmiando almeno il povero volatile che gli si posa sulle spalle. E ci vorrà altrettanto poco prima che Wendy, la babysitter, perda la testa oltre che la chioma che ci stava sopra e si metta ad affettare i due chiassosi, insopportabili ma del tutto innocenti bambini affidati alle sue cure. A meno che qualcuno non intervenga prontamente per evitarlo.


Che sta succedendo a queste persone? C'entrerà per caso l'influsso lunare? Saranno replicanti dalle forme umane ma soggetti alle forze gravitazionali di quel pianeta che appare così grande e ingombrante durante i titoli di testa? Oppure è tutta una manovra governativa ordita da un candidato al Congresso onnipresente e in grado di controllare il cervello dei suoi potenziali elettori con qualche potere soprannaturale?

Scoprire la ragione di tutto è questione vitale per Jerry Zipkin (Zalman King) che si ritrova suo malgrado ingiustamente sospettato e braccato quale responsabile del rogo allo chalet.  Con l'aiuto della compagna Alicia Sweeney (Deborah Winters), andata via dal party completamente sbronza prima che il folle barbecue avesse inizio, il fuggitivo riuscirà ad evitare che altre due metamorfosi possano tradursi in tragedia e a capire quale sottile filo rosso - o per meglio dire blu - stringa tra loro queste indomite crisi di pazzia accompagnate da subitanee calvizie.  











Blue Sunshine - girato nel '76 (e la satura fotografia ne è testimone) ma uscito nel '78 per motivi di post produzione - non è un horror né un comune splatter ma è in grado di inquietare con la stessa potenza. Jeff Lieberman disegna volutamente un contesto hippie ed un sottotesto politico unendoli insieme come due gameti per partorire un vero e proprio incubo da allucinazione collettiva.

"Blue Sunshine" altro non era che l'acido assunto dieci anni prima alla Stanford University da coloro che ora, integrati in diversi strati sociali, si stanno repentinamente mutando in temibili assassini dopo una lunga incubazione genetica che sta sbocciando quasi contemporaneamente in tutti loro. 

Con una scenografia californiana che ricorda un episodio delle attempate Charlie's Angels e due attori capofila (King e Winters) che si lasciano guardare volentieri prende corpo un manifesto post sessantottino che usa l'orrore psicologico per far satira sull'allarmismo e sull'ipocrisia di certa propaganda americana contro la diffusione di qualsiasi genere di droga.

La graduale disintossicazione si compie in un climax distruttivo che tocca amicizia, salute, famiglia e istituzioni culminando infine sulla pista di una stroboscopica discoteca dove un mutante lincia ballerini che pur non stupefatti sembrano in preda alla febbre del sabato sera.


Segnano il passo il venditore in un negozio d'armi e l'inquietante scena del crimine in cui svolazza il pappagallo superstite (la casa è la medesima che anni più tardi ospiterà il set di Nightmare On Elm Street). 

Nel film fanno capolino un giovanissimo Jim Storm (Bill Spencer Senior di Beautiful) e Barbara Quinn, già nota per un cameo ne I Carnivori Venuti dalla Savana mentre il consumato Robert Walden si ritaglia l'interpretazione migliore nel camice del chirurgo Blume. Laureatosi dove? Alla Stanford, che domande!   


  

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