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Carriera e perdita di peso: le considerazioni di Cliclavoro, il portale per l’occupazione del Ministero del Lavoro e della Politiche Sociali.

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Nelle navigazioni on-line alla ricerca di più o meno interessanti offerte di lavoro, credo che sia capitato a tutti di imbattersi nel portale ministeriale per chi cerca e offre lavoro su internet:  Cliclavoro.

Qual è la sua particolarità? Ebbene il servizio è finanziato da noi contribuenti e, secondo quanto indicato in un articolo de IlFattoQuotidiano del 25/06/2012, solo la parte di sviluppo e conduzione della piattaforma richiede 1,6 milioni di euro più Iva a cui vanno aggiunti i costi di sette persone che lavorano a tempo pieno al servizio. Tale cifra  sembra oltremodo spropositata se consideriamo la qualità di altri siti che svolgono tale servizio gratuitamente per l’utente e la quantità di traffico registrata da Cliclavoro.

Viene da chiedersi: ma se l’attuale governo, in questi giorni seriamente impegnato nell’operazione di spending review, decide di mantenere in vita Cliclavoro, un motivo ci deve pur essere? Sarà forse perché Cliclavoro offre alla demoralizzata e senza più speranze lavoratrice precaria articoli come quello dal titolo: “Carriera e perdita di peso: le donne manager sono le più magre” [LINK]? L’articolo afferma che, mentre tutti i lavoratori diventano mediamente più grassi ogni anno che passa, le donne impiegate in alcuni ambiti professionali, soprattutto quelle che ricoprono ruoli dirigenziali che le porta ad essere sottoposte ad alti livelli di stress, tendono a – cito testualmente – “mantenersi più magre ed esteticamente curate, confermando una tendenza a farsi giudicare, oltre che per competenze e professionalità, anche (e, in alcuni casi soprattutto) per le qualità estetiche”.

E si può leggere ancora: “Non c’è dubbio che essere grassi nella società attuale sia uno svantaggio soprattutto per le donne e, parallelamente, il “gentil sesso” è, spesso, schiavo del giudizio estetico, anche perché questo può influenzare l’opinione altrui sulle qualità professionali della persona: in un sondaggio condotto a Manchester e a Melbourne, ad esempio, le donne più grasse hanno riportato punteggi molto bassi sulla valutazione del loro potenziale di leadership. Le candidate – metà obese e metà snelle – avevano identici curricula, ma coloro che erano gravemente in sovrappeso sono state giudicate meno adatte e competenti rispetto alle snelle dagli studenti volontari che hanno preso parte allo studio in qualità di “giudici”. Una chiave di lettura alternativa potrebbe essere quella fornita da Heather Jackson, amministratore delegato del Women’s Businbess Forum, secondo cui molte donne di successo riconoscono ormai i benefici per la salute che derivano dall’avere un fisico sano e più asciutto, perché – dice – “bisogna essere sani e in forma per essere efficienti”.”

A parte l’uso del termine “gentil sesso”, che ha un vago sapore trecentesco, da stilnovo, e che mi fa venire l’orticaria, mi vengono in mente un bel po’ di riflessioni:

1) ma in un paese come l’Italia dove la l’universo femminile continua ad essere escluso e discriminato dal mondo del lavoro, ad avere remunerazioni più basse, dove lo Stato non fornisce servizi alla famiglia e di conciliazione e dove, di conseguenza, le donne o non entrano nel mercato del lavoro o ne escono dopo il primo figlio, è possibile che un sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dedicato all’occupazione e pagato dai contribuenti, non abbia  niente di più importante da dire alle disoccupate e lavoratrici precarie che mantenersi in forma?

2) E’ possibile che, in un portale ministeriale e, in generale, nella mentalità della società italiana, esista ancora la dicotomia tra l’idea della donna “in carriera”, intraprendente, snella e impeccabile in un tailleur giacca-pantaloni che le cade a perfezione, e della casalinga devota al lavoro di cura, rotondetta e dalle patacche di ragù sul grembiule? Ma abbiamo una vaga idea di quale siano i profili della vere donne italiane? Delle donne che studiano e faticano per scontrarsi in un ambiente, prima accademico e poi lavorativo, dominato dal baronismo, dalle raccomandazione e dal maschilismo? Delle donne che lavorano, ma che non rinunciano ad avere una famiglia e che combattono con le ore e minuti per far conciliare i diversi impegni?

3) Ma la cosa che trovo veramente più vergognosa è quanto il controllo sul corpo femminile emerga ad ogni livello della dimensione pubblica e privata della donna ed arrivi ad essere addirittura una discriminante per un’eventuale assunzione. Non basta essere preparate e competenti, avere un curriculum vitae adeguato e dimostrarsi motivate e affidabili: l’aspirante lavoratrice deve anche – e soprattutto – essere snella, sana ed esteticamente curata. Alla faccia della meritocrazia!

Zelina



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