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Champions League: finalmente Tévez, Malmoe abbattuto

Creato il 17 settembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

È finito il digiuno dell’Apache: ci sono voluti quasi duemila giorni senza goal nelle competizioni europee perché Carlitos Tévez tornasse a incidere con un goal dei suoi. Anzi, ben due: il numero 10 ha siglato una splendida doppietta, risolvendo da solo il match contro il Malmoe e interrompendo un copione apparentemente identico a quello visto l’anno scorso in Europa con le piccole come il Copenaghen.

La Juventus è scesa in campo in questo primo turno di Champions League con l’ultracollaudato 3-5-2: nelle retrovie torna finalmente Chiellini, affiancato dal solito Bonucci e dall’ottimo Cáceres; a centrocampo si rivede Asamoah, insieme a Lichtsteiner, Marchisio ed Evra, a sostegno dei soliti Llorente e Tévez. Il Malmoe di Hareide tenta di opporsi con il 4-4-2.

Nel primo tempo lo spauracchio delle “piccole” della massima competizione europea sembra non essere stato superato: cambia la panchina, non il copione. Il Malmoe, come preannunciato, si rinchiude in area, togliendo spazio di manovra a Llorente, invisibile la prima mezz’ora. A centrocampo il movimento è tanto, Evra e Lichtsteiner insistono sulle fasce mettendo pressione, Tévez e Asamoah cercano di sbloccare il risultato con conclusioni dalla lunga distanza molto potenti ma poco pericolose. Persino Cáceres è sempre avanti per aiutare nella manovra offensiva, rischiando qualche volta su contropiede degli svedesi. La squadra di casa domina in lungo e in largo, ma tra le tante imprecisioni (soprattutto da parte di Evra) e i contropiedi non sfruttati, il risultato resta inchiodati sullo 0-0 fino all’intervallo. Solo due le vere occasioni da goal: un passaggio sbagliato di Lichtsteiner che vanifica un’importante opportunità di Llorente, solo davanti alla porta con portiere spiazzato, e un rigore non plateale negato a Pogba su fallo di mano del difensore Helander. In tutto il primo tempo, si è giocato a una porta sola, ad eccezione di una pericolosa conclusione ravvicinata di Eriksson al 18’, respinta dal piedone destro di Buffon che, con un miracolo, salva in angolo.
Nonostante la situazione sia delicata, il tecnico Allegri non si lascia intimidire e resta fermo sulle proprie decisioni: al rientro degli spogliatoi schiera in campo gli stessi 11 titolari nel primo tempo. La Juventus continua a spingere con la solita aggressività, ma, in appena 15’, la situazione si sblocca: Tévez serve in area Asamoah, che, con uno splendido tocco di tacco con sguardo alla porta, restituisce il pallone all’Apache, bravo a inserirsi in corsa e a insaccare col destro nell’angolino basso sul secondo palo. È 1-0: lo Stadium esplode in un boato, è fatta. Nell’ultima mezz’ora, la Juve continua a dominare incontrastata: gli avversari non hanno più né le gambe né la testa per tentare di rovesciare il risultato, si accontentano di limitare i danni, e Buffon interviene solo per respingere un cross insidioso. Insomma, la gara è tutta in discesa. I bianconeri non si accontentano, prima si vedono annullare un gol di Llorente per fuorigioco poi, però, al 90’ chiudono definitivamente la partita ancora con Tévez, il quale regala al suo pubblico una perla su punizione che sicuramente avrà fatto sobbalzare perfino l’imperturbabile Pirlo, maestro indiscusso nei calci piazzati: sfrutta il fallo rimediato da Morata (già perfettamente inserito nei meccanismi di gioco, e, nella circostanza, fermato malamente da Helander mentre si involava verso la porta) e batte il portiere con uno splendido tiro a giro. E con il 2-0 la Juve rimedia tre punti fondamentali.

Non per il tenore dell’avversario sconfitto, ovviamente. Ma piuttosto per aver ritrovato quel coraggio che in campo internazionale era mancato, perfino con un motivatore come Conte; per aver ritrovato un Tévez ancora più cinico, capace di decidere la partita nelle fasi più delicate. E perché, comunque, considerata la sconfitta dell’Atlético con l’Olympiakos, questa vittoria può fare estremamente comodo. Per ora, Allegri può sorridere: nessuno oserebbe rimpiangere Antonio Conte. L’ombra dell’irruento quanto amato predecessore sembra già meno ingombrante.

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